Il nuovo decreto trasferiva San Donà dal Dipartimento del Tagliamento (Treviso) a
quello dell’Adriatico (Venezia), elevandola a capo-distretto e sede cantonale
di una vastissima area: San Donà, Noventa di Piave, Mussetta, Tre Porti con
Cavallino, Cava Zuccherina con Caodesil, Croce
di Piave con Musil, Porte Grandi con San Michiel del Quarto, Crea, Tre palade,
Campalto, Terzo e Terzera, Caorle con San Gaetano, Cà Cottoni con Brian, e San
Zorzi di Livenza, Torre di Mosto con Bocca di Fossa, Burano con Mazzorbo e
Torcello, Sant’Elena, Staffolo e Fiumicin.
Si rese comunque necessario un terzo decreto per
ovviare ad alcuni errori e a più omissioni: come quella di Grisolera, smebrata
in due parti.
In quel 1807 il signor Antonio Tolotti
acquistava dal gentil uomo Alessandro Molin “porzione di terreno contiguo alla
chiesa” di Croce e, dando un’occhiata alla mappa del 1768
(vedila QUI),
deduciamo che si trattase del terreno
delimitato dall’Argine San Marco, dalla strada comunale che metteva alla chiesa
(la via principale del paese) e dalla strada comunale detta di Croce (attuale via
del Bosco) (terreno che corrisponderà nel XX secolo alla campagna di Vendraminetto e
nel XXI al quartiere “Don Natale”)
Questa informazione ci risulta da una lettera del medesimo del 17 giugno 1828.
Nel 1808 il
«Codice di Commercio di terra e di mare» fissò le norme e gli obblighi dei
negozianti: una donna sposata non poteva esercitare un mestiere o gestire un
negozio senza il permesso del marito né un minore senza quello del padre
[ALBERTI L., Quadro del sistema di commercio vigente nelle Provincie Venete
nell’anno 1823 ]
1809: Il governo precettò gli operai per lavori di
fortificazione a Marghera in previsione di una nuova guerra fra la Francia e l’Austria.
L’obiettivo di Napoleone era la
conquista di Vienna con l’azione convergente di due armate, la sua, proveniente
da nord, per l’altra ordinò al figliastro, il viceré Eugenio, che si trovava a
Milano, di assumere il comando dell’armata d’Italia e di passare all’offensiva,
in modo da aprire un secondo fronte a sud. Il viceré Eugenio arrivò a Mestre il
10 aprile 1809, e lì pose il suo quartiere generale. Il giorno seguente
prosegui per Udine, passando dunque per le nostre zone. Arrivato nel capoluogo
friulano ricevette la dichiarazione di guerra dall’arciduca austriaco Giovanni,
comandante in capo dell’armata nemica, che si era schierata ai confini del regno
ed era pronta a muovergli contro.
Apertesi le ostilità, gli Austriaci batterono i
Francesi a Fontanafredda, vicino a Pordenone e procedettero a requisizioni di
vino, di frumento e di avena e imponendo un contributo per il mantenimento
delle truppe di stanza a Conegliano. [E. BELLIS, Annali Opitergini]
Sembra che i Veneti si levarono in massa contro i
Francesi; ma gli Austriaci a Croce non giunsero e probabilmente non ci fu
nessuna sollevazione; i Francesi comunque ritornarono anche da quelle partii a
metà maggio. Il governo del regno italico decretò la
nullità, salvo i diritti acquisiti da terzi, di ogni atto pubblico promulgato
durante l’occupazione austriaca e prorogò il pagamento delle imposte in tutto
il Dipartimento dell’Adriatico. [F. MUTINELLI, Annali delle Provincie Venete]
A nord intanto, il 6 luglio, gli austriaci venivano sconfitti da Napoleone
a Wagram, seguì il 14 ottobre la pace di Schönbrunn: gli austriaci erano costretti a
ritiravarsi, perdendo Trieste e l’Istria. Diventavano francesi tutte le
Venezia: la Venezia Tridentina, la Venezia Julia, tutta l’Istria e la Dalmazia.
Nei mesi successivi si scatenò la repressione francese, con arresti.
In mezzo alla
confusione e alla paura si ebbe in quel 1809 la
compilazione del catasto di San Donà di Piave [che per il Comune Censuario di Croce fu completata nel 1810] atto
importantissimo per un’analisi sulla situazione socio-economica del paese.
Il 24 ottobre 1812 si avvertì un terremoto che fortunatamente provocò solo panico.
L’epicentro del sisma era a Cavasso nel Friuli.
[Giornale Dipartimentale
dell’Adriatico, llf. 97 del 1812]
Vicende dell’Oratorio Giusti
L’Oratorio che era
stato del conte Giusti, e che per legato di lui alla sua
morte era finito in commissaria alle Scuole San Rocco di Venezia
(vedi visita
pastorale del 1745), guadagnandosi per questo in seguito il nome di “Scuola” al
colmello, nome che le sarebbe rimasto fino al Nocecento) dalle
Scuole era stato venduto al conte Burrovich Smajevich. Dalla famiglia
Burrovich Smajevich passò
nel 1813 alla famiglia Bizzaro.
[Da una
dichiarazione della Curia di Treviso, successiva al 1860, relativa all’oratorio Giusti]
La malattia di don Bottamella
Don Antonio, 86 anni, in quel periodo si ammalò. La malattia gli avrebbe imposto
il riposo forzato e il parroco non avrebbe più celebrato messa. Una delle cose che dovevano averlo
fatto star peggio in quegli anni fu probabilmente quella di sentirsi chiamare “cittadino” o “signor don Bottamella”:
don Antonio era infatti un parroco di animo buono e dovevano sicuramente risultargli estranee
tutte le vicende politiche e le nubi irreligiose sulla missione dei preti che s’erano andate addensando
negli anni delle guerre napoleoniche.
Ancora guerre
Il 20 agosto 1813 l’Austria dichiarò guerra a Napoleone, reduce dalla
disastrosa campagna di Russia e abbandonato dai Prussiani. Per l’occasione
costituì una armata per invadere l’Italia affidata al feldmaresciallo Heinrich
Bellegarde, che costrinse l’esercito del Regno d’Italia del viceré Eugenio di
Beauharnais a ripiegare dal Veneto; gli Austriaci giunsero
in questa zona ai primi di ottobre [L. Rocca., Motta di Livenza e i suoi
dintorni]; ma l’8
febbraio 1814, sul Mincio, Bellegarde fu sconfitto da Beauharnais.
Nei due mesi successivi la
posizione di Beauharnais peggiorò sensibilmente, a causa del passaggio del Regno
di Napoli di Gioacchino Murat all’alleanza con l’Austria (già dall’11 gennaio), del
successo della parallela offensiva austro-prussiana sulla Francia che portò il
31 marzo all’occupazione di Parigi e il 6 aprile all’abdicazione di Napoleone,
e di una congiura anti-francese a Milano, sostenuta dalla nobiltà milanese, che
sfociò il 20 aprile nel saccheggio del Senato e nel massacro del ministro
Prina: fu così che il 23 aprile il viceré dovette firmare a Mantova la
capitolazione. Il 26 aprile 1814 il commissario austriaco Annibale Sommariva
prendeva possesso della Lombardia a nome del feldmaresciallo Bellegarde, e il
28 aprile Milano veniva occupata da 17.000 soldati austriaci.
Il 25 maggio Bellegarde sciolse
la Reggenza del Regno d’Italia, che cessava di esistere, e assunse i poteri
come Commissario plenipotenziario delle province austriache in Italia
per il nuovo sovrano, l’Imperatore Francesco I d’Asburgo. Il 12 giugno assunse
la carica di Governatore generale in conseguenza dell’annessione della
Lombardia già milanese all’Impero, proclamata il giorno stesso.
Il Congresso di Vienna
La caduta di Napoleone avrebbe
dovuto, nei piani delle Potenze vincitrici, riportare l’Europa a quella che era
prima del 1789, senonché la profondità dei cambiamenti portati dalla conquista
francese, unita ad alcuni vantaggi territoriali che qua e là le antiche
dinastie avevano ottenuto negli ultimi cinque lustri, consigliarono
l’apertura a Vienna di un grandioso Congresso
per la risistemazione dell’Europa.
L’Austria potè riannettere sotto
il suo governo diretto i territori italiani che le appartenevano da lunga data
per dominio diretto, cioè Trento, Trieste e Gorizia, o indiretto, come l’antico
Ducato di Milano (Milano, Como, Pavia, Lodi, Cremona) e il connesso Ducato di
Mantova, annessione sancita giuridicamente il 12 giugno da un proclama di
Bellegarde, ripetitivo di una sanzione imperiale del giorno 7; ma,
differentemente, l’antica Repubblica di Venezia, per la quale l’unico diritto
risaliva al disconosciuto Trattato di Campoformido (1797), non potè avere
medesima sorte: lì l’annessione allo stato austriaco fu legittimata unicamente
dall’accordo delle potenze vincitrici al Congresso di Vienna, e fu ottenuta a
fronte della rinuncia ai diritti dinastici degli Asburgo sui Paesi Bassi
cattolici (l’attuale Belgio): Napoleone nel 1797 aveva ceduto il Veneto
all’Austria per avere il Belgio, ora l’Austria rinunciava al Belgio per tenersi
il Veneto. Per comprendere l’utilità, per Vienna, dello scambio, basti
ricordare quel che sosterrà Carlo Cattaneo, cioè che dal ‘Lombardo-Veneto’
Vienna traeva un terzo delle gravezze
dell’impero, benché esso facesse solo un ottavo della popolazione.
“Apertesi le
trattative intorno alle cose d’Italia, e volendo quivi, siccome ne faceva
pubblica promessa il congresso viennese, incominciare le sue decisioni da un
grande atto di giustizia, statuì che l’Austria rientrerebbe in possesso
di Milano e di Mantova; altresì gli Stati veneti di terraferma
con la giunta di alcuni territorii che, per antichi accordi fra i potentati
italiani, appartennero un tempo agli Stati di Parma e di Ferrara; acquisterebbe
ancora, non solo le terre della Valtellina con le contee di Bormio e di
Chiavenna, siti molto opportuni a sopravvedere dappresso le cose della
Svizzera, ed in caso di bisogno, introdurvi dissensioni, ma più lungi, in fondo
alla Dalmazia, quelle che una volta componevano la repubblica di Ragusi”.
I territori già veneti sulla
costa orientale adriatica furono dunque aggregati direttamente all’Austria, ma
Milano e Venezia erano tradizionalmente legittimate, per antica consuetudine, a
godere di governi autonomi (anche se, nel caso di Milano, sotto sovrano
straniero). Occorreva quindi riorganizzare tali territori in una entità
amministrativa apparentemente autonoma, anche se unita all’Austria dalla
persona del sovrano. La soluzione scelta fu di creare un unico Regno con una
capitale ed due governi, cui venne dato il nome di ‘Regno Lombardo-Veneto’.
Confini del Regno Lombardo-Veneto
Il nome venne scelto ad esito di
un, non breve, dibattito. Gli austriaci (o i loro alleati) non vollero
conservare il nome scelto da Napoleone, Regno d’Italia. Vi sono evidenze che si
prese in considerazione la dizione Ost und West Italien (Italia
orientale ed occidentale), e perfino österreichische Italien (Italia
austriaca). Vennero infine scartate dizioni eccessivamente legate a una delle
due capitali o regioni: d’altra parte, Milano e le Venezie non erano mai state
unite sotto un’unica corona sin dalla caduta del Regno Longobardo e non
esisteva alcun termine per definire unitariamente i due territori. Si preferì
quindi pronunciarle entrambe, con l’intento di stimolare un senso di
avvicinamento che rendesse possibile un futuro unitario tra le popolazioni
lombarde e quelle venete. La difficile onomastica segnalava bene, tuttavia, la
artificiosità della nuova creazione amministrativa.
Morte di don Bottamella
Mentre l’Europa decideva come chiamare il nuovo
stato, don Antonio Bottamella,
parroco di Croce dal 1763, il 12 gennaio 1815 moriva.
Era stato il parroco più longevo dalla nascita della parrocchia,
aveva superato perfino il pur longevo e grandioso don Pietro suo predecessore; non aveva avuto
la statura intellettuale di quello ma era stato sicuramente molto amato dai crocesi, soprattutto
all’inizio del suo rettorato. Poi l’età e le difficoltà della parrocchia lo avevano esacerbato.
Era rimasto un ottimo parroco ma aveva perso la pazienza con un popolo così difficile da educare.
Leggiamo dal Registro dei morti della Parrocchia, in data 14 gennaio
1815, che
“Il Rev.mo Signor D. Antonio Bottamella della chiesa di S. Pietro di Castello di
Venezia e nel corso di anni cinquanta parroco di questa Parrocchia, munito di
tutti gli aiuti spirituali di S. Chiesa, dopo lunga e penosa infermità, nell’età di 88 anni circa
passò da questa a miglior vita il dì 12
del corrente mese alle ore sette pomeridiane, e il di lui cadavere fu sepolto
in questo cimitero appresso l’altare della Beata Vergine del Rosario assistendo
alla di lui tumulazione cinque Parochi della Congregazione, fatte le solenni
esequie e cantata la messa solenne dal Reverendissimo Signor Don Marco Tonini
Arciprete di Zenson di Piave. Erano due anni che esso non celebrava.”
“Appresso l’altare della Beata
Vergine del Rosario” significa sulla sinistra della chiesa.
Don Osvaldo Moretti
Il reverendo don Osvaldo
Moretti giunse dalla diocesi di Concordia, con le sue belle bolle firmate l’anno prima dal vescovo
Bressa, quale provvisorio “economo spirituale”
Era nativo di Chions, diocesi di Concordia. Che
prete era? Nel seminario di Concordia, dove aveva avuto la
sua ordinazione sacerdotale, si era fatto notare per le sue doti musicali. Ma
più che maestro di musica e valente esecutore, si era dimostrato un profondo
studioso di teologia: per queste sue doti già all’età di 29 anni gli era stata
affidata la parrocchia di S. Salvatore in quel di Udine. Poi era passato
parroco a Maniago. Quindi era giunto a Croce, inviato dal vescovo ma “invitato” da non si sa chi.
Questa volta il giuspatronato toccava al “gruppone” dei sei e il gruppone
concordò facilmente sul suo nome. Non sappiamo se i
giuspatroni di Croce scelsero lui semplicemente perché era il vicario
“economo spirituale” in carica e degnissima persona, o se avessero menato per farlo
arrivare apposta a Croce. Ma erano ormai lontani gli anni in cui si litigava per
il diritto di nomina. Trovare un parroco bravo era una fortuna per tutti, chiunque lo proponesse.
Sappiamo che don Moretti era uomo di indole dolce,
adattabile, eccellente nel sapere, portato verso la spiritualità, pregi
sostenuti da una salute vegeta e vivace
[testimonianza raccolta dai nuovi parrocchiani dopo il suo trasferimento a Carpenedo]
Il 10 marzo il signor Giuseppe
Mioni, uno degli aventi diritto, nominava procuratore speciale per la nomina di
don Moretti il signor Francesco Maschio, di Fossalta.
Francesco I
Imperator d’Austria, Re d’Ungheria, e di Boemia ecc. ecc. ecc.
a tutti i presenti e futuri salute.
N.°179 Questo giorno 10. dieci Marzo 1815 mille ottocento quindici, Regnando Francesco Imperatore d’Austria, Re d’Ungheria, e di Boemia ecc. ecc. ecc.
Comparso avanti a me Notaro munito di Patente Municipale 31 Gennaro 1814 N.° 213. alla presenza delli due qui sotto segnati Testimoni [,] il Sig.r Giuseppe Mioni del fu N. S. Antonio, possidente, quivi domiciliato nella Parrocchia di S. Luca, ed a me noto costituisce in di Lui Procuratore Speciale
il Sig.r Francesco Maschi abitante a Croce di Piave Dipartimento del Tagliamento
Al quale impartisce la più ampla facoltà, ed autorità di devenire in nome del de[tto] Sig.r Comparente per li propri titoli e rappresentante all’elezione del Vicario spirituale della Chiesa Parrochiale di Croce di Piave nella persona del Reverendo Don Osvaldo Moretti del fu Antonio di Chions Dipartimento del Tagliamento, conferendo ad [egli] la investitura di questo ecclesiastico beneficio nelle consuete forme, e facendo quanto [si] rendesse a tal oggetto necessario come se personalmente v’intervenisse il detto Sig.r Mandante, il quale promette di avere per fermo, rato, e valido tutto ciò che sarà [dal] nominato suo Procuratore fatto, agito, ed operato sotto generale obbligazione in [...]
Fatto, letto, e pubblicato a chiara ed intellegibile voce al detto Sig.r Comparente ed agl’infrascritti Testimoni in Venezia, Dipartimento dell’Adriatico, nello Studio di me sottoscritto Notaro, posto in Piazza di S. Marco Sotto le Gallerie Nuove N.° 53. in presenza del Sig.r Pietro Pighini del fu Gio: Battista, e Domenico Grego del fu Angelo, quivi domiciliati il primo in Parrochia di S. Marziale, ed il secondo in quella di S. Silvestro, Testimoni [...] ed idonei, li quali unitamente allo stesso Sig.r Comparente ed a me notaro sottoscrivono
Giuseppe Mioni
Pietro Pighini Testimone
Domenico Grego Testimone
Paulino Comincioli Not.(ar)o
|
Il 4 aprile, gli altri cinque del
“gruppone” si ritrovarono da un notaio veneziano e stilarono il documento di
nomina in favore di don Osvaldo Moretti.
Francesco I
Imperatore d’Austria, Re d’Ungheria, e di Boemia ecc. ecc. ecc.
a tutti i presenti e futuri salute.
Questo giorno 4 quattro Aprile 1815 milleottocentoquindici
In nome di Francesco I Imperator d’Austria, Re
d’Ungheria, e di Boemia, Comparsi alla presenza di me Notaro piaza Pan...
numero 267 residente in questo municipio il 29 Gennaro 1814; e sottosegnati
Testimoni la Signora Maria Corner del fu Piero consorte del Signor Alvise
Renier del fu Andrea fecero con l’assenso, e permissione del nominato di
Lei marito qui presente, ed assenziante, con essa domiciliato nella Parrocchia
di Santa Maria Gloriosa dei Frari, Signori Giovanni Bernardo del fu
Manin, domiciliato nella detta Parrocchia, Signor Tommaso Guizzato del
fu Giovanni Maria, domiciliato in quella di Santa Maria Formosa, e Antonio
Tolotti del fu Francesco, domiciliato in quella di Santa Maria Gloriosa dei
Frari, tutti a me noti, facendo li stessi come Giurisdicenti in vigor de’ di
loro titoli, a rappresentanza alla presentazione di Parroco di Santa Croce di
Piave, dipartimento Adriatico, ed atteso essere vacante la detta Parrochia di
Paroco, attesa la morte successa del Reverendo Signor don Antonio Bottamella
ultimo possessore Benefiziario, ànno concordemente nominato, come nominano per
Parroco il Reverendo Signor don Osvaldo Moretti, ora economo spirituale in
detta Parrocchia in luoco del deffonto stesso, all’oggetto[?], che come
appoggio del presente atto autentico di Nomina, possa presentarsi alla Curia
Vescovile di Treviso per l’ispezioni di suo Istituto.
Scritto, letto, e pubblicato presenti la P...
surriferita ad alta, ed intelligibile voce in questa Città di Venezia nel mezzo
di me sottoscritto Notaro posto Parocchia di San Marco nel primo Piano
guardante sopra il Campiello dei Leoni, presenti il Signor Camillo Costantini
del fu Gio: Battista, e Gio: Battista Baldi di Giacomo, ambi domiciliati in
questa Città, il primo nella Parocchia di Santa Maria del Giglio, e il secondo
in quella di San Simeone; testimoni idonei.
li quali unitamente a tutti giuspatroni, a me Notaio si sono ... [segnati]
Maria Corner Renier
Alvise Renier marito di detta mia moglie
Tommaso Maria Guizzato per ogni ... titolo, in rappresentanza
Zuanne Bernardo
Antonio Tollotti
Camillo Costantini testimonio
Gio: Battista Baldi testimonio
Domenico Zuccolli del fu Alvise Notaro
Numero rog. Venezia li 4 Aprile 1815
Registrato al Protocollo Diritti fissi Affari Civili, Foglio 91 e pagò Centesimi 34:
Giacomazzi G.
|
Prima di seguire l’effetto delle
carte legali soprariportate occorre ricordare che il 7 aprile 1815 veniva annunciata la
costituzione degli Stati austriaci in Italia in un nuovo Regno del
Lombardo-Veneto. In base al Trattato di Vienna esso aggregava i territori
dei soppressi Ducato di Milano, Ducato di Mantova, Dogado e Domini di
Terraferma della Repubblica di Venezia, oltre alla Valtellina già parte della
Repubblica delle Tre Leghe, e all’Oltrepò ferrarese già pontificio, mentre lo
Stato da Màr, già sottoposto alla Serenissima, ne fu invece escluso
incorporandolo direttamente ai territori dell’Impero.
Il Regno fu affidato a Francesco I d’Asburgo-Lorena, Imperatore
d’Austria e re del Lombardo-Veneto.
A sinistra: ritratto di Francesco I, primo sovrano del Lombardo-Veneto,
fino alla sua morte nel 1835.
Il re e
imperatore avrebbe governato attraverso un viceré, con residenza a Milano e a
Venezia, nella persona dell’arciduca Ranieri che era austriaco e fratello
dell’Imperatore.
Torniamo a seguire le fasi della nomina del nuovo parroco di Croce.
Il 14 aprile Francesco Maschi
spediva a don Moretti una lettera autenticata dall’agente comunale di Fossalta,
unita alla procura avuta dal signor Mion, in cui si scusava della propria
impossibilità di accompagnare il parroco a Treviso.
R[everendissi]mo Sig[no]re
Li 14 Aprille 1815 Fossalta di Piave
Reso vaccante questo Beneficio Parrochiale di
S.(ant)a Croce di Croce di Piave per la morte del Re(verendissi)mo Sig(no)r
Ant(oni)o Filippo Bottamella ultimo e immediato di Lui possessore pei miei
Titoli e rappresentante, spontaneamente e liberamente eleggo la di Lei Persona
a successore del Defunto Parroco suddetto, volendo che questa mia Lettera per
mancanza di Notaio Pub(lic)o che non può quì facilmente avere, abbia e riporti
tutto e pieno effetto, come se fosse un’atto rogato e stipulato da mano
Pubblica con tutte le formalità volute dalla Legge, e vigenti Regolamenti. Ella
potrà pertanto munito di questa mia presentarsi liberamente alla Curia
R(everendissi)ma di Treviso, onde riportarne la approvazione, e quindi la
Canonica Investitura, a tenore delle Leggi Ecclesiastiche. La spedisco in pari
tempo la Procura a me diretta dal signor Giuseppe Mioni di Venezia, colla
nomina della di Lei Persona a questo Beneficio Parochiale, non potendo io a
cagione delle molte urgenti mie occupazioni convenire in Persona, a presentarla
a tenore dell’atto medesimo.
Confido che la di Lei Persona sicome è stata
finora, così sarà di molto Spirituale vantaggio a questa Popolazione. Le prego
lunga vita e ciò perché Ella possa esser utile alla Chiesa. E mi pregio di
essere
Di lei
Um[ilissi]mo Servitore
Fran[ces]co Maschi
Al molto Re.[veren]do Sig.[no]r
Il Signor D: Osvaldo Moretti
Vicario Spirituale di Croce di Piave
L’Agente Comunale
di Fossalta di Piave
certifica l’autenticità della sottoscritta firma
del Sig.[no]r Fran.[ces]co Maschi possidente domi-
ciliato in questo Comune al Civ.[ic]o. N.° 771
dall’Ufficio Comunale li 14 Aprile 1815
Rizzi
|
Il giorno dopo anche Elena
Pisani, moglie di Giovanni da Lezze, dalla sua villa di Cao d’arzere spediva a
don Moretti la sua lettera di nomina.
Molto Rev.do Sig.r
Reso vacante cod.[est]o Beneficio Par.[rocchia]le di
S. Croce di Croce di Piave per la morte del Rev.do Sig.r D.
Gio.[vanni] Ant.[oni]o Bottamella ultimo ed immediato di lui possessore, la di
cui elezione pei miei titoli, e rappresentanze a me pure si appartiene spontaneamente,
e liberamente eleggo la di Lei Persona in Parroco di quella Chiesa vacante,
intendendo, che questa mia elezione, benché fatta senza il concorso di
P.[redett]o Notaio, valer debba come se fosse rogata e stipulata per mano del
Notaio medesimo; e ciò affinché Ella munito di questa mia si presenti alla
Ill.ma e R.ma Curia di Treviso ad effetto di ottenere la
necessaria canonica investitura. E perché dubitar non si possa che tale è la
mia volontà, ho fatto riconoscere il mio carattere, e la presente firmata di
mia propria mano da questo Agente Comunale di Fossalta di Piave, il quale vi
pose il Sigillo della sua Agenzia Comunale.
Ho intanto il piacere di essere
Di Lei
Devotiss.a Serva
Elena Pisani da Lezze
Al Molto Rev.o Si.r
Il Si.r D. Osvaldo Moretti
Vic.o Sp.e di
Croce di P.e
|
L’esame di don Moretti
Con le lettere di nomina in mano, don Osvaldo Moretti
il 20 aprile 1815 si presentò dunque in Curia a Treviso
per l’esame canonico che avrebbe dovuto confermarlo nel possesso del Beneficio di Croce di Piave.
L’esame consisteva di tre parti: la
prima nel commentare un versetto del Vangelo; la seconda nel dire qualcosa
relativamente a una sessione di un certo Canone, la terza
nell’interpretare sei quesiti relativi alla morale.
- Quid è hoc, quod nobis dicit medicum [che cosa ci dice la parola medico?]
- “Can. 2 Ses: 23 Si quis dicerit” [se ne dica qualcosa]
Cap: 1: Adest qui unico
tantum actu plures homines afficit contumelia; committitne unum vel potius tot
peccata, quot fuerunt homines iniurijs lacessiti? [Cap. I: Supponiamo che vi sia chi con un unico atto
reca offesa a più
persone. Commette egli un solo peccato oppure ne commette tante quante sono le
persone colpite dalle ingiurie?]
Cap: 2dus: Homo quidam jam remoto scandalo altero,
omnique sui ipsius periculo, animi tantum recreandi gratia legit turpia.
Quaero: 1.° an peccat? 2do si peccat, an mortaliter, vel venaliter tantum
peccat? [Cap. II: un uomo, senza dar nessuno
scandalo a chicchessia, con pericolo solo per lui, solo per rallegrarsi
l’animo, legge cose turpi. Chiedo: pecca? E se pecca, pecca mortalmente o si
tratta di peccato veniale?]
Cap: 3tius: Pancratius
Par.us Eccl(esi)ae ruralis cum quodam die festo Missa esset
celebraturas, jamque Populus convenisset, animadvertit nulla superesse hostiam
majoris formae, quae ad Sacrificium adhiberi solet, nec posse aliunde opportune
haberi; Dubitat ergo, an minus malus sit a Missae celebratione abstinere, vel
cum parva particula celebrare. Quaero quid ei faciendum sit?
[Cap. III: Pancrazio, parroco di una chiesa di campagna,
mentre la messa al dì festivo sta per cominciare, ed è già arrivato il popolo,
si accorge che non c’è più nessuna ostia di forma più grande, di quelle che
vengono usate di solito per il Sacrificio, né in alcun modo se ne può procurare
una; perciò dubita se sia minor male astenersi dal celebrare la messa o
celebrarla con l’ostia piccola. Che cosa dovrebbe fare?]
Cap: 4tus: Silverius
Sanctae Eccl(esi)ae jurispatronatus jussus ab Eccl(esi)ae Patrono tempore
Visitationis E(pisco)pi varia indumenta sacra sibi ab aliis commodari curari,
ne visitatoris aliquod Decretum conderent, quod in Patronis dedecus verteretur.
Quaero an, et cujus criminis Pa(storal)is reus sit. [Silverio, parroco di una santa chiesa di giuspatronato,
ha ricevuto l’ordine dal patrono della chiesa che in occasione della visita
del vescovo siano preparati vari indumenti sacri per sé e per gli altri, per non cadere in qualche
decreto del visitatore, cosa che tornerebbe a disonore dei
Patroni. Chiedo se, e di quale crimine pastorale sia colpevole]
Cap: V: ...erat in
quodam Regno, ne triticum extraheretur ad vitandam famem. Titius amore lucri quisque tridici modios
clam extraxit. Quero an ille mortaliter peccavit. [In un certo regno vi era una legge perché non
venisse sottratto del grano, per evitare la fame. Tizio, per amore del lucro,
rubò di nascosto tredici moggi. Chiedo se peccò mortalmente]
Cap. VI Cajus statuerat
ad Domum meretriciam accedere; dum autem esset ad alia occupatus propositum
interrupit, renovavitque; tandem accepit, et fornicatus est. Quaero: an illa
pluraproposita fuerint plura numero peccata, an unum? [Caio aveva deciso di accedere ad una casa di
meretricio; essendo occupato da altre ose, lasciò cadere il pensiero; poi lo
rinnovò, andò nella casa e fornicò. Chiedo: quei propositi reiterati furono un
peccato solo o più peccati?]
B. Ga.us Tarvisinus
Bartholomaeus Can.ius a Ripa exam.r Prosyn.
Can.ius Antonius Pellizzari exam.r Prosynod.s
Sanctes Eid.e O..hica Rector Semr. exam.r Prosynod.s
|
Queste furono le risposte date da don Moretti
Quid è hoc, quod dicit medicum
Evang(elium) Dom(inicae). 3tiae Post Pascha
Esordio
Ricevuto da G.[esù] C.[risto] l’avviso, che fra poco tempo egli sarebbe per
risalire al Padre concepirono essi somma tristezza, vedendo, che per tal guisa
essi venivano privati della consolazione di conversare più lungamente con lui;
e siccome credevano, che egli dovesse secoloro fermarsi, siccome altrove li
assicurò; ecce ego vobiscum sum usque ad consumationem saeculi; così
d’accordo lo interrogarono, che si voglia dire quel medicum; che in questo
incontro uscì dalla divina sua bocca.
Esortaz.e Preso motivo di queste parole si può formare discorso al Popolo
sulla fiducia, che noi dobbiamo avere che G. C. sedendo alla destra
del Padre esercita presso di lui l’ufficio di nostro Mediatore, ed Avvocato.
Advocatum habemus apud Patrem; unus est mediator Dei, et hominum Christus
Iesus. E quindi il Popolo eccitava ad una grata, e continua ricconoscenza verso
di Lui, e in lui riporre tutte le cristiane nostre speranze, ricorrendo a Lui
nelle nostre afflizioni, conoscendo; che momentaneum hoc, et leve nostrae
tribulationis esternae gloriae pondus operatur in coelis; etc.
|
Don
Moretti affrontò quindi il secondo punto e la terza parte dell’esame in un
secondo foglio.
Ses XXIII
Can(on)e 2do. Se alcun dirà; che oltra il Sacerdozio non ci sono nella cattolica Chiesa
altri Ordini maggiori, e minori, per cui, siccome per gradi, si sale al
Sacerdozio sia scomunicato.
//
Ad
primum capum responsio. Variant inter se Teologi quot numero peccata committat,
qui uno actu plures u: q: homines occidit; contumelia afficit etc: P. Gabriel
Antoine tract... de pecc: u... asserit quod licet etiam unum tantum committatur
numero peccatum, illud tamen aequiparat gravitate numero peccatorum; quae
correspondent numero personarum, quorum violantur jura; et proinde contumeliae
sunt lacessitae [Risposta al capo primo: variano le risposte tra i teologi
su quanti peccati
di numero commetta colui che, con un solo atto, uccide più uomini, o porta offesa a più uomini.
Padre Gabriel Antoine tratta ... dove asserisce che, se pure si consideri che si commetta un solo peccato,
esso tuttavia è pari per gravità a un numero di peccati che corrisponde al numero
delle persone delle quali vengono violati i diritti e di conseguenza causate le offese]
//
Ad
capum 2dum responsio primae partis. Affermat(ive), quia etiamsi nullum omnino
subeat peccandi periculum; tamen dat operam rei illicitae; neque enim
christiano homini licet legere quod teste Paulo licet nominare: Omnis
turpitudo, aut stultiloquium, quod ad rem non pertinet nec nominetur in notiis;
inquit D. Paul. Cong.
Peccat autem venialiter; cum ex hipothesi non adsit periculum.
[Risposta al capo secondo, prima parte: Sì, perché se anche nessuno
subisca pericolo di peccare, tuttavia commette cosa illecita; infatti non è lecito a un cristiano leggere cio che
al testimone Paolo è lecito nominare: ogni turpitudine o stultiloquio che non c’entri non venga nemmeno nominato in nota,
dice D. Paul. Cong.
Tuttavia pecca venialmente, in quanto, secondo le ipotesi fatte non vi è rischio di pericolo]
//
Ad 3tium Respons(io).
R:
deponat dubium, et Missam celebret, ut populus praecepto satisfaciat; et
celebret etiam cum parva ostia; praeceptum enim de audienda missa excellit
Ecclesiae ritum de sacrificando cum ostia majori.
[Risposta al terzo capo: Deponga il dubbio e celebri la Messa, affinché
il popolo possa soddisfare al precetto; il precetto di ascoltar
messa infatti prevale sul rito della chiesa di sacrificare con l’ostia maggiore]
//
Ad IV.
R(esponsio). Silverius illudit in re gravi officio Visitatoris Epi[scopali], et
proinde peccat graviter contra decus, quod Ecclesiae functionibus debetur.
[Risposta al IV: Silverio oltraggia in cosa grave per l’ufficio del visitatore episcopale,
e perciò pecca garvemente contro il decoro che si deve alla funzioni della Chiesa]
//
Ad V..
Vel illi frumenti modii ita fuerant necessarii, ut ex illa extractione grave
reipublicae damnum provenit vel non; si primum mortaliter peccavit; quia in re
gravi Regis edictum violavit; si secondo non peccavit mortaliter; quia violatio
levis levem parit culpam. [Al V: nel primo caso peccò mortalmente perché violò in una cosa grave
l’editto del re; nel secondo caso non peccò mortalmente perché
una violazione lieve pareggia una colpa lieve]
//
Ad VI.
Affermative: quia peccata numero multiplicantur per repetitionem actuum; atque
illa renovatione propositi actus moltiplicati sunt; ergo Cajius tot numero
peccata commisit quot proposita renovavit [Certamente, perché i peccati vengono moltiplicati
di numero per la ripetizione dell’atto; e per quel rinnovo di proposito gli atti sono moltiplicati;
perciò Cajo tanti peccati commise quante furono le volte che rinnovò il proposito]
Osvaldus Moretti
|
La preparazione di don Moretti era ineccepibile. L’esame fu superato brillantemente,
e il vescovo poté emanare la bolla
provvisoria di nomina: se entro nove giorni nessuno avesse avuto qualcosa da
reclamare la nomina sarebbe stata definitiva.
Così avvenne e il 29 aprile, un
sabato, di quel 1815, sedicesimo di pontificato di papa Pio VII Chiaramonti, don Moretti fu
investito ufficialmente della proprietà della parrocchia di Croce di Piave. In
seguito sarebbe stato elencato al numero 7 nel frontespizio del Libro dei
battesimi, “eletto dalla N.D. Chatina Corner, e gli altri
consorti come al numero 3 l’anno 1815”. Al numero 3 ci stavano li elettori di don Girolamo Querini
ovvero Giovanna Corner, Cecilia Corner, Niccolò Pesaro, Orsola Morosini,
Ascanio Zustinian, Cecilia Loredan.
Rivoluzione amministrativa
Intanto stava per cambiare il mondo, quello politico-amministrativo, almeno.
Lombardia
e Veneto, separate dal Mincio, ebbero ciascuna un governo proprio Consiglio
di Governo, affidato ad un governatore, e distinti organismi amministrativi
dette Congregazioni Centrali, alle cui dipendenze stavano le
amministrazioni locali, tra cui le Congregazioni Provinciali e le Congregazioni
Municipali.
Le
competenze del Governatore,
attraverso il Consiglio di Governo, erano assai ampie e riguardavano: censura,
amministrazione generale del censo e delle imposizioni dirette, direzione delle
scuole, lavori pubblici, nomine e controllo delle Congregazioni Provinciali.
Oltre, naturalmente, al comando dell’esercito imperiale stanziato nel Regno,
che, negli anni successivi si sarebbe occupato soprattutto di garantire
l’ordine pubblico.
L’amministrazione
finanziaria e di polizia, infine, era sottratta al Consiglio di Governo e attribuita
direttamente al governo Imperiale a Vienna, che agiva attraverso un Magistrato
camerale (Monte di Lombardia, zecca, lotto, intendenza di finanza, cassa
centrale, fabbricazione di tabacchi ed esplosivi, uffici delle tasse e dei
bolli, stamperia reale, ispettorato dei boschi e agenzia dei sali), un Ufficio
della Contabilità, una Direzione generale della Polizia.
Considerata
la eccezionale centralizzazione del potere nelle mani del Governatore, nominato
da Vienna, e del governo imperiale, ben si comprende come il ruolo del Viceré
fosse assai marginale, ridotto a mera rappresentanza. A tal fine egli manteneva
splendidi palazzi, ove teneva corte.
Tutte
le alte cariche del Regno erano, naturalmente, di nomina regia, mai elettive.
In gran parte erano affidate ad austro-tedeschi e comunque tutti
austro-tedeschi furono, sempre, i governatori, la grandissima parte degli
ufficiali stanziati in Italia (mentre la truppa rispecchiava l’eterogenea
composizione delle popolazioni dell’impero) e il Viceré: i forestieri godevano,
quindi, del controllo quasi assoluto sulla vita del Regno. (Famoso, a tal
proposito, un colloquio del 1832 fra il nobile lombardo Paolo de’ Capitani e
Metternich: “Che necessità c’è di far occupare ogni posto notevole da
Tirolesi e da sudditi di altre province?”)
Al
patriziato locale, italiano, non restava che il governo delle
Congregazioni provinciali e municipali,
cioè posizioni assolutamente secondarie. Le Congregazioni municipali, ad
esempio, curavano solamente la manutenzione di edifici comunali, chiese
parrocchiali e strade interne, gli stipendi dei propri dipendenti e della
polizia locale.
A sinistra la suddivisione provinciale del Regno.
Ogni Provincia fu suddivisa in distretti (in tutto 127 in
Lombardia, 91 nel Veneto), ogni distretto suddiviso in comuni, cellule di base
dell’amministrazione pubblica.
La burocrazia sarebbe aumentata a dismisura.
All’Ill(ustrissi)mo e Reverend(issim)o Monsg(no)r Vescovo
di Treviso
Per corrispondere alla ricerche dell’Eccelso Governo, la Prefettura dell’Adriatico invita la di Lei compiacenza a trasmetterle il documento comprovante il diritto di nomina dei Juspatroni del Benef(ici)o Parrocchiale di Croce di Piave, il qual documento mancava nella Bolla Canonica rilasciata da cod(est)a Curia al Sacerdote D. Osvaldo Moretti.
Dall’Imp. Reg. Pref(ettur)a dell’Adriatico
Venezia 7. Luglio 1815
Del Prefetto rinspedito (?)
Il Consigliere Anziano
Vendramin Calergi
|
La risposta della Curia:
All’Imp. R. Prefettura dell’Adriatico in
Venezia
Siccome nel caso di quest’ultima vacanza della
Chiesa Pa(rochi)ale di Croce di Piave di questa Diocesi, per far constare il
Titolo padronale sopra di essa, è stato di mestieri rimontare a più di una
delle ...ate ... istanza, attese le
variazioni de’ Compatroni; così tutti li fatti documenti redatti in forma
furono consegnati alla parte interessata, che diceva di subordinarle a cotesto
Officio. Ora, per non ripigliar una operazione laboriosa, sarà pr... la detta
Parte, a supplire ad ogni suo difetto nel proposito.
Treviso 10 luglio 1815
|
Decreti su tutto
Arrivarono i primi decreti. Il 5 agosto il Governo austriaco decretò
che le Amministrazioni Comunali vigilassero sulle adulterazioni dei generi
alimentari e permettessero la macellazione dei suini e degli ovini solo da
ottobre ad aprile. Un secondo decreto il 5
ottobre vietò la navigazione sui fiumi nottetempo, durante le piene, ed
impose ai barcari [=proprietari di barche da carico] di farsi rilasciare
dalle autorità comunali un «Atto di autorizzazione a patronaggio», cioè una
licenza di trasporto.
[ALBERTI L., Quadro del sistema di commercio vigente
nelle Provincie Venete nell’anno 1823]
Applicazione del decreto di ripartizione
Per quanto riguarda Croce, essa entrò a far parte
del Comune di San Donà nel Distretto di San Donà (il VII).
I comuni del VII distretto erano: S. Donà, Fossalta, Noventa, Cava Zuccherina, Ceggia, S. Stino.
Non furono
rispettati i confini ecclesiastici: il distretto di San Donà di Piave
abbracciò paesi sottoposti a tre diocesi diverse: Treviso, Venezia e Ceneda.
Il governo si riservava qualche rettificazione dei confini qualora l’esperienza l’avesse
mostrata necessaria.
“Il programma del governo austriaco si ispirò ad
un unico concetto: dare un po’ di vita a Venezia, limitata ormai alla sola
capitale ed a pochi paesi del vecchio Estuario. Si ebbero delle proteste da
parte dei paesi che si videro soggetti a due giurisdizioni (ecclesiastica e
civile) diverse: vecchie tradizioni e interessi ormai acquisiti reclamavano,
specialmente in ordine alle parrocchie soggette al Vescovo di Treviso, il
rispetto a consuetudini inveterate e la continuazione dello statu quo. Si
conserva ancora, nell’archivio di Curia, copia delle istanze che si
presentarono in proposito, e delle proteste un po’ forti per le intromettenze,
certo esagerate, che si sospettavano fossero pervenute dalla capitale del
vecchio dominio veneto: istanze e proteste a nulla valsero. e lo sdoppiamento
dei confini si impose per principi politici e per interessi regionali; si
mantiene e si conserva anche oggi.” [Chimenton]
Il trevigiano Chimenton, cent’anni dopo il fatto,
se la prendeva un poco con Venezia... affari suoi.
L’amministrazione
A seconda della loro
popolazione, i Comuni potevano appartenere a tre classi differenti: i Comuni di
I classe, cioè i capoluoghi controllati direttamente dalle Delegazioni
Provinciali, avevano un Consiglio Comunale di non più di 60 membri; i Comuni di
II classe, dotati di un Consiglio Comunale di almeno 30 membri, erano
sottoposti ad un Cancelliere del Censo; i Comuni di III classe, i più piccoli,
erano diretti dall’Assemblea dei proprietari (i Censiti) che si
riuniva una volta l’anno, alla presenza del Cancelliere del Censo, per nominare
i funzionari e per approvare il bilancio e i tributi, mentre nella restante
parte dell’anno venivano delegati tre proprietari per l’ordinaria
amministrazione.
Il I gennaio 1816 entrarono in vigore i codici civile e penale austriaci.
Lo stesso anno un
nuovo decreto affidò l’amministrazione dei Comuni a un Convocato Generale
e alla Deputazione Comunale. Il Convocato Generale era il massimo organo comunale, avendo
tutti i poteri già detenuti dal napoleonico Consiglio Comunale, ed era composto
da tutti i possidenti (maggiorenni e residenti in loco) soggetti a estimo,
cioè iscritti nel ruolo delle
imposte. La Deputazione Comunale, avente funzioni di una Giunta, era composta di
tre membri, risultati eletti a scrutinio segreto dal Convocato fra i suoi
appartenenti: chi riportava il maggior numero di voti assumeva il titolo di
Primo Deputato, carica corrispondente alla odierna di Sindaco. Assisteva un
agente, odierno segretario, più cursori, cioè personale stipendiato dallo
Stato.
I capifamiglia del
paese furono di nuovo chiamati a prestare sul Vangelo un solenne giuramento di
fedeltà all’imperatore d’Austria. Un decreto governativo ribadì il divieto di
vendita di ogni tipo di arma da fuoco.
[A.S.V., Frammenti podestà di Caorle (1754-1830)]
1816: Una
persistente piovosità da maggio a luglio infracidì i raccolti e provocò la
carestia. Gli speculatori aggravarono l’indigenza incettando le poche biade e
rivendendole a prezzi astronomici.
In parrocchia ci si
preoccupava per la mancanza di canonica.
Un documento di Curia
N. 566
I ricorrenti si rivoglieranno al R.° Amministratore de’ Vacanti nel Distretto di S. Donà, perché voglia prendere in considerazione l’esposto, e trovata giusta l’istanza appoggiarla presso l’Ecc.° Governo.
Dalla Cancell.a Vescovile di
Treviso li 20 Luglio 1816
firm.o Giuseppe V.o di Treviso
|
All’Ill.mo e Rev.mo Mons.
Vescovo di Treviso
Ricorso
della Parrocchia di Croce di P.
in punto
Di ottenere dai Giuspatroni di detto Benefizio la Canonica che fu demolita fin dal 1792;
e i materiali dispersi in altro uso capriccio dei Giuspatroni.
Copia.
L’Originale fu restituito.
|
Dal tardo autunno al
nuovo raccolto la popolazione soffrì le angosce della fame e l’alimentazione
insufficiente (qualche manciata di polenta scondita) causa il dilagare della pellagra
[F. MUTINELLI, Annali delle provincie venete.]
Col passar dei mesi i
sudditi veneti e lombardi si resero conto che il nuovo Regno del
Lombardo-Veneto era poco più che una finzione: il potere era affidato al
governo viennese, i ‘tedeschi’ erano onnipresenti e sottraevano al patriziato
ed agli intellettuali italiani grandi spazi che, in un regno realmente
autonomo, sarebbero spettati loro. Sotto il Regno d’Italia, retto sì da un Re
(Napoleone) e da un viceré (Eugenio) francesi, che ne avevano fatto un
protettorato di Parigi, veneti (e lombardi) godevano almeno di una
amministrazione autonoma e quasi totalmente nazionale, come pure di un esercito
nazionale, ove numerosi erano gli ufficiali italiani.
Ancorché efficiente,
pareva ai più che il Governo austriaco, non rispettando i diritti tradizionali
di Venezia, non godesse di alcuna legittimità. Comunque prese decisioni
significative per l’evoluzione della vita civile. Nel 1817
impose l’adozione
del sistema metrico decimale dei pesi e delle misure al fine di
razionalizzare e uniformare i molti sistemi in uso. Contemporaneamente un
apposito decreto vietò «le stadere con
asta di legno poiché si prestano a molte frodi» [L. ALBERTI, Quadro
del sistema di commercio vigente nelle Provincie Venete nell’anno 1823]
Poco poté invece contro il tifo che da febbraio a novembre il tifo imperversò
in tutta la zona. [Venezia, Archivio del patriarcato di Venezia, b. 2B-XXV]
Il 9 settembre 1817 in Venezia
morì il vescovo di Treviso, Marin, alla veneranda età di 77 anni.
“Ai 10 fu il
cadavere trasportato a Treviso, e precisamented a tutto il clero ricevuto alla
porta Altinia e condotto in Duomo ivi tumulato, previo sontuoso funerale,
concorso di popolo, di messe e funebre apparato e con universale plauso le fu
recitatal’orazione funebre dal celebre don Jacopo Monico, degnissimo maestro di
retorica accademica e bibliotecario in Seminario di Treviso”.
[De Gobbis, Diario]
Il governo austriaco indicò come
nuovo vescovo monsignor Jappelli, che fu però ricusato dal Vaticano. Iniziò una
lunga vacanza per la diocesi, retta dal vicario Giovanbattista Rossi.
Il
malcoltento contro il governo austriaco si manifestò contro decreti che
abrogavano antiche consuetudini, quale ad esempio, sempre nel 1817, quello che
vietava di suonare le campane di notte durante i temporali, imposto ai
campanari sotto pena di perdere il posto; chissà cosa ne pensò don Moretti.
Altro malcontento era dovuto all’eccessiva lunghezza del servizio militare (8
anni) ed all’uso corrente di mandare le reclute in lontane guarnigioni (in
Ungheria o in Croazia).
Paradossalmente
furono proprio le autorità austriache a favorire la formazione di una coscienza
nazionale adottando una linea politica piena di sospetti e censure ai limiti
del ridicolo, applicando offensive limitazioni delle libertà personali e
soprattutto appoggiandosi ad un rigido ed ottuso sistema poliziesco.
La
bolla di Pio VII del 1° maggio 1818 subordinò la diocesi di Treviso, ancora
senza vescovo, a quella metropolitana di Venezia, imponendo a tutti i parroci
di prestare fedeltà all’imperatore, depurando dal catechismo nazionale le
risposte che si riferivano all’obbedienza e agli altri doveri verso Napoleone,
conservando però alla domanda: Per quale ragioni siamo noi tenuti a questi
doveri verso l’Imperatore e Re nostro? la risposta:
Primieramente perché Dio il quale crea gli imperi
e li distribuisce secondo il suo vlere ricolmando di doni l’Imperatoree Re
nostro tanto in pace quanto in guerra, lo ha stabilito nostro sovrano, lo ha
reso ministro della sua potenza a sua immagine sopra la terra. Onorare dunque e
servire l’Imperatore e Re nostroè onorare e servire Dio steso. In secondo luogo
perché nostro Signore Gesù Cristo, tanto con la sua dottrina quanto co’ suoi
esempi, ci ha egli stesso insegnato quello che noi dobbiamo al nostro sovrano.
Egli è noto nell’atto di obbedire a Cesare Augusto: egli ha pagato il
prescritto tributo; come egli ha comandato di rendere a Dio ciò che appartiene
a Dio, così ha ordinato di rendere a Cesare ciò che appartiene a Cesare.
8 luglio 1818: CRAC NELLA STORIA DI CROCE
La rettifica dei confini dei Comuni che il Governo
si riservava di apportare nel 1815
giunse nel luglio del 1818. E sancì il CRAC nella storia di Croce:
i Comuni del distretto di San Donà erano dunque S. Donà, Grisolera di sopra,Musile,
San Michele del Quarto, Fossalta, Meolo, Noventa, Cava Zuccherina, Ceggia.
Avete letto bene: Musile e non Croce. Fu Comune Musile e non lo fu Croce.
Eppure Croce era
più estesa e aveva più abitanti e più storia di Musile, ma per qualche
incomprensibile ragione Croce da quel momento fece parte del Comune di Musile.
L’11
dicembre 1818 morì la contessa Lucia, moglie di Luca Ivanovich. Fu sepolta
nell’abside dell’oratorio alla Fossetta, come ancora ricorda una lastra tombale
ricca di errori.
D.O.M.
HIC QUIESCUNT HUMANAE ESTIGIA
LUCCIAE COM.SA IVANOUICH LUCAE
DILEET.MA ET AFFET.MA UXOR
CRISTIANAE PIETATE RELIGIONEQUE OBSER.X EXEMP.MA
OMNI MORALIS VIRTUTE HORNATA
NATA ANNO J77J DOBROTAE CATTARENSIS
PETRI CAMENAROUICH FILIA
DECESSIT UN DECIMO DIE DECEMB. J8J8. VENETUS
JN DOMO SUAE FAMILIAE MESTISSIME
PRO HAC PRETIOSA PERDITA ETTATIS SUAE MEDIE
Traduzione
D.O.M.
QUI RIPOSANO I RESTI UMANI DELLA CONTESSA LUCIA IVANOVICH
DILETTISSIMA ED AFFETTUOSISSIMA MOGLIE DI LUCA
OSSERVANTE ESEMPLARE DELLA PIETÀ CRISTIANA E DELLA RELIGIONE,
ORNATA DI OGNI VIRTÚ MORALE
NATA NELL'ANNO 1771 A DOBROTA del CATTARO 1,
FIGLIA DI PIETRO CAMENAROUICH
MORÍ L'UNDICI DICEMBRE 1818. VENETO 2
NELLA CASA DELLA SUA FAMIGLIA MESTISSIMA
PER QUESTA PREZIOSA PERDITA NEL MEZZO DELLA SUA VITA
1 - a sud di Dubrovnik = Ragusa
2 - secondo il “MORE VENETO” cioè il calendario veneto, che andava dal 1° marzo
al 28 febbraio successivo
Sono evidenti alcuni errori:
per HUMANAE ESTIGIA leggi HUMANA
VESTIGIA
per LUCCIAE leggi LUCIAE
per DILEET.MA leggi DILECT.MA
per AFFET.MA leggi AFFECT.MA
per CRISTIANAE leggi CRISTIANA
per MORALIS leggi MORALI
per MESTISSIME leggi MESTISSIMAE
per ETTATIS leggi AETATIS
per MEDIE leggi MEDIAE
Per una trattazione completa dell’argomento vedi
CARLO DARIOL - Storia di Croce Vol. I - IL PAESE DELL'INVENZIONE
dalle origini all’arrivo di Don Natale (1897), Edizioni del Cubo
|