![]() ![]() ![]() |
Don Sebastiano Busnardo parroco di Croce
|
AMMINISTRAZIONE ECCLESIASTICA
Grassaga li 26 8bre 1859
Alla Ill.ma e R.ima Curia
Nel testè perduto 10 andante N. 60/25 XVII
l’umile infrascritto dispose il modo di pagamento al già cessato Vic.o
Par.a di Croce Sac.e Don Federico Bianchi il giorno di
Martedi 26 8bre 1859 presso codesta Sp[ettabiliss]ima Cancelleria Vesc.e,
egli è appunto perciò, che, mancando l’intervento personale sulla datagli
promessa si fa solecito di avvanzare
Due Genove S. £. 334
In circostanze cotanto favorevole non si
omette di includere la disdetta di finita locazione della Casa canonica di
croce per parte del Prina, nonché l’insertovi rap.o di opposizione,
attendendo al grazioso riscontro dell’operato il pe[..?..] di Lei parere nella
prossima comparsa in Giudicio.
L’Amministrat.e Eccl.o Distr.e
|
Ma nulla avevano provveduto i censiti di Musile, e nemmeno al pagamento del fitto volevano provvedere, come ben spiegava la Delegazione Provinciale (Imperial e Regia certo) al vescovo.
N. 17293/2005 Venezia li 3 novmbre 1859
L’Economo Spirituale di S.a
Croce di Piave venne già provveduto di due stanze ad uso d’abitazione. Or, come
risulta dall’inserto rapporto Commissariale, trattasi d’istipulare il Contratto
di pigione per la Casa di proprietà del Signor Prina agli usi del Parroco pro
tempore di quella cura.
Il Comune di Musile non
verrebbe però sobbarcarsi al dispendio del fitto adducendo che un tale onere è
infisso nel Beneficio di S.a Croce.
Dal relativo stato fondiario
qui inferto, si ritrae i fatti che nella parte passiva è compresa la partita
pel Fitto, e d’altra parte si ha che il detto benefizio è fornito d’una rebdita
d’assai eccedente la congrua normale.
Sembrarebbe quindi opportuno
che fosse ritenuto a carico del beneficiato pro tempore l’annuo canone fin qui
residuo per raggiungere l’importo di fiorini 100:- per anno richiesti dal [manca
il resto della lettera]
All’Ill:mo e Rev:mo Mons.r Vescovo
di Treviso
|
Don Busnardo dovette rinviare il trasferimento. Anche nel mese successivo, le promesse della deputazione di Musile si rivelarono per quel che erano: promesse, appunto, perché di case in costruzione non si vedeva l’ombra. E intanto egli era costretto a lasciar libera la canonica di Covolo. Con la sua malferma salute avrebbe dovuto starsene sulla pubblica via... Per qualche giorno ipotizzò addirittura di trasferirsi all’osteria, come aveva fatto il vicario. Ma no, ma no, non era possibile. Forse impietosito, forse tirato per le maniche, il conte Leonardo Gradenigo a dicembre gli fornì due stanze provvisorie. Don Sebastiano, sollevato, ma non del tutto, comunicò alla Curia che poteva avvenire l’immissione al possesso spirituale della chiesa.
All’Ill:ma e R:ma Curia V:le di Treviso. Ieri sera riceveva dal nobile Conte Leonardo Gradenigo di Venezia una lettera, con cui m’accorda l’alloggio precario di quattro mesi, cioè pel Dicembre corrente, Gennaio, Febbraio, e Marzo venturi nella sua casa domenicale a Croce, io adunque permettendolo il tempo e la mia malferma salute, son disposto di passare stabilmente a Parroco di S:ta Croce di questa Diocesi ai primi della settimana antecedente alle SS. Feste Natalizie; e giacché Codesta Ill:ma e R:ma Curia mi lascia libero nello scegliermi la persona per avere l’immissione al possesso spirituale di quella Chiesa Parrocchiale, prego Codesta Ill:ma e R:ma Curia a destinare il R:mo Arcip.e e V.o Foraneo di San Donà Mons. Giuseppe Biscaro per tal uffizio. Ossequiosamente segnandomi sono Covolo li 9 dicembre 1859 Don Sebastiano Busnardo
|
Grande fu la festa organizzata dai fabbricieri per l’arrivo
di don Sebastiano… ma a marzo 1860, alla scadenza del contratto col Conte
Gradenigo, nessuna canonica era stata preparata dai Censiti. Don Sebastiano
supplicò al Conte una dilazione di tre mesi. E intanto continuò a richiamare i Censiti
al rispetto degli impegni. Dopo tante insistenze, finalmente il Comune garantì
la disponibilità, ma dietro il pagamento di una pigione, di alcuni locali
presso uno stabile esistente in parrocchia, parecchio umidi in verità, dove,
alla definitiva scadenza del contratto col Conte Gradenigo, in giugno, don
Sebastiano fu costretto a trasferirsi.
Come se non bastasse rispuntò la grana del
cimitero. Pur avendo ricevuto l’ordine di seppellire i morti nel nuovo cimitero
vicino all’argine al confine con la Parrocchia di Musile, don Busnardo aveva
continuato a seppellire i morti nel cimitero intorno alla chiesa. Il 28 giugno,
mentre Garibaldi stava “liberando” la Sicilia e procedendo
all’unificazione italiana, il commissario distrettuale di San Donà chiedeva a
don Busnardo i motivi della sua condotta.
N. 2705 Al molto reverendo Parroco di Croce. Fu in passato superiormente riconosciuto che i due Cimiteri di Musile e di Croce esistenti nel centro degli abitati di quelle Parrocchie erano incompatibili colle disposizioni dei regolamenti vigenti. Fu conseguentemente ordinata e portata ad esecuzione la costruzione di un solo Cimitero pei bisogni delle due Parrocchie di Musile e di Croce, ed il nuovo recinto fu anco benedetto fino dal Gennaro 1859 in cui dovevasi incominciare la tumulazione dei cadaveri. Fin ora le tumulazioni dei cadaveri di Croce non ebbero luogo nel nuovo Cimitero, ed il Reverendo Parroco non apparisce che abbia addotto alcuna ragione a sostegno di una ripugnanza che per quanto dichiara l’Imperial Regia Superiore Autorità potrebbe esporre il Comune ad avere gettata una considerevole spesa inutilmente. In obbedienza al Decreto dell’I. R. Delegazione Protocollo 23 corrente N.° 7857/996 debbo invitarla molto Rev. Sig. Parroco a porgermi una dettagliata relazione dei motivi i quali intendesse che il nuovo Cimitero come sopra costruito non potesse servire pei bisogni della sua Parrocchia. Quanto più sollecito, altrettanto gradito mi sarà le vostra dichiarazione. S. Donà 28 giugno 1860 Il Commissario Distrettuale
|
“Che cosa vuole sapere che non sappia già... - si chiedeva don Busnardo - Forse
che i Censiti non gli hanno spiegato esaurientemente la situazione? O temono
d’essere accusati di aver sprecato denaro pubblico? Secondo me si stanno
vendicando del fatto che in questi sei mesi li abbia tormentati perché
mantenessero la promessa che fecero l’anno scorso di farmi trovare la canonica
pronta quando fossi venuto a Croce...”
Non solo non gliel’avevano fatta trovare, tanto
che era stato costretto a chiedere ospitalità al conte Girolamo Gradenigo per
non finir sulla strada, ma da sole due settimane gli avevano affittato due
stanze d’una casupola fredda e umida che ci voleva coraggio a chiamar
‘canonica’. Don Sebastiano ripiegò la lettera.
“Prima la canonica, e adesso il cimitero. Vedrai
che mi obbligheranno a portare i morti fin là... Ma chi me l’ha fatto fare di
ascoltare la Curia! Mancano le campane aveva detto il fabbriciere; fosse
stato solo quello! La canonica, mancava! E siccome ho richiamato i Censiti al
loro dovere, perché mica m’accontenterò di queste due stanze provvisorie,
adesso si vendicano e mi fanno storie perché non utilizzo il nuovo cimitero; e
sembrano voler fare sul serio e obbligarmi a utilizzare il nuovo cimitero.
I Censiti avevano paura
delle reprimende dei superiori, non c’era altra spiegazione.
Addirittura il 25 agosto 1860, richiesti d’un parere
in proposito, opinarono in Comizio che l’Autorità dovesse insistere perché
venisse posto in attività per entrambe le parrocchie il cimitero già costruito
e benedetto.
Nel verbale di seduta del Convocato essi fecero
infatti notare:
I.° Che dissenziente il
Comune fu eretto il nuovo cimitero promiscuo e che ora si è già a questo scopo
estradata una somma rilevante per cui non è ammissibile l’aggiungere altra
spesa. Segno adunque è che [i Parrochi] non si sarebbero probabilmente opposti
in origine alla erezione di un cimitero esclusivamente per Musile che era ed è
attualmente la sola Parrocchia che ne ha vero bisogno.
II° Che le relazioni dei MM. RR Parochi non sono tali da meritare riguardo in quantoche nessuno adduce motivi attendibili. L’asserzione è gratuita, e la Deputazione Comunale […] mostrò di giudicare ben diversamente. Del resto è chiaro che con queste premesse i membri del Comizio riconoscono e confessano la inopportunità, almeno indirettamente, del nuovo cimitero; sebbene in pari tempo insistono per essere dispensati dal sostenere nuove spese. |
Gli amministratori di Musile cominciavano già allora a distinguersi per calcolo e opportunismo. Ma don Busnardo non si curò della lettera del Commissario Distrettuale e continuò nei mesi successivi a non usare il nuovo cimitero: era scomodo d’estate, figurarsi in inverno! Scavando le fosse si trovava subito l’acqua! Forse che i Censiti non lo sapevano, se all’inizio, per le medesime ragioni, avevano convenuto sull’inopportunità d’usarlo?
Mentre Garibaldi risaliva la penisola, Cavour a settembre dava ordine di invadere gli stati pontifici; il 26 ottobre Vittorio Emanuele II e l’eroe dei due mondi si incontrarono a Teano. I plebisciti di ottobre e novembre sancirono l’annessione del Meridione, di Marche e Umbria al Regno dei Savoia. Lo stato sabaudo veniva assunto come modello per il nuovo stato unitario. Rimanevano irrisolti la “questione romana” e il destino del Veneto.
Il 12 aprile 1861 il Regio Medico Provinciale fu costretto a confessare che, effettivamente nel nuovo cimitero, «alla profondità di 4 piedi si incontrò l’acqua sortumosa». Il 25 luglio 1861 don Busnardo, all’Imperial Regio Commissario Distrettuale di S. Donà che lo invitava a spiegare perché ancora non utilizzasse il nuovo cimitero, rispose:
All’I. R. Commissario Distrettuale di S. Donà
a domanda fatta da Codesto R. I. Commissariato 28 Giugno 1860 N° 2705 al Parroco perché adduca i motivi per cui non ebbe luogo il seppellimento di cadaveri nel nuovo cimitero servibile per le due Parrocchie di Croce e Musile dall’epoca in cui venne costruito fino al presente; il sottoscritto non che il decesso Parroco [don Salmasi, ndA] ha giusti motivi di non aver sepolto Cadaveri: perché il nuovo Cimitero venne costruito in distanza dalla Chiesa Parrocchiale un miglio e mezzo in circa. Ora dunque dovendosi portare dalla parte opposta della Chiesa Parrocchiale alla distanza di sei miglia per istrade fangose impraticabili per più di sette mesi dell’anno, anco con rotabili, e dovendosi far uso di stivali per giungere all’abitazione del defunto ed impiegarsi più ore e poi ritornare alla Chiesa colla stessa difficoltà per eseguire le funeree funzioni; malagevole oltremodo riuscirebbe ad un sacerdote anche robusto dover, partendo dalla Chiesa, percorrere un altro miglio e mezzo per la tumulazione del Cadavere, che secondo i sacri riti richieggono le leggi Ecclesiastiche. Che se, compiute le funzioni in Chiesa il sacerdote giustamente si sottraesse per la grande distanza di accompagnare il Cadavere al Cimitero importerebbe scandalo malumore e dissordini nei luoghi di campagna e specialmente in questa Parrocchia ove la popolazione nutre sentimenti altissimi pei loro morti parenti e amici e sente vivamente il bisogno di vederli pubblicamente sepolti. Quindi si avverte che sei sono le miglia dalla Chiesa Parrocchiale alla casa del cadavere, altre sei sono di ritorno più o meno secondo le maggiori o minori distanze; sempre dritto, e che innalterabile sarebbe la distanza del miglio e mezzo dalla Chiesa al Cimitero e viceversa che in tutto sommano 3 miglia. S’aggiunga inoltre che quelle persone che trasportano per puro titolo di carità e grazia i Cadaveri si rifiutano di prestare lo stesso uffizio perché troppo lunga la strada. Dunque il Comune dovrà pagare apposite persone, dunque dovrà in perpetuo aggravarsi di una spesa pel trasporto dei cadaveri e questa diverrebbe doppia perché dovrebbe fare lo stesso per la Parrocchia di Musile. Poiché il vecchio cimitero ha tanta capacità in area che supera quella del nuovo servibile per le due suddette Parrocchie e prova palmare ne è ad onta del colera morbus 1849 – 1855, epoca in cui ne morirono molti anco a Croce, una metà del vecchio Cimitero bastò a sopperire al bisogno per più di dodici anni procedendo regolarmente nello scavo delle fosse. Ma le I.R. Superiori Autorità potrebbero opporre che ad onta della dupla capacità del vecchio Cimitero per li vigenti Regolamenti i cimiteri devono essere lontani dal maggior abitato e centro de’ paesi. Savie misure hanno provveduto alla pubblica sanità. Ora dunque in base ai vigenti regolamenti sanitari riguardanti la situazione ove devono essere posti i nuovi Cimiteri è appunto situato il vecchio Cimitero di Croce; perché capacissimo in area, perché quattro case sole sole sono in prossimità al detto Cimitero, alla distanza però di più di 100 metri; e si fa sommessamente avvertire le I. R. Superiori Autorità che quattro case sole non formano il maggiore abitato. Perché il nuovo cimitero è costruito in luogo bassissimo ove scavandosi le fosse a quattro piedi sorge l’acqua, e ciò perché il fondo è paludoso il che sarebbe in opposizione alle leggi disciplinari. Inoltre per recarsi al nuovo cimitero non si può percorrere che l’unica e sola via detta l’argine di S. Marco via pubblica che dal capoluogo di S. Donà si dirige verso Croce, Fossalta, Zenson Treviso, e questa via s’innalza dal livello delle campagne all’altezza di dodici piedi spoglia di siepi e ripari ovunque. Quindi pericoloso sarebbe un convoglio funebre pei passeggieri con cavalli: Ora se le varie leggi proveggono colla costruzione di nuovi cimiteri alla pubblica sanità, vorranno meglio ancora provvedere alla pubblica salvezza e sicurezza coll’allontanare si grave pericolo. Il nuovo cimitero era tanto inopportuno in quella situazione che i Censiti radunati in convocato per ben sei o sette volte diedero tutti voti contrari; e solo per puntiglio e mal talento del Commissario d’allora (certo Bressan) venne costruito. Esposti adunque i giusti motivi perché non può sussistere il nuovo cimitero ma debba essere demolito, perché non abbia il Comune gettata invano la spesa inutilmente, come si riferisce nella presente nota Delegatizia, il sottoscritto che è privo di casa canonica ed abita una vecchia ammuffita e poco salubre casuccia appigionata dal Comune dimanda istantemente e si obbliga di presentare la petizione perché il nuovo cimitero da demolirsi resti intatto fino al momento della costruzione della nuova casa Canonica di cui tanto abbisogna; ovvero al Comune si faccia il merito per lasciar libero il terreno del nuovo cimitero e poterlo altrimenti utilizzare di collocare le pietre su luogo addatto fin tanto che il sottoscritto otterrà di poter dar principio alla costruzione della nuova casa canonica. Croce li 25 luglio 1861 Il Parroco
|
La risposta dovette risultare efficace perché il Commissario Distrettuale si dimostrò comprensivo e non sollecitò più don Busnardo all’uso del cimitero.
A Treviso intanto, senza aver potuto portare a termine il tanto desiderato sinodo, il vescovo Farina, si era deciso a chiedere all’imperatore di essere trasferito a Vicenza onde essere più vicino al suo Istituto, ed era stato accontentato. Ma chi esultò pel trasferimento, perché Farina era intransigente e austriacante, sarebbe rimasto deluso: il vescovo scelto dall’imperatore il 24 agosto 1861, ovvero S. E. “Federico Maria Nobile Zinelli” – così si firmava, essendo nato, a Venezia nel 1805, da una ricca famiglia patrizia – non mancava di qualità essendo stato insegnante di dogmatica nel seminario patriarcale, consultore curiale, canonico teologo e vicario generale della diocesi di Venezia. Ma non era meno antiliberale.
Viste le relazioni amichevoli che s’erano
instaurate col commissario distrettuale, il parroco di Croce colse anche
l’occasione per chiedergli d’interessarsi alla questione della canonica. Il
commissario promise di farlo, e intanto gli rispose, in attergato, di far presente la sua
critica condizione all’I.R. Autorità Superiore. Così don Busnardo fece anche
per consiglio preso a voce dall’I.R. Cavalier Delegato (18 ottobre 1861),
il quale gli disse: «Ella ha diritto alla abitazione gratuita; scriva
direttamente a me e avrà quanto domanda: nella sua istanza alleghi la nota 13
ottobre 1859 N.° 494 della Deputazione Comunale di Musile: più unisca
l’attergato alla sua lettera dell’I.R. Commissariato e spedisca una minuta
specifica dei lavori che mancano e noti che nella sua immissione al possesso
temporale ha dichiarato per condizione assoluta di non essere obbligato, né di
sottostare a qualunque sia spesa in riguardo alla casa canonica».
Col giorno 24 ottobre 1861 N.° 44 don
Sebastiano spedì l’istanza all’I.R. Delegazione provinciale di Venezia coi
sopracennati allegati domandando sollecitamente l’esecuzione dei lavori
necessari. E intanto,
per tenere e offrire per il futuro una visione esauriente della spinosa
questione, risalente al predecessore, raccolse tutte le informazioni relative al cimitero
in un promemoria (25 ottobre 1861)
che il lettore, senza temere di far torto al pedante narratore, farà bene a
saltare.
Pro memoria
Negli anni 1853-54 si
proggettava dal Commissario Distrettuale di San Donà, certo Bressan, un
cimitero pelle due Parrocchie componenti il Comune di Musile, cioè per quella
di Santa Croce di Piave e per quella di Musile, la prima frazione, che conta
anime 1200, la seconda capo-comune cioè Musile, che conta anime 700, e tanto
l’una che l’altra hanno dai sei ai sette miglia di viaggio dalla parte opposta
del cimitero nuovo, costruito nella parrocchia di Croce servibile per ambedue
le popolazioni. Dalle due Chiese dista un miglio e mezzo; venne costruito per
viva forza del Commissario ad onta che in sei convocati i Censiti votassero
negativamente sempre opponendosi perché troppo dista dall’una sì che dall’altra
Parrocchia. Pure nel 1855 in 8bre si costruiva. In aprile 1859 in occasione che
la Regia Commissione Delegatizia si trovava a San Donà pella perizia militare,
la Deputazione Comunale di Musile invitava l’Imperial Regio Delegato in unione
al sig. Filippo Nani a vedere la situazione del cimitero suindicato, i quali
dichiaravano esser inoportunissima la situazione pelle distanze, intanto venne
benedetto, ma mai vi si seppelli alcun cadavere neppure al presente. In giugno
1860 l’Imperiale R. Commissariato di San Donà domandava ai Parroci il motivo
per cui ect. Come da allegato A [N.d.A: la lettera del 28 giugno
1860] ed il sottoscritto Parroco rispondeva come allegato B
[N.d.A: la lettera del 25 luglio 1861]
. Ad onta di ciò che negattivamente
rispondeva, dalla Regia Delegazione di Venezia si ordinava di sentire il
convocato, che approvò con voti unanimi, che il nuovo non venisse demolito ma
dovesse restare ove si trova; e così il convocato che mai prima della
costruzione di detto cimitero v’adderì alle storte vedute del Commissario
d’allora Bressan, nel 1860 approvò quanto prima giustamente avea disapprovato…!
Dall’agosto 1860 ufficialmente non ebbero i Parroci altre note; ma è sicuro che
ora per suggestione di qualche individuo venne ufficciato il Signor Commissario
perché la Regia Delegazione emani l’ordine di sepelire nel nuovo cimitero che è
in opposizione collo spirito della Religione Cattolica Apostolica Romana, e col
comodo della popolazione, e del Sacerdotale Ministero.
Croce li 25 ottobre 1861 Don Sebastiano Busnardo |
L’I.R. Delegazione tostamente (29 ottobre
1861 N.° 5827) ritornò l’istanza al Regio Commissariato di San Donà,
affinché in unione alla Deputazione comunale si portasse sopraluogo. Ma la
Deputazione comunale (i censiti!) la tirò per le lunghe – i censiti si
sentivano in difetto, eccome se si sentivano in difetto! – e il sopralluogo
ebbe luogo solo il 12 febbraio 1862 e tutti dovettero constatare la
verità di quanto don Sebastiano aveva affermato. I censiti cominciarono a dire
che il Comune non aveva i soldi per ovviare alle difficoltà, che al massimo si sarebbero limitati ad
eseguire alcuni lavori, che fra non molto anche a Croce si sarebbe dovuto
costruire la nuova casa canonica come s’era appena costruita a Musile... Don
Busnardo pretese un accordo scritto nel quale si teneva per fermo che entro...
«Entro quando?»
«Beh... diciamo... ecco, facciamo un decennio!»
...entro un decennio avrebbe avuto la nuova casa...
«Ma tenendo conto che l’immissione al
possesso temporale, all’epoca della mia investitura canonica, è avvenuta il 20
ottobre 1859, dieci anni a partire da quella data significa che entro il 1869 io
dovrò avere la mia canonica» disse don Busnardo.
I Censiti non poterono dire nulla; e ci
sarebbe voluta una bella faccia tosta per obiettare che i dieci anni si sarebbero dovuti
conteggiare da... adesso.
In maggio si procedette alla nomina dei fabbricieri.
Si noti sul documento il timbro della Parrocchia di Croce. Trascriviamo il documento.
Alla Commissione Centrale Ecclesiastica A tenore della Circolare 15 Gennaio 1861 Attuali fabbricieri
Ia Terna da preferirsi
IIa Terna da sostituirsi
NB I due vecchi fabbricieri attuali sono bene intesi da tutta la popolazione pella premura somma usata, e così pure sarebbe bene accetto il Golfetto che sa anche scrivere. Dalla Canonica di S.ta Croce di Piave
Il Paro
|
Quale fosse la canonica dalla quale don Busnardo
scriveva è chiaro: le umide stanze, che non si sa dove stessero.
Erano passati due anni e mezzo dal suo
insediamento e la “sua” canonica attendeva ancora i lavori di completamento. In
compenso le autorità erano lì a punzecchiarlo continuamente con la storia del
cimitero.
Che cosa ci fosse in chiesa e in sacrestia lo
sappiamo con esattezza perché nei giorni successivi ci fu il passaggio di
consegne tra i fabbricieri “cessanti” e i nuovi, due su tre gli stessi di
prima, che stilarono il seguente
Degli Arredi sacri, sacre suppellettili, effetti e mobili di proprietà della Chiesa che i cessanti Fabbricieri consegnano ai nuovi, e che ne dichiarano il ricevimento. N. 1. Apparamento completo cioè, pianeta, tunicella di seta a fiori con fornitura in oro e relativo piviale con fornitura in oro. 2. Un secondo piviale di seta fondo celeste a fiori a stampa fornito in oro. 3. Altro piviale di seta fornito in seta. 4. Un piviale di seta in nero fornito in seta. 5. Una pianeta verde con fiori gialli di seta con guarnizione falsa. 6. Altra pianeta verde di lana fornita in seta. 7. Idem viola di seta con fornitura di seta. 8. Idem viola di lana con fornitura in seta. 9. Idem nera di seta con fornitura d’argento. 10. Idem rossa con fornitura falsa. 11. Idem rossa di lana con fornitura in seta. 12. Idem rossa di lana con fornitura falsa. 13. Idem rossa di raso con fornitura d’oro. 14. Idem bianca di seta a fiori guernita d’oro. 15. Idem bianca di lana con guernitura in bavela. 16. Idem bianca a fiori con guernitura falsa. 17. Idem bianca a fiori di lana guernita di bavela. 18. Idem bianca a fiori con fornitura falsa. 19. Idem bianca a fiori con fornitura falsa. 20. Idem viola a fiori fornita di seta e due tunicelle dello stesso fondo fornitop in falso. 21. Due camici vecchi indoperabili con fornitura. 22. Sei camici con fornitura. 23. Ventisette tovaglie in sorte schiette ed use. 24. Nove tovaglie fornite. 25. Sei forniture di tovaglia. 26. Un’abito di seta della Beatissima Vergine. 27. Un altro . . . . . idem . . . . 28. Due veli umerali bianchi a fiori uno fiorito in oro l’altro in seta. 29. Tre stole in sorte. 30. Sette cingoli. 31. Diciasette amiti. 32. Ventisei tra purificatori e fazzoletti da bozzette. 33. Quindici corporali e ventidue animette. 34. Otto cappe bianche con quattro cingoli. 35. Altri due cingoli uno verde di seta ed uno rosso di lana. 36. Una coppa rossa di cotone. 37. Cinque cotte vecchie indoperabili. 38. Due asciugamani. 39. Un baldachino di setafiori bianco fornito in seta. 40. Tre vesti pei Zaghi colle relative cotte. 41. Il panno del catafalco. 42. Cinque tele cerate sugli altari. 43. Tre messali da vivo e due da mortyo e due rittuali. 44. Quattro quadri in pittura. 45. N:° due armadi di noce con sovraposto ripostiglio di noce. 46. N:° Due inginocchiatoj di noce e tre panche di noce coi relativi schenagli. 47. Un armadio di abete colorito. 48. Un crocifisso e due tabelle per la preparazione della Messa. 49. Una Fohera da fuoco di rame col relativo tripode 50. Un resurrexit di legno indorato. 51. Un tronetto di legno dorato per la communione. 52. Idem idem dorato per l’esposizione. 53. Otto colonne di damasco di seta con fornitura falsa e dieci pezzi di damasco. 54. Un’apparato per l’esposizione vecchio ed un tronetto vecchio e tutto in disuso. 55. Un’ombrella di seta gialla a fiori fornita in argento falso. 56. Quattro aste del baldachino vecchie. 57. Quarantaquattro candellieri di ottone in sorte con venti bossoli in sorte di ottone; e dodici di piccoli. 58. Cinque croci di ottone in sorte e tre tavolette dell’altar maggiore e quattordici vasi d’ottone e sotto lampade d’ottone con sei catene di ferro. 59. Due crocifissi grandi di legno e quindici tavolette di legno in disordine, sette ferali di ferro dorati e quattro per la comunione in disordine. 60. Due aste grandi di rame dorate. 61. Quattro aste di legno a colore e oro. 62. Quattordici quadri della via crucis coi relativi braccialetti di ferro. 63. Due lettorini da messale e tre scale in sorte. 64. Tre confessionali di noce a tre poltrone con fornitura di damasco di lana e loro coperchio. 65. Asta e croce dell’altar maggiore di legno. 66. Sedici palme nuove e quattordici di vecchie. 67. Ventisette panchi in sorte vecchi e ventidue scanni e cinque panche. 68. La croce della via crucis e due aste e una croce da morto. 69. Catafalco. 70. Quattro cerei grandi ed il pasquale di peso di libbre sottili 50. 71. Cera in sorte usa libbre sottili 100. 72. Sei piedestalli di vivo. 73. La pace d’ottone. 74. Quattro ampolle di vetro, due piatelli di stagno, quattro vasi da fiori e quattro baccinelle di ottone pei cerei.
Zorzetto Giovanni
|
Negli stessi giorni (24 maggio 1862) il vescovo
Zinelli, a un anno e passa dalla nomina, fece finalmente il suo ingresso in
diocesi. Con quale animo si può ben immaginare: nessuna delle autorità
governative e municipali si era recata tre mesi prima (il 9 febbraio)
alla sua consacrazione episcopale; qualche giorno prima erano apparsi sui muri
delle case ed erano stati distribuiti volantini con cui si invitava la
popolazione a non partecipare all’ingresso del vescovo, e il giorno prima una
bomba era stata buttata nell’ingresso della casa di mons. Rampini, uno degli
organizzatori della cerimonia dell’ingresso.
Così lo descrisse un suo discepolo del seminario
veneziano, il Capanni: «Il suo ingresso in città fu avversato in tutti i modi;
si spararono petardi, si chiusero balconi al suo passaggio; persino i
rinfreschi di acque e caffè furono scomposti. Non so come penetrati i rivoltosi
nella sala dell’episcopio rovesciarono in essa e sedie e scanni e tavolini. Ma
lo Zinelli fu imperterrito e volle che per molto tempo restasse quella sala
così disordinata, a memoria del fatto». Poi concludeva, esagerando: «Anche in
questo aneddoto mostrò il carattere fermo del martire cristiano».
In occasione della cerimonia il vescovo sospese il
pranzo di rito, cui si era soliti invitare autorità civili, militari ed
ecclesiastiche, e ordinò che fosserò distribuite ai poveri 2000 libbre di
farina.
In seguito avrebbe aperto in episcopio due o tre
volte la settimana una mensa per coloro che si vergognavano a chiedere la
carità; cui avrebbero partecipato fino a 300 poveri. Caritatevole e liberale coi
poveri, il vescovo Zinelli lo era meno con le idee politiche, e le sue erano
condivise da buona parte di popolazione e clero. Il sacerdote bellunese Angelo
Volpe aveva pubblicato a Faenza il 22 giugno un opuscolo in cui attribuiva al
Veneto sentimenti liberali e antitemporalisti e il vescovo era deciso a confutarlo.
Più che dalle questioni politiche o ideali,
immaginiamo che il parroco di Croce fosse preoccupato dalla più materiale
mancanza di canonica. Egli fece presente il problema in curia e il vescovo
Zinelli gli chiese a che punto stavano le cose.
Non abbiamo copia della lettera spedita dal vescovo ma solo della brutta conservata in Curia; e ci dispiace non avere il documento precedente la lettera medesima di cui si legge l’ultima riga:
[...] di
rinuncia dei patroni, o la pruova che essi non sieno obbligati.
N 522 14 – 7 – 862 Al Parroco di Croce di Piave Ammesso pertanto che non siavi modo di obbligare i
patroni a sobbarcarsi all’onere o di ottenere almeno di fabbricar la canonica
sarebbe ben desiderabile che il Comune si assumesse per intero questo
carico ma Ella quanto al diritto rispetto al Comune mi sentirà che a rigore il
Parroco non possa rifiutarsi di concedere in qualche parte cioè insino
all’imposta presumibile dei pesi prediali; della tassa per equivalenza
dell’imposta per trasferimento, e finalmente della successiva spesa di
riparazione ordinaria e stò entro i limiti della consuetudine, altrimenti si
scriverà quindi al Pa...? in ...?, indi si risponderà alla Delegazione.
|
Così rispose don Busnardo la settimana dopo.
Ill:mo e Reverendiss:mo Monsignor Vescovo
Le opinioni esposte da
Lei Ill:mo e R:mo M:re nella riverita Sua nota
14 luglio 1862 Di V. S. Ill.ma e R:ma Obb:mo Umiliss:mo Oss:mo figlio
|
Quanto a far lume sull’intera vicenda, don Busnardo fece lume eccome: in una lunghissima lettera spiegò per filo e per segno tutto quel che era accaduto in quegli anni, ma poiché il lettore già tutte conosce le vicende, egli può benissimo saltare a piè pari questa seconda lettera senza temere di far torto al pedante narratore che tutto ha voluto riportare.
Illustrissimo e Reverendissimo Monsignor Vescovo! Nella di Lei nota 14 luglio 1862 Ella, Monsignore, domanda schiarimenti intorno alla posizione della casa ad uso Canonica di Croce. Due sono le posizioni: una esistente in codesta Illustrissima e Reverendissima Curia Vescovile eretta nel 1859, ove si parla del cessato jus patronato di alcune famiglie venete, le quali rinunciarono semel pro semper all’Illustrissimo e Reverendissimo Monsignor Vescovo di Treviso, il diritto di elezione del Parroco di Croce di Piave e cessarono non tanto ab honore, ma quancora ab onere. Si parla del dovere che ha il Comune di Musile di fornire a tutte sue spese il Parroco di casa ad uso di canonica. Si tratta di un pezzo di territorio con quattro case strappate a questa poverissima Parrocchia ed unito a quella di Musile senza che questa n’abbia avuto alcun compenso che lo doveva avere ragionevolmente di altrettanto terreno, già anche reclamato, che per posizione topografica opportunamente conveniva ed era più che giusto lo dovesse avere per compensare questa poverissima Chiesa. L’altra posizione poi che esplicitamente tratta della casa ad uso di canonica, spedita all’I.R. Delegazione di Venezia, io credeva che a Lei. Monsignore, fosse presente. Ma giacché da sua nota sembra non l’abbia, così Le diro: Prima della mia venuta a Parroco di Croce, rimosso per grave e lunga malattia d’infiammazione di fegato sofferta a Covolo veniva invitato con due lettere d’Ufficio a presentarmi al concorso e venni destinato a Parroco di Croce, di cui fui anche canonicamente investito col giorno 20 ottobre 1859, sapendo già che per mancanza di casa canonica, prima di me l’investito di questa prebenda parrocchiale Don Nicolò Forner rinunciava per questo solo ed unico motivo; io adunque mi affrettava dietro consiglio dei miei Superiori ecclesiastici, i quali mi assicuravano che il Comune di Musile a tutte sue spese avrebbe approntata la casa canonica, scriveva alla stessa Deputazione col giorno I° dicembre 1859 perché avesse a terminare sollecitamente i già incominciati lavori, e la suddetta Deputazione mi rispondeva esplicitamente senza alcuna riserva, né di afitto da contribuirsi dal Parroco, né d’importo per prediali, né d’equivalente d’imposte, né di presunta spesa per riparazioni ordinarie; ma che alla mia venuta troverò una abitazione ad uso di casa canonica decente e commoda e ciò assicurava con sua nota il 13 dicembre 1859 N° 494. Intanto a Covolo era destinato altro Parroco ed io perché la Deputazione non aveva approntata la casa doveva con malferma salute restarmene sulla pubblica via se la carità della Nobile Famiglia Conte Leonardo Gradenigo di Rio-Marin non si compiaceva cedermi in distanza anche della chiesa in una sua casa tre stanze ove dovetti rimanermi fino al giugno 1860. Ma quandoché alla famiglia suddetta occorse la casa in libertà, mio malincuore, anche non ancora eseguiti i lavori della casa canonica fui costrtto passare, ove sono ristretto per locali, umidissimi e non bene riparati. Più volte pregai la Deputazione a voce d iscritto con tutta urbanità e modi a voler eseguire le dichiarazioni della surriferita nota 13 dicembre 1859 e vedendomi deluso fino al 1861 in agosto interessai l’I.R. Commissariato di san Donà a far valere i miei diritti, il quale si prestò lodevolmente a mio favore, ma tutto inutilmente; e lo stesso mi comunicava con suo attergato ad una mia istanza che facessi presente la mia critica condizione all’I.R. Autorità Superiore. Così feci anche per consiglio preso a voce dall’I.R. Cavalier Delegato il giorno 18 ottobre 1861, il quale mi disse: “Ella ha diritto alla abitazione gratuita; scriva direttamente a me e avrà quanto domanda: nella sua istanza alleghi la nota 13 ottobre 1859 N.° 494 della Dputazione Comunale di Musile: più unisca l’attergato alla sua lettera dell’I.R. Commissariato e spedisca una minuta specifica dei lavori che mancano e noti che nella sua immissione al possesso temporale ha dichiarato per condizione assoluta di non essere obbligato, né di sottostare a qualunque sia spesa in riguardo alla casa canonica”. Infatti col giorno 24 ottobre 1861 N.° 44 spediva l’istanza all’I.R. Delegazione provinciale di venezia coi sopracennati allegati dimandando sollecitamente l’esecuzione dei lavori occorribili indicati da allegato C; e l’I.R. Delegazione tostamente col giorno 29 ottobre 1861 N.° 5827 la ritornava al Regio Commissariato di San Donà, affinché in unione alla deputazione Comunale si portasse sopraluogo; il che ebbe effetto solo che col giorno 12 febbraio 1862 e trovarono vero quanto nella mia minuta allegato C aveva indicato; e dichiararono che avuto riguardo ai gravi dispendi del Comune, questo stesso si limita ad eseguire alcuni lavori; aggiungendo che fra non molto anche a Croce bisognerà costruire la nuova Casa Canonica come non è guari la si costruì a Musile frazione dell’istesso Comune. Con tale condizione adunque al processo verbale esteso in canonica di Croce si sottoscrisse il Parroco tenendo per fermo che entro il decennio avrà la nuova casa, come l’à dichiarato nell’atto dell’immissione al possesso temporale partendo dall’epoca dela sua investitura canonica 20 ottobre 1859 al 1869. Interrogato a voce ed in iscritto per la contribuzione di una parte dell’affitto, rispose non essere obbligato. Il processo verbale adunque 12 febbraio 1862 venne spedito solo alla Regia Delegazione che il 31 marzo 1862 N.° 1286, che la Congragazione Provinciale protocollò in fine maggio sotto il N.° 1927 il quale numero sarà a Lei Monsignore pervenuto. Rifletta adunque, Monsignore, che nella mia risposta a Lei diretta 22 luglio 1862 N.° 75 intendo di obbedire alla di Lei proposta per una parte di fitto, purché sieno eseguiti tutti i lavori contemplati nell’allegato C di aggiungervi due altre stanze, o di provvedere il Cooperatore di decente e separata abitazione, essendoché la Fabbriceria è poverissima. Colgo tale favorevole circostanza per baciarle le sacre mani e segnarmi Santa Croce di Piave li 22 luglio 1862. Di V. S. Illustrissima e Reverendissima
|
Il 2 agosto
1862 la Congregazione Provinciale di Venezia invitò il vescovo Zinelli a
imporre la sua volontà ai due parroci, riguardo al nuovo cimitero. Questi, per
avere maggior contezza sulla diatriba - ma come, non era bastata la
bastantemente lunga lettera di don Sebastiano? - incaricò il vicario foraneo
Biscaro di stendergli una precisa relazione su tutta la faccenda. Inoltre, in
risposta all’opuscolo del Volpe, il 27
settembre il vescovo Zinelli inviò una circolare a tutti i preti della diocesi
invitandoli a sottoscrivere una unita dichiarazione di fedeltà e sottomissione
al papa e ai suoi insegnamenti. Il clero di campagna, quasi all’unanimità sottoscrisse
tale dichiarazione e tra i 481 che firmarono immaginiamo che ci fosse anche il
nostro don Busnardo, così bisognoso in quel momento dell’aiuto episcopale per
la questione della canonica.
Il 17 novembre 1862 il vicario foraneo così relazionò:
N.° 122/71 Vicariato Foraneo S. Donà di Piave addì 17 Novembre 1862 Monsignore Illustrissimo e Reverendissimo ! Ho letto attentamente il voluminoso carteggio riguardante il cimitero ad uso promiscuo delle due parrocchie di Musile e Croce, e lasciando da parte ogni considerazione intorno al modo e alla forma con cui è provocata la superiore tutela a favore degli amministratori, mi restringo a rilevare i fatti che emergono spontanei dal suddetto carteggio, i quali potranno servire di base al giudizio che la S. V. Illustrissima e Reverendissima sarà per pronunciare. Questi possono compendiarsi nei seguenti: I. Qualunque volta e la Deputazione Comunale e il Convocato di Musile furono invitati e dirò anzi pressati ad approvare la massima della erezione di un cimitero ad uso promiscuo delle due parrocchie, opposero sempre un rifiuto pressoché unanime. Non credo per altro che avrebbero opposto un egual rifiuto se si fosse trattato dell’ampliamento della ricostruzione di quello di Musile, il solo di cui il Comune avesse ed abbia tutt’ora reale bisogno. E in questa opinione vale a confermarmi la lettera 26 febbraio 1859 N.° 56 di quella Deputazione al R. Commissario, lettera il cui tenore dovrò esporre più innanzi. II. Il
Cimitero di Croce, ove si eccettui che è posto intorno alla Chiesa Parrocchiale
e che il muro di cinta non raggiunge l’altezza prescritta, nel rimanente ha
tutte le condizioni perché possa considerarsi a norma, se non rigorosissima,
certo comune e pratica di legge. Tale lo dichiarò il Medico Condotto Dottor
Ciprandi col suo riscontro del 24 maggio 1855 N.° 18 alla Nota Commissariale 7
di Marzo N.° 1165, colla quale veniva incaricato di visitare i due cimiteri in
discorso.
III. Quello poi di Musile non solo dai periti, ma da ognuno che lo vegga dev’esser ritenuto incapace per area, anormale pel sito, mal difeso dal muro di cinta il quale è bassissimo, e perciò da proscriversi. IV. Ora al bisogno assoluto che ha questa parrocchia di un cimitero potrà soddisfare il nuovo eretto nella parrocchia di Croce? Facio la domanda intorno a cui si aggira a mio parere tutta la questione, poiché riguardo alla parrocchia di Croce il vecchio che possiede, anche con i suoi piccoli inconvenienti, è probabilmente preferibile al nuovo per le condizioni del terreno. Il nuovo infatti è posto in sito molto basso, in cui per confessione dello stesso R. medico Provinciale, come da suo rapporto 12 aprile 1861 n.° 114, alla profondità di quattro piedi s’incontrò l’acqua sortumosa. Io non so in quale stagione sia stato fatto lo scandaglio, ma temo assai che in onta al lieve rialzo di terra praticatovi, almeno per nove mesi dell’anno si avrà lo stesso risultato ad una profondità forse minore. Lo che verificandosi ne verrebbe che essendo prescritta per le fosse in cui si depongono i cadaveri la profondità di un metro e otto palmi, cioè piedi cinque, si dovrebbe acconciarsi a riporli pressoché tutti nell’acqua. È inoltre distante più di un miglio dalla Chiesa di Musile, e nel circondario della parrocchia di Croce. Ma da ultimo sono da prendersi in considerazione i motivi addotti dal parroco di Musile nel suo rapporto 30 gennaio 1859 al Reverendissimo Ordinariato, intorno ai quali io mi asterrò dal pronunciare giudicio limitandomi a trascrivere quello che su di essi ebbe a esprimere, interpellata in proposito dal Regio Commissario, quella Deputazione Comunale nel suo riscontro 26 febbraio 1859 N.° 56. Il ricorso del parroco, essa dice, è non meno veritiero che giusto in tutta la sua estensione; e tanto se ne mostrò penetrata che giunse fino a proporre l’erezione d’altro legale cimitero a compatibile distanza dalla Chiesa parrocchiale di Musile e sempre nel perimetro della propria parrocchia. V. Se
non che i Censiti raccolti in Comizio il 25 agosto 1860 per pronunziarsi e
deliberare su questo progetto dell’erezione di un nuovo Cimitero per Musile
opinarono che l’Autorità Superiore debba insistere perché venga posto in
attività per entrambe le parrocchie il cimitero già costrutto e benedetto.
Senza notare che il maggior numero de’ votanti poteva appartenere a parrocchie
diverse da quelle di Musile e Croce, e che non avrebbe quindi avuto in questo
affare altro sentimento a cui principalmente ispirarsi che quello della
economia, gioverà per apprezzare al giusto questa decisione, esaminare le
premesse alle quali la vollero essi appoggiata. Le premesse, quali si leggono nello
stralcio del processo verbale di seduta del convocato suddetto furono giuste:
I. Che dissenziente il comune fu eretto il nuovo cimitero promiscuo e che ora
c’è già a questo scopo estradata una somma rilevante cui non ammissibile
l’aggiungere altra spesa (segno adunque è che non si sarebbero probabilmente
opposti in origine all’erezione di un cimitero esclusivamente per Musile ch’era
ed è attualmente la sola parrocchia che ne ha vero bisogno.)
Ora il voto dell’Autorità Ecclesiastica invitata a pronunciarsi nella questione deve necessariamente avere per risultato o di appoggiare il desiderio dei Censiti o di sanzionare la giusta opposizione dei Parrochi; deve insomma all’una o all’altra delle parti consigliare autorevolmente un sacrificio immeritato. E questo o lieve, pecuniario e per una sola volta alla massa dei Censiti colla erezione di un nuovo Cimitero a Musile, o grave, personale e perpetuo ai Parochi ed abitanti delle due parrocchie. Con questi cenni desunti conscienziosamente dal carteggio allegatomi confido, Monsignore, di aver riscontrate le venerate ricerche di N. S. Illustrissima e Reverendissima, a Cui mi gode l’animo di potermi dichiarare Obbdientissimo Ossequiosissimo
[Il vescovo fu così soddisfatto della relazione che aggiunse in calce il seguente commento:] Visto il sopraddetto voto sembra giusto e da attenersi ad esso quando vi sia una nuova interpellanza in proposito per parte dell’autorità civile, fermo il principio che, salvi i riguardi sanitari, la trattazione dei Cimiteri è ecclesiastica. |
Risale a un qualche momento di quell’anno (1862) la benedizione delle campane.
[Notizia ricavata dal resoconto della Visita Pastorale del 1888]
La Congregazione Provinciale tornò alla carica qualche mese dopo (13 gennaio 1863)
N. 169
Pres. 13 Gen 1863 La Congregazione Prov. di Venezia Con sua nota n.2671 del 2 Agosto 1861 Accompagna tutta la Posizione riguardante la questione dei Parrochi
di Musile e Croce sul seppellimento dei cadaveri nel Cimitero appositamente
costrutto per entrambe le Parrocchie, e dice che continuano a seppellire nei
vecchi cimiteri.
|
Fu anche questa lettera morta. Il vescovo aveva così tanti problemi coi canonici disobbedienti della sua cattedrale o cittadini che imporre obbedienza ai più che fedeli curati di campagna gli sembrava inopportuno.
L’ex gesuita Carlo Passaglia aveva nel frattempo raccolto 9000 adesioni tra i preti italiani per pregare il papa di rinunciare al potere temporale. Il vescovo Zinelli nelle istruzioni dirette al suo clero e al suo popolo (Treviso 1863) ribatté alle idee del Passaglia affermando che il potere temporale era condizione necessaria per la libertà del papa e per il suo sostentamento. Avrebbe anche potuto non essere necessario, ma non certamente in quel momento e in quelle condizioni.
Quanto al cimitero di Croce e Musile, la Congregazione Provinciale si rivolse allora all’Imperial Regio Consigliere Aulico perché si rivolgesse al vescovo e lo inducesse a far rispettare il decreto (7 giugno 1864).
CONGREGAZIONE PROVINCIALE
Venezia 7 Giugno 1864 N° 3151 Devesi vivamente interessarla a riscontrare la nota 2 agosto 1862 N.° 2671 con cui la s’invitava a voler interporre la propria Autorità verso i Reverendi Parrochi di Musile e Croce in Distretto di San Donà, nella questione relativa al Cimitero di Musile appositamente costruito per le due Parrocchie. Si compiaccierà far conoscere il risultato delle pratiche che all’effetto avrà attivato, osservandole che riguardi igienici e religiosi assolutamente reclamano la definizione dell’argomento, ed è necessario adattare provvedimenti di urgenza onde ovviare ai disordini che attualmente si riscontrano. L’I R. Consigliere Aulico Delegato Preside
Alla Chiarissima Curia Vescovile di Treviso |
Così rispose il vescovo di Treviso (22 giugno 1864) alla Congregazione Provinciale:
1105 = XII
Culto Pres. 22 Giugno 1864 Congregazione Provinciale N° 3151 p. com. Venezia Interessa perché si riscontri la nota
Si scrive alla Congregazione Provinciale
Non ho risposto prima d’ora all’inoltro fatto da codesta I. R Delegazione provinciale dal giorno 2 Agosto 1862 N.° 2671 rispetto alla vertenza dei cimiteri di Musile perché si ritenea erroneamente, che forse il Consiglio Comunale per qualche cassazione dei rappresentanti i censiti potesse aver desistito dal suo verdetto(?) antecedente senza espresso [senza averlo comunicato espressamente]. Ma ora che cotesta I. R. Delegazione mi eccita a rispondere debbo assoggettare alcuni riflessi i quali saranno poi forse ben apprezzati dalla saggezza di cotesta I. R. Magistratura [da qui in poi il vescovo fece ricopiare al suo segretario tutto quello che gli aveva scritto il vicario foraneo] I Sembrami risultare dagli atti che qualunque volta e la Deputazione Comunale e il Convocato di Musile furono invitati e dirò anche pressati ad approvare la massima della erezione di un cimitero ad uso promiscuo delle due Parrocchie, abbiano opposto sempre un rifiuto pressoché unanime; mentre forse non avrebbero opposto un eguale rifiuto se si fosse trattato dell’ampliamento o della ricostruzione di quello di Musile, il solo di cui il Comune avesse ed abbia tutt’ora reale bisogno. E prova di ciò parrebbe essere la lettera 26 febbraio 1859 N.° 56 di quella Deputazione al Regio Commissariato Distrettuale. II Il cimitero di Croce, ove si eccettui che è posto intorno alla Chiesa Parrocchiale e che il muro di cinta non raggiunge l’altezza prescritta, nel rimanente ha tutte le condizioni perché possa considerarsi a norma, se non rigorosissima, certo comune e pratica di legge. Tale lo dichiarò il medico condotto D. Ciprandi col suo riscontro 24 marzo 1855 n° 18 alla nota Commissariale 7 Marzo N.°1165, colla quale veniva incaricato di visitare i due cimiteri in discorso. È poi chiaro che in tutto ciò che poscia soggiunse, quando opina essere desiderabile che anche queste due Parrocchie s’abbiano un nuovo cimitero, egli pare che esca fuori del terreno pratico e positivo, almeno nei riguardi di quella di Croce; mentre le massime governative, da lui invocate anche in questa, che si chiama epoca di progresso e di civilizzazione sono lungi dal voler imporre ai Censiti spese le quali non siano reclamate da un vero bisogno. III Quello poi di Musile, non solo dai periti, ma da ognuno che lo vegga dev’essere ritenuto incapace per area, anormale pel sito, mal difeso dal muro di cinta il quale è bassissimo, e perciò da prescriversi. IV Ora al bisogno assoluto che ha questa Parrocchia di un cimitero potrà soddisfare il nuovo eretto nella Parrocchia di Croce? Ecco la domanda intorno cui si aggira a mio parere tutta la questione; poiché riguardo alla Parrocchia di Croce il vecchio che possiede, anche coi suoi piccoli inconvenienti, è preferibile al nuovo per le condizioni del terreno. Il nuovo infatti è posto in sito molto basso, in cui per confessione dello stesso R. medico Provinciale, come da suo rapporto 12 aprile 1841 n° 114, alla profondità di quattro piedi s’incontrò l’acqua sortumosa. Io non so in quale stagione sia stato fatto lo scandaglio, ma temo assai che, in onta al lieve rialzo di terra praticatovi, almeno per nove mesi dell’anno si avrà lo stesso risultato a una profondità forse minore. So che verificandosi, ne verrebbe, che essendo prescritta per le fosse in cui si depongono i cadaveri la profondità di un metro ed otto palmi, cioè piedi cinque, si dovrebbe acconciarsi a riporli pressoché tutti nell’acqua. È inoltre distante più di un miglio dalla Chiesa di Musile e dal circondario della Parrocchia di Croce. Da ultimo sono da prendersi in considerazione i motivi addotti dal Parroco di Musile nel suo rapporto 30 gennaio 1859 intorno ai quali io mi asterrò dal pronunciar giudizio limitandomi a trascrivere quello che su di essi ebbe ad esprimere, interpellata in proposito dal Regio Commissario Distrettuale, quella Deputazione Comunale nel suo riscontro 26 Febbraio 1859 N.° 56. Il ricorso del Parroco, è non meno veritiero che giusto in tutta la sua estensione; e tanto se ne mostrò penetrata che giunse fino a proporre l’erezione d’altro legale cimitero a compatibile distanza dalla Chiesa Parrocchiale di Musile e sempre nel perimetro della stessa Parrocchia. V Se non che i Censiti raccolti in Comizio il 25 agosto 1860 per pronunciarsi e deliberare su questo progetto della erezione di un nuovo cimitero per Musile opinarono che l’Autorità Superiore debba insistere perché venga posto in attività per entrambe le Parrocchie il Cimitero già costruito e benedetto. Senza notare che il maggior numero degli astanti poteva appartenere a parrocchie diverse da quelle di Musile e Croce, e che non avrebbe avuto in questo affare altro sentimento a cui principalmente inspirarsi che quello della economia, gioverà, per apprezzare al giusto questa decisione, esaminare le premesse alle quali la vollero essi appoggiata. Le premesse, quali si leggono nello stralcio del processo verbale di seduta del Convocato suddetto furono queste: I.° che dissenziente il Comune fu eretto il nuovo cimitero promiscuo e che ora si è già a questo scopo estradata una somma rilevante per cui non è ammissibile l’aggiungere altra spesa. Segno adunque è che non si sarebbero probabilmente opposti in origine alla erezione di un cimitero esclusivamente per Musile che era ed è attualmente la sola Parrocchia che ne ha vero bisogno. II° Che le relazioni dei MM. RR Parochi non sono tali da meritare riguardo in quantoche nessuno adduce motivi attendibili. L’asserzione è gratuita, e la Deputazione Comunale come ho detto di sopra, mostrò di giudicare ben diversamente. Del resto è chiaro che con queste premesse i membri del Comizio riconoscono e confessano la inopportunità, almeno indirettamente, del nuovo cimitero; sebbene in pari tempo insistono per essere dispensati dal sostenere nuove spese. Io quindi interesserei vivamente cotesta I. R. Congregazione Provinciale a determinare che il Comune abbia per una sola volta a sottostare ad un lieve sagrifizio pecuniario colla erezione di un nuovo Cimitero a Musile, mentre altrimenti dovrebbero sottostare Parrochi ed abitanti le due parrocchie ad un sagrifizio grave e perpetuo e ciò tanto più che il nuovo Cimitero come si disse non sembra avere le condizioni richieste tanto dalla Legge Ecclesiastica come civile. E con questo si ha il pregio di riscontrare la gradita Nota N.° 3158 7 Giugno p.p. e si rilasciano i Comunicati. firmato Federigo Maria Vescovo. |
La Congregazione Provinciale emanò ugualmente la sua ordinanza e don Busnardo comunicò ai parrocchiani che avrebbe dovuto cominciare a seppellire i defunti nel nuovo cimitero. I parrocchiani scrissero al vescovo di non obbligare la parrocchia a un simile passo. Firmarono in 106, la quasi totalità di loro con una croce (4 agosto 1864)
Illustrissimo e Reverendissimo Monsignor Vescovo!
di Treviso Santa Croce di Piave li 4 Agosto 1864 Venuti a cognizione che un’Ordinanza Superiore
Civile determina per l’avvenire la tumulazione nel nuovo cimitero costruito in
questa Parrocchia quasi un miglio e mezzo distante dalla Chiesa, noi tutti capi
famiglia sottoscritti e con noi tutti i parrocchiani col massimo dolore del
nostro cuore proclamiamo essere questa una cosa contraria al buon senso non
solo, ma altresì ad ogni religioso sentimento verso i defunti. Infatti come
potremo noi tollerare in pace che le ceneri dei nostri avi siano separate e
lontane dalle nostre e che i nostri successori recandosi alla Chiesa e
circuendo colle devote processioni il circostante cimitero non preghino pace
sopra di noi come noi facciamo sopra i nostri antenati? Ah Monsignore colle
lacrime agli occhi ci prostriamo davanti a Voi, affinché con quella Autorità
che Iddio vi ha dato a bella posta per difendere la religione e favorire tutto
ciò che è pio e santo, Vi adoperiate presso le Superiorità Civili onde col loro
procedere non vogliano rendere odiose le leggi e amareggiare ingiustamente,
irragionevolmente gli animi nostri.
Che se la Civile Autorità, ciò che noi non crediamo, fosse per costringere che le tumulazioni si facciano in avvenire nel nuovo cimitero; noi capi famiglia anche in nome degl’altri tutti protestiamo unanimi e fermamente che dopo di aver trasportati i cadaveri nel tempio del Signore, e dopo aver pregato pace e requie ai nostri defunti non ci presteremo nessuno affatto e per nessun patto al trasporto dei suddetti nel nuovo cimitero; e saremo spettatori dolorosissimi della poca religione e diremo anzi crudeltà di coloro che collo strazio del nostro cuore avranno il coraggio di rapire i cadaveri ed allontanarli dalle nostre lacrime, dai nostri occhi dal nostro cuore. Intanto riposiamo tranquilli nella piena certezza che ciò non sarà mai per avverarsi mercè la validissima protezione di V. S. Ill.ma e Reverend.ma che nella sua profonda pietà saprà dare sotto ogni riguardo il giusto peso ad una cosa di massima ed essenziale importanza qual è l'oggetto della presente nostra supplica; e devoti imploriamo dalla Bontà di V. S. Ill.ma e Reverend.ma sopra di noi e sopra i nostri figli la santa Benedizione. Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima
|
Ma la Congregazione Provinciale di Venezia non accettò le ragioni del rifiuto dei parroci e il 19 agosto 1864 inviò una lettera al Commissariato Distrettuale di San Donà, e in copia ai due parroci.
Congregazione Provinciale
di Venezia Venezia 19 Agosto 1864 N° 4330 All’I. R. Commissariato Distrettuale di S. Donà. Presi in esame gli
atti relativi al nuovo cimitero che venne eretto ad uso promiscuo delle due
Parrocchie di Musile e Croce in Comune di Musile del quale rifiutano quei
Reverendi Parrochi di valersene accampando la sua distanza, e la inopportunità
del sito, e del terreno. Considerandosi che da vari anni era stata comprovata la necessità ed urgenza di un nuovo cimitero, essendo gli attuali incompatibili siccome contrari ai Regolamenti, trovandosi nel centro del rispettivo abitato presso la chiesa, mancanti di spazio, esposti soverchiamente ed in grave disordine per cui venne esso costruito. Considerandosi che se il Convocato generale degli Estimati ripetutamente avversò il progetto della sua costruzione, ciò fece unicamente per riguardi economici calcolando il grave dispendio come emerse dai relativi estratti di seduta, e non mai per riguardo alla massima della sua promiscuità o per la scelta del sito, come vorrebbesi dagli opponenti Parrochi. Considerandosi che la distanza del nuovo cimitero dalle due Chiese Parrocchiali, essendo rispetto a quella di Musile di un miglio e mezzo e minore rispetto all'altra di Croce, non si appalesa soverchia, ove si rifletta che per legge debbono in ogni modo i Cimiteri essere costruiti fuori dell’abitato, e si rifletta ancora che nella loro costruzione altreché aversi riguardo alle convenienze della rispettiva Parrocchia devonsi pure aver a calcolo le altre circostanze locali, e conciliare eziandio le convenienze del Comune che è chiamato a sostenere la spesa. Considerandosi che trattasi di due Parrocchie nelle quali il rispettivo numero di seppellimenti è in via media di 30 all’anno per cui proporzionalmente ben limitato risulta il numero dei morti alla estremità delle Parrocchie poco popolate, e quindi di non soverchio peso, perché raro il loro trasporto provvedute come sono anche le due chiese della cella mortuaria. Considerandosi che il Cimitero di nuova costruzione fu riscontrato sotto ogni aspetto conforme ai veglianti Regolamenti anche nell'ultimo Commissariale sopra luogo 3 agosto corrente, fattosi appositamente, ed in via definitiva praticare, essendosi per altro verificato coi debiti assaggi prestarsi perfettamente alle tumulazioni la natura del terreno, cotalché cadrebbero affatto le eccezioni mosse dagli oppositori anche su questo rapporto. Considerandosi infine che venne il cimitero costruito perché abbia a servire ad uso promiscuo delle due Parrocchie, che il Comune sostenne per questo suo grave sacrificio, avendo all’uopo dispendiata la somma di circa austriache 8/m che la legale rappresentanza di esso giustamente intende che a tal fine debba essere usato senza riguardo alle opposizioni dei Reverendi Parrochi le quali vengono qualificate troppo deboli ed improntate di uno spirito di esagerazione. Il Provinciale Collegio tutto ciò considerato ed avuto riguardo alle rappresentanze della Deputazione Comunale di Musile, e di codesto I. R. Commissariato Distrettuale cui da ultimo il rapporto 6 maggio 1862 n.° 4265 nonché ai voti dell'I. R Medico Provinciale non trova di obbligare e nemmeno di consiliare il suddetto Comune di Musile alla costruzione di nuovi cimiteri, ed alla riduzione degli attuali fuori di legge imponendogli nuovi sacrifici che non sono reclamati né da necessità, né da convenienza, ritenendo per l’uso promiscuo delle medesime l’attuale appositamente costruitovi sotto l’osservanza di tutte le vigenti prescrizioni. Ciò per la parte economica di attribuzione della scrivente; in quanto poi l’argomento sia per involgere ulteriormente i riguardi di pubblica igiene, e di Polizia, codesto Ufficio provocherà gli opportuni provvedimenti dalla competente I. R Delegazione Provinciale. Si ritornino tutti gli atti. Per l’I. R. Consigliere Aulico Delegato Preside
...... |
Il 26 agosto l’Agente Comunale, a nome della Deputazione Comunale, notificò ai parroci di Musile e Croce i nuovi obblighi:
N° 430
In copia ai MM. RR. Parrochi di Musile e Croce, perché dal ben ragionato Decreto Congregatizio ne apprendano la necessità di tosto usarne del nuovo Cimitero pella tumulazione dei cadaveri, assegnandosi per l’incominciamento del seppellimento il giorno 8 settembre p.v. , così inteso che in detto giorno deve assolutamente cessare l’abusivo seppellimento negli attuali illegali cimiteri, sotto l’osservanza delle vigenti prescrizioni. Musile li 26 Agosto 1864 I° Antonio Prina II° Burrovich de Smajevich III.° Candido del Negro L’Agente Comunale
|
Don Busnardo scrisse al vescovo (31 agosto):
All’Illustrissimo e Reverendissimo Monsignor Vescovo di Treviso
Spedisce il
sottoscritto parroco a V. S. Illustrissima e Reverendissima il Delegatizio
Decreto n° 4330 19 agosto 1864 riguardante il nuovo cimitero di Croce di Piave,
perché ne faccia tutte le giuste osservazioni, ed opposizioni a tenore delle
leggi canoniche, e ne dia a tempo opportuno corso. Il sottoscritto in tutto e
per tutto dipenderà dal Suo Vescovato Superiore, né mai porrà in esecuzione il nuovo
cimitero se prima non avrà istruzioni da V. S. Illustrissima e Reverendissima
da cui devono derivare, ritenendo sempre però di non aver bisogno del nuovo
cimitero essendo leggalissimo il vecchio; né mai la Parrocchia di Santa Croce
sarà per aggravare il Comune di Musile per conto del cimitero essendo l’attuale
fornito di tutti gli estremi richiesti dalle leggi civili, tanto per area,
quanto per capacità, quanto per igiene pubblica essendo lontano dal centro
dell’abitato.
|
L’ 8 settembre 1864 i Deputati dichiararono che non avrebbero costretto i parroci a seppellire nel nuovo cimitero:
All’Illustrissima e Reverendissima Curia Vescovile di Treviso
Dalla scrivente [si intende la Deputazione comunale, ndA] non sarà presa alcuna misura coattiva per obbligare questi MM. RR. Parrochi al seppellimento dei cadaveri che era decretato l’incominciamento pel giorno d’oggi nel nuovo Cimitero, in seguito alla decisione dell’Inclita Congregazione Provinciale. In quanto poi ai riguardi di Polizia si farà ottenendo le risoluzioni dell’I.R. Delegazione Provinciale provocate con rapporto 5 corrente N.° 430 in seguito anche ad istanza di questo M. R. parroco di Musile. Tanto ad evasione della inventa nota N.° 1546 del 6 corrente di codesta Illustrissima e Reverendissima Curia Vescovile. I Deputati
|
Finalmente anche il parroco di Musile, Giovan Battista Madrassi, si accorse che sarebbe stato opportuno scrivere alla Curia vescovile di Treviso. L’8 settembre 1864 scrisse:
Alla Illustrissima e Reverendissima Curia Vescovile di
Giunse a quest’uff. Parrocchiale il Decreto dell’Inclita Congregazione Provinciale di Venezia 19 agosto decorso N.° 4330 con accompagnatosi a di questa Comunale Deputazione con cui viene espresso l’ordine definitivo di attivare il cimitero di nuova costruzione dichiarando deboli ed improntate di spirito di esagerazione le opposizioni dei Parrochi reclamanti, come dall’allegato suddetto Decreto. L’umile scrivente però alle Congregatizie considerazioni si permette di osservare ch’egli non si è mai opposto alla erezione di un nuovo cimitero che potrebbe dirsi reclamato per quella Parrocchia di Musile quantunque il vecchio che contorna la Chiesa sia stato fin’ora bastevole al turno decennale del seppellimento dei cadaveri. Si è sempre opposto non per capriccio, né per obbligare il Comune a sostenere la spesa significativa di molti cimiteri in cambio di uno solo, ma per far comprendere all’Autorità tuttavia che la promisquità d’un cimitero valevole in via eccezionale per due Parrocchie concentrate e vicine, non è applicabile alle due parrocchie di Musile e di Croce per avere questa di Musile esorbitanti distanze senza aggiungere l’altra d’un miglio e mezzo per accompagnare i cadaveri dalla Chiesa alla fossa mortuaria. Il miglio e mezzo che risulta dalle misure dall’ingegnere delegatizio 3 agosto pp non è cosa futile né ha l’impronta di esagerazione; i cadaveri spesse volte fetenti nel lungo trasporto neppure l’opposizione ben naturale del popolo nemmeno, e nemmeno ancora l’ingiusta e dolorosa lotta che l’autorità tuttavia costringerebbe il parroco a soffrire con le famiglie dei morti, quando dovrebbe rifiutarsi di accordare l’accompagnamento dei cadaveri fino al nuovo cimitero, dopo di aver sudato nel facchinaggio di accompagnarli dalla casa alla Chiesa, e ciò non per esagerazione, ma per impotenza. Né v'ha esagerazione il dire che in questa parrocchia non si muove un cadavere per quanto lontano egli sia se un prete non si reca a levarlo fin nella casa dove ebbe a morire. Hanno il bel dire la Deputazione e il signor Commissariato e il signor medico provinciale all’Inclita Congregazione della provincia che non si appalesa soverchia la distanza, oltre che pochi sarebbero i casi di lontano trasporto; ma per un solo sopraluogo praticato dalle sullodate cariche nel giorno 3 pp. agosto, benché il punto di partenza da questa Chiesa si è dovuto provvedere di convenienti vetture non consentendo esse di passeggiare per tre miglia tra andata e ritorno, sebbene all’uopo fossero sulle ore mattutine. Se tutti i cadaveri venissero portati alla Chiesa senza che alcun sacerdote gli accompagnasse sarebbe forse futile ed esagerato il lamento di quel sacerdote che si dovesse poscia recare dalla Chiesa al nuovo cimitero circa trenta volte all’anno? Altro sarebbe fare la passeggiata ad ora piacevole ed a proprio talento, ed altro è farla sotto la sferza del sole d’estate, o sotto la pioggia o la burrasca d’autunno, o nel crudo vento d’inverno. Se il sacrificio fosse per un anno solo pazienza: esso sarebbe perpetuo e quindi impostabile, anche perché il parroco non ha sempre quarantanove anni posto in quest’arie poco salubri dove se non vi fosse l’immigrazione il popolo andrebbe decrescendo di anno in anno come risulta dal Registro dei morti i quali anche al giorno d’oggi superano di cinque il numero dei nati. La camera mortuaria aderente alla Chiesa può giovare per i cadaveri che muoiono d’inverno, non però per quelli che muoiono nel caldo dei quali nemmeno uno dei più lontani giunge alla Chiesa che non sia quasi putrefatto. Né è di piccolo conto l’osservazione, riguardo al generale malcontento della popolazione, che il detto cimitero si interna ad un buon miglio oltre il confini di Musile nella Parrocchia di Croce. Le tornate degli ultimi Convocati composte di membri tutti estranei a questa parrocchia, e i presenti Deputati i quali, ad eccezione d’uno che nulla può, abitano fuori di Comune, insistono pella attivazione del nuovo cimitero, perché ad essi, salvo il loro interesse nulla importa né dei cadaveri fetenti che feriscono la pubblica igiene, né degli inconvenienti che possono succedere nella Parrocchia di Musile, né dei sacerdoti che vi si trovano in cura d’anime; ma se la eccelsa Congregazione Provinciale avesse badato alla lettera della Deputazione Comunale del 26 febbraio 1859 N.° 56 sarebbe venuta alla scoperta del voto non solo dei savi Deputati d’allora che abitano in Comune, ma di quello ancora della reclamante popolazione contro un disordine di tal fatta, in base della quale veniva inoltrata quella lettera a questo Commissariato Distrettuale. Inoltre lo scrivente non ha mai inteso che il Comune si sobbarchi a spese esorbitanti pella erezione d’un piccolo cimitero nella parrocchia di Musile: assegni il comune un pezzo di fondo in prossimità alla Chiesa che abbia però la legale distanza dall’abitato, ma non d’un miglio e mezzo, o di un miglio fuori dei confini di questa parrocchia, e la popolazione s’impegna senza l’intervento dei vostri Censiti di cingerlo di tavole all’interno, il qual caso riuscirebbe nuovo in questo Distretto. L’umile sottoscritto prega codesta Ill.ma e Rev.ma Curia Vescovile di patrocinare quest’ultimo ricorso e d’innalzarlo alla Eccelsa I. R. Luogotenenza Lombardo Veneta pella sua innappellabile decisione. Dall’ufficio Parrocchiale di S. Donato di Musile
Obbedientissimo Parroco
|
Ma lo stesso giorno (8 settembre 1864) il vescovo Zinelli già stava scrivendo al cav. Piombazzi, I. R. Consigliere Aulico, attuale Delegato della Provincia di Venezia:
Culto 1592
Si scrive all’I. R. Delegato Provinciale
I. R. Nob. Conte Delegato Io mi rivolgo a Lei Nobile Signor Conte Delegato
fiducioso nella sperimentata sua saggezza per un oggetto interessante la quiete
pubblica nella Parrocchia di Croce di Piave.
Augurando a Lei, Nobile Signore, ogni più eletta
benedizione le riprotesto i sensi delle più alta stima e considerazione.
Al Nobile Signor Cavaliere Antonio Di Piombazzi
|
Il Cavalier Piombazzi, I. R. Consigliere Aulico, rispose al vescovo di Treviso:
All’Illustrissimo Monsignore
Reverendissimo Vescovo Nobile Federico Zinelli Treviso 1378 Nota L’argomento
della costruzione di un Cimitero ad uso promiscuo delle due Parrocchie di
Musile e Croce in Distretto di San Donà, non è cosa che sia stata trattata
superficialmente dalle Autorità competenti, ma ben ponderata sotto tutti i
riguardi come si può bene desumere dal Decreto 16 agosto 1864 N.° 4330 di questa
Provinciale Congregazione che in copia mi pregio di accompagnarle.
L’I. R. Consigliere Aulico
|
L’8 dicembre Pio IX pubblicò il Sillabo (un elenco di 80 proposizioni riguardanti gli errori del tempo tra i quali la non necessità del potere temporale, e in blocco il liberalismo) e l’enciclica Quanta Cura. Il vescovo Zinelli prese posizione con una Lettera pastorale con cui accompagna[va] l’enciclica Quanta Cura con osservazioni su ciascun errore condannato. Tutto preso dalla sua lettera, nulla il vescovo doveva ancor aver imposto ai suoi due parroci se il 16 maggio 1865 il Cavalier Piombazzi, I. R. Consigliere Aulico, di nuovo scriveva gli scriveva:
IMPERIALE REGIA
Venezia li 16 Maggio 1865 N.° 5303/665 L’I. R. Commissariato Distrettuale di S. Donà sollecitando per urgenti motivi sanitari le decisioni in quanto al Cimitero di Musile e Croce in quel Distretto come dall’unito Rapporto 1941. 7 andante; io prego la compiacenza di V. S. Illustrissima e Reverendissima di farmi conoscere le risultanze delle pratiche intraprese in seguito al foglio 10400, -1378 17 8bre a p. col ritorno di tutti gli atti accompagnati col foglio stesso. L’I. R Consigliere Aulico Delegato Provinciale
All’Illustrissimo e Reverendissimo
|
Così gli rispose il vescovo (non c’è data sulla minuta della lettera che in diversi punti risulta illeggibile):
Nobile Signor Cavalier Delegato
Siccome la Curia Vescovile ebbe altre volte sotto
il mio Predecessore ad incaricare per la benedizione del Cimitero nuovo che si
vorrebbe far servire alle Parrocchie di Musile e di Croce, così io non vorrei
certamente fare opposizione a quanto altro e altrui(?) fu indirettamente
approvato dall’Autorità ecclesiastica. Se non che non posso non rivolgere
l’attenzione dell’ottimo Cavaliere ad una pratica che molte volte ha luogo
rispetto ai Cimiteri e che è in seguito fonte di dissapori e di discrepanze.
Alcune volte si avanzano le trattative pei cimiteri ... ... è stabilito prima che
sia interpellata l’autorità ecclesiastica a cui invece l’argomento ... appartiene
e con ciò l’autorità ecclesiastica pe... ben ... di .... e la pace è nella necessità
di assentire a divisamenti ... dovuto solo ...
|
Ma il cavalier Piombazzi non demordeva. Il 14 giugno 1865 di nuovo egli scrisse al vescovo:
IMPERIALE REGIA
Venezia li 14 Giugno 1865 N.° 6081/775 I Reverendi Parrochi di
Musile e Croce insistono nella loro opposizione per attivare i seppellimenti
nel nuovo Cimitero eretto per l’uso promiscuo delle stesse parrocchie non
adducendo alcuna circostanza da poter infirmare l’esecuzione di quanto venne
disposto dalla Congregazione Provinciale col decreto 4330 16 agosto 1864
quest’I. R. Delegazione deve pur essa riportarsi a quanto venne determinato col
Decreto stesso.
Alla suddetta lettera era allegata una Nota ! In relazione alla pregiata nota 3 corrente N.° 988 mi onoro di accompagnare a Mons. Ill.mo e Rev.mo Vescovo copia dell’Ordinanza di quest’I. R. Delegazione Provinciale che sotto pari data e numero viene diretta all’I. R. Commissariato Distrettuale di San Donà circa il nuovo cimitero promiscuo delle Parrocchie di Musile e Croce, pregando V. S. Rev.ma di voler ordinare ai Rev.di parrochi di prestarvi la dovuta esecuzione. L’I. R. Consigliere Aulico Delegato Provinciale
A Monsignore Reverendissimo Vescovo
|
Il 21 giugno 1865 il vescovo Zinelli richiamò i parroci a non continuare a seppellire i morti attorno alla chiesa:
Molto reverendo signor Parroco di Croce Le sarà stato comunicato forse a quest’ora dall’I. R. Commissario che la I. R. Delegazione di Venezia insiste nel volere che cessi il seppellimento nei due Cimiteri di Musile e di Croce ed abbia invece al primo caso di morte ad attivarsi il seppellimento nel nuovo Cimitero. Siccome il nuovo cimitero era già stato approvato anche da questa Curia sotto il mio Predecessore, così non mi fu possibile di assumere un’assoluta opposizione, trattandosi di affare compiuto. Non ho mancato per altro di presentare nel miglior modo possibile. [frase cancellata e corretta ma illeggibile] Ora tornate inutili le pratiche da me adoperate, mi interessa assai che cessi qualunque ulteriore opposizione da parte dei molto Reverendi Parrochi; opposizione la quale potrebbe essere interpretata in senso finito, quasicché i Parrochi si facessero promotori di inquietudini nella popolazione, invece di adoperare il loro sano ministero per inculcare il rispetto agli ordini dell’Autorità. Conosco abbastanza di quanta prudenza sia Ella dotata, e perciò non dubito non solo che abbia da usare qualunque parola la quale possa essere giustamente tacciata, ma anzi son certo che colle persone le più acconcie saprà prevenire qualunque dissidio onde in ogni tempo si possa testimoniare essersi adoperata tutta la sua influenza per persuadere i suoi parrocchiani ad a… alle prese determinazioni, e sempre in modo che ciascuna parola possa essere tirata a sfregio verso nessuna autorità o persona di qualunque grado essa sia. Pieno di fiducia che Ella si uniformi a questa esortazione Le do la Pastorale Benedizione. |
Il 26 giugno 1865 don Busnardo rispose al vescovo:
Illustrissimo e Reverendissimo Monsignor Vescovo In base alla nota di V. S. Illustrissima e Reverendissima del 21 Giugno corrente N.° 1071 ed in conformità alla comunicata nota Delegatizia 14 corrente N.° 6081/ 775 il sottoscritto in tutto e per tutto è disposto e pronto ad obbedire a quanto viene ordinato pel seppellimento dei cadaveri nel nuovo e promiscuo cimitero pelle due parrocchie di Musile e Croce, anzi ier sera 25 corrente in unione alla Deputazione Comunale di Musile il sottoscritto, ed il Parroco di Musile hanno stabilito per l’esecuzione della tumulazione dei cadaveri in detto cimitero al primo caso di morte. Il sottoscritto però interpellato dalla Deputazione Comunale se avesse niente da osservare e da eccettuare; coi modi dovuti ha fatto due giuste osservazioni, che furono valutate a giusto peso dalla Deputazione stessa: I.° Che essendo grande la distanza dalla chiesa al nuovo cimitero non si può impegnare pel trasporto dei cadaveri, e che quindi la Deputazione a peso del Comune pensi di stabilire il modo pel detto trasporto. La Deputazione si assunse tal peso a suo carico. 2.° La Deputazione si assunse il carico pell’escavazione delle fosse. In quanto poi di accompagnare i cadaveri al nuovo cimitero essendo cosa tutta ecclesiastica e non prescrivendo niente la legge civile, così non venne stabilito nulla dall’autorità civile, che non poteva anche se l’avesse preteso; il sottoscritto per altro conoscendo la cattivissima impressione che produrrebbe nella sua buona popolazione tal mancanza, ad onta che in molte circostanze sarebbe e per la distanza, e per l’inclemenza delle stagioni compatito, pensa di accompagnare toties quoties nemine excepto i cadaveri alla tomba perché cristianamente siano seppelliti, se così piace anche a V. S. Illustrissima e Reverendissima? Il sottoscritto poi nella seduta di ieri ha creduto bene per non dar sospetti di avversione di tacere una cosa che potrebbe però essere di molto peso, di cioè combinare col suo Molto Reverendo Confratello di Musile che venisse destinata una parte del cimitero per Croce e una pei morti di Musile, e di ciò prega la saggezza, bontà, e circospezione di V. S. Illustrissima e Reverendissima a volerlo stabilire, o meglio dire ordinare ad ambedue i parrochi pei motivi inerenti(?) l’animo di V. S. Illustrissima e Reverendissima onde così viemeglio togliere qualche mal’umore che potrebbe per ciò insorgere nelle popolazioni Certo il sottoscritto che V. S. Illustrissima e Reverendissima vorrà esser compiacente a quanto Le venne esposto, nell’atto che rispettosamente Le bacia le sacre mani si protesta di comportarsi con tutta prudenza in cosa di somma importanza, e si dichiara dev…
Santa Croce di Piave di Piave
Di Vostra. Signoria Illustrissima e Reverendissima
Ai M…
|
Alla fine i parroci di Croce e di Musile si rassegnarono alle volontà superiori. Nel libro dei morti di Croce in data “Li 27 agosto 1865” al n.° 16 si legge:
“Luigia Bennaguci Collauto di qui, di anni 24,
morì per miliara [= tubercolosi]
li 25 agosto 1865 ore 6 pomeridiane e fu sepolta li 27 ore 6 pomeridiane ricevuti li SS.mi Sacramenti
e tutti i conforti della cattolica religione. Fu sepolta nel nuovo cimitero per la prima,
in base alla definitiva ordinanza dell’Imperiale Regia Delegazione Provinciale di Venezia
n.° 6081-775 del 14.06.1865 ed a tenore pure dell’ordinanza Vescovile n.° 1071 del 21.06.1865
con la destinazione che i morti di Croce venissero seppelliti nella parte destra e quelli di Musile
nella sinistra, ciò che venne eseguito. Il nuovo cimitero fu eretto nel 1855 contro il voto comune
dei censiti per pura volontà delle Superiori Autorità. Restò sospeso per le reiterate ragionevoli
opposizioni non solo dei Parroci ma per sentimento dei stessi parrocchiani e per le dimostrazioni
giuste del Vescovo Zinelli fino all’anno precedente. Ma Mons. Antonio Farina già Vescovo di Treviso,
non avuto conoscenza delle distanze del nuovo cimitero dalle due parrocchie, ne ordinava la benedizione,
atto che importava in faccia alle civili autorità la sanzione ecclesiastica e si ordinò l’esecuzione come sopra.
Don Sebastiano Busnardo”.
L’ordinanza venne
eseguita, salvo qualche eccezione di seppellimento nel cimitero parrocchiale.
Ma non erano difficoltà
campate in aria quelle descritte dai parrocchiani e dal loro parroco; presto si impose
la necessità di provvedere a due cimiteri distinti e più vicini alla chiese, in
particolare per Musile. Già nel 1865 cominciarono le trafile burocratiche
per la costruzione d’un nuovo cimitero
poco distante alla chiesa, su di un terreno donato dal conte Prina.
Per una trattazione completa dell’argomento vedi
CARLO DARIOL - Storia di Croce Vol. I - IL PAESE DELL'INVENZIONE
dalle origini all’arrivo di Don Natale (1897), Edizioni del Cubo
![]() ![]() ![]() |