IL ROSONE DI SASSI
Sassi, vinavil e cartone: queste cose da poco hanno la magia di far lavorare tutti,
sotto l’urgenza della creatività. In classe quinta il lavoro ebbe il suo posto d'onore.
Un giorno entrò in classe il papà di Alex e vedendoli occupatissimi a fare le loro cose,
disse: Così si abituano a lavorare insieme per il domani, quando dovranno continuare
a lavorare insieme. (...) Aldo, un bel ragazzo rosso di capelli con le mani d'oro,
dice di aver visto nel ripostiglio della scuola, un metro quadrato di compensato.
- Chiedi alla bidella se te lo può dare.
Dopo un attimo ritorna.
- Ecco qua, ci possiamo fare qualcosa.
- E cosa?
Invito tutti ad esprimere le loro idee. [Alla fine si opta per un rosone.] - Facciamo un cerchio con i sassi di tutte le misure.
- Come noi che siamo così diversi. Sarà la nostra fotografia.
- Siccome il cerchio è grande, vi sta dentro tutta l'umanità.
- Per forza, ha il raggio di mezzo metro!
L’idea è accettata. Tutti lavorano. Le bambine a turno portano i sassi e li portano ad Aldo. Intanto Aldo in un batter d'occhio segna la circonferenza, poi il centro. - Ho bisogno di un bel sasso, perfettamente rotondo, domanda Aldo. - Per che fare?
- Per metterla al centro, è Dio.
- E attorno ci siamo tutti noi.
A turno vi lavorano tutti, qualche ora al giorno in un crescendo di interesse
e di soddisfazione. Alla fine il rosone è finito. (...)
La foto ricordo di ciascuno avrà per sfondo il bei rosone.
(ne mancano tre)
Questo rosone di sassi divenne per gli allievi un pretesto per saltare diverse lezioni di
aritmetica. La Lisa chiedeva: «Volete fare aritmetica o lavorare al rosone di sassi? » La risposta
era sempre scontata: «Il rosone di sassiiiiiii... » Del resto a Lisa l’aritmetica piaceva
quanto alla maggioranza dei suoi allievi. Poco.
Di seguito è la poesia con cui si congedò da loro:
CIAO, CARI PUTEI
Mi son maestra de vintizinque putei,
tuti sani, tuti bei
Ghe n’ho de mori, de biondi, de rossi
e tuti sé stati promossi
I sa a storia, e scienze, la geografia,
i conti, a reigion, a poesia
i é bravi in disegno, i lavora sul rame, sul legno, e co i canta
i par che i sia quaranta.
Ve ricordé che tremarioea
el primo giorno de scuoea?
Ieressi vestìi de bianco
co a cartèa a fianco,
nèti, petenài,
coi oci spiritài.
Dopo un fià uno, sentà sul pavimento
come un monumento, ’l ha divorà un pero intiero.
N’altro l’ha ciapà a porta
senza che me ne fusse acorta.
Una pianzéa, n’altra de scondion
’a se netéa e man sul traveson.
Da chel giorno v’ho vist ogni giorno
par zinque ani, putèi cari,
qua a Crose, a’elementari.
Adess é tut finìo: no’ se pol tornar indrìo.
Ciao Celina, Marina, ciao Raffaele Finoto, Ermes Giroto,
Ciao Maria Antonieta, Corado, Loreta
Ciao Roberto, Silvano, ciao Stefania e Luciano.
Ciao Fabio, Lorella, Alfio e Graziella.
Ciao Aldo, Tiziana, Alex, Luana.
Ciao Vallì Casonato e Stefano Rubinato.
Ciao Enzo e Adriano Lessi,
no’ v’ho dat né onori né bessi
ma v’ho insegnà, cari putèi,
de aiutarve come fradèi.
De amar lo studio, de amar el Signor
e tuti v’ho tegnù dentro el me cuor.
Scusé se qualche volta ho alzà ’a vose,
jeressi sì a me gioia,ma anca a me crose...
Andé putèe, andé putèi, boni e bèi, andé vanti
Studié e lavoré: mi, a vostra maestra,
ve vardarò da sta finestra
e ve speto
augurandove ogni ben co tanto afeto.
30 giugno 1972
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