HISTORIA de CROSE
dal 1970 al 1987



Don Primo Zanatta, nuovo parroco

Il 7 ottobre 1970 il vescovo Mistrorigo nominò parroco di Croce don Primo Zanatta.
Aveva quarantadue anni, essendo nato il 7 settembre 1928 a Porcellengo di Paese, in provincia di Treviso (vedi biografia di don Primo); ordinato sacerdote il 20 luglio 1954, aveva svolto il suo primo mandato a Sant’Alberto di Zero Branco dov’era rimasto nove anni, quindi era passato nella parrocchia di Fiera (1963-’66) e poi come cappellano nella parrocchia di Sant’Angelo-Santa Maria del Sile di Treviso (1966-’68), contemporaneamente prestando la sua opera di insegnante nel seminario diocesano.
Dal I° ottobre 1968 al 7 marzo 1970 era stato vicario a Dosson di Casier, continuando a insegnare in Seminario e presso i Padri Sacramentini di Casier; infine, in attesa di destinazione, aveva sostituito il parroco malato della parrocchia di Pezzan di Carbonera ed era stato al CIF di Lignano.
Giunto a Croce, don Primo s’installò provvisoriamente nella canonica vecchia, sistemandosi alla bell’e meglio. Il 25 ottobre 1970 fece il suo solenne ingresso in Parrocchia (vedi foto a destra), cerimonia preparata dal vicario don Nonio Scandiuzzi.
Don Primo racconta nel suo libro che “ritenne di non dover pensare subito alle comodità di una nuova canonica” (notizia riportata a pag. 125 e ripetuta a pag. 174) perché “la sua prima preoccupazione fu quella di conoscere le famiglie e di entrare nella pastorale comunitaria senza nulla cambiare di quanto già si faceva” (p. 125).
“Ma intervenne la Curia notificando che i lavori dovevano essere eseguiti entro 5 anni per non perdere il contributo statale. Fu convocata l’assemblea parrocchiale, la quale deliberò di raccogliere la somma necessaria da privati sotto forma di prestito da restituire al ricevimento del contributo. E così la nuova canonica divenne finalmente realtà” (p. 174). Il “finalmente” della cronaca di don Primo, rivela più di quanto non neghi, tenendo conto che il 10 ottobre, cioè a meno di dieci mesi dall’assemblea parrocchiale, fu inaugurata la nuova canonica.
Nella foto ufficiale dell’evento che ritrae nell’ordine il vigile Sante Marson, il factotum amministrativo della parrocchia Valentino Dariol, il vigile ..., il presidente dell’Azione Cattolica Cesare Davanzo, ..., Aldo Sgnaolin, don Primo, il sindaco ‘Uido’ Lorenzon col suo famoso pizzetto, e … la faccia del parroco appare meno sorridente ma più rilassata.

Don Primo non fu coadiuvato da alcun cappellano.

Sul finire del ’70 arrivarono i socialisti, con Paolo Franchin (che aveva sposato la Giuseppina Zanin) e i giornali, con la Roberta Pivato: prima li si andava ad acquistare a Fossalta. I giornali, non i socialisti.

Il 3 marzo 1971 morì a Pove di Bassano don Ferruccio, poi sepolto nel cimitero di Castello di Godego nella cappella dei sacerdoti.

Il campo sportivo

All’inizio degli anni Settanta fu costruito il campo sportivo di Croce che fu intitolato a “Paolo VI”. Per l’occasione fu tolto il vespasiano che era vicino all’ingresso al campo sportivo (dove adesso c’è la cucina della sagra). Fu eliminato anche l’altro vespasiano che era davanti al forno. Rimasero le due pompette, una davanti al macellaio Favretto e una vicino al monumento ai caduti: l’acqua di quest’ultima era la migliore per cucinare i fagioli, si diceva, perché sapeva di ferro.

Sempre all’inizio degli anni Settanta, essendo aumentata la popolazione scolastica, le classi furono sistemate nelle aule del Centro sociale. Ce n’erano quattro di aule e quando si completò il ciclo rimaneva scoperta una classe che fu sistemata in canonica vecchia, nel corridoio d’ingresso (nella stanza di don Ferruccio).

Lavori in chiesa

Don Primo, con grande volontà, si mise all’opera per restaurare la sua chiesa, trascurata negli ultimi tempi da don Ferruccio.
Tra le prime cose che fece rifare ci fu il pavimento della chiesa.
La nuova coltre di grandi quadrati marmoree disposti a scacchiera in diagonale ricoprì, al centro della navata, la lapide della tomba dei primi quattro rettori della chiesa che don Primo non si azzardò a sollevare. Per conservarne la memoria fece tuttavia fare da Zanet una piccola lapide di marmo riportante la medesima l’iscrizione, lapide su che fu poi murata sulla parete di sinistra della cappella del sacro Cuore


La nuova lapide, più piccola, murata sulla parete di sinistra della cappella del Sacro Cuore

Alla fine dell’anno scolastico 1971-72 “per mancanza di personale” le suore Orsoline dell’Unione Romana (suor Solidea, suor Elisabetta e suor Maria) lasciarono Croce. Al loro posto, in asilo, giunsero le Suore Francescane di Cristo Re: suor Nazzarena, suor ...

Nei primi anni di parroccato di don Primo Zanatta fu realizzato il mosaico alle spalle del crocifisso, donato dalla Silvia Sgnaolin (le cui iniziali compaiono alla base dello sfondo, scambiate spesso per un incomprensibile omaggio alle truppe di Hitler).

Nel 1972 don Primo cominciò a dare spazio al suo estro editoriale facendo uscire il bollettino parrocchiale “Parrocchia”. La copertina del mensile riportava il contorno di una chiesa stilizzata ed era stampato dalla TAS di San Donà. Censore ecclesiastico ne era monsignor Saretta. Era un bollettino molto curato. Ufficiale. Costoso.

I giovani del T.i.T alla fine dell’estate del 1972 decisero di costituire una società di calcio, iscrivendo una squadra di bambini a un campionato giovanile organizzato dalla F.I.G.C. : era così nato il G.S. (Gruppo Sportivo) Croce. Vennero chiamati a raccolta tutti i ragazzini del paese (classi ’60, ’61 e ’62) e organizzati i primi allenamenti che, se Eros non ricorda male (vedi storia del Calcio Croce), furono condotti da Fabio Cancellier e Mauro Montagner. Fra quei ragazzini c’era (lo dice il suo soprannome) anche “c’Eros” Barbieri: il suo futuro agonistico non sarebbe stato dei più brillanti ma un importante ruolo avrebbe rivestito in seguito nell’attività dirigenziale del Gruppo Sportivo. La prima Società fu presieduta da Walter Biasi, affiancato dai vari Danilo Zanco, Adriano Donadel, Maurizio Scomparin (che da piccolo si era acquistato il temporano soprannome di “Nerone” per aver incidentalmente dato fuoco allo scantinato di casa), Paolo Sgnaolin e Giovanni “Joanin” Rizzetto, oltre ad altri componenti di estrazione sessanT.I.Ttina.
Il T.I.T., pieno di iniziative, pubblicò in quel periodo un giornalino che facesse concorrenza, o meglio, si affiancasse alla “Parrocchia” di don Primo e al “Girasole” delle maestre di Croce. Fu chiamato “Radar” perché intendeva captare le novità del mondo giovanile, ed erano alcuni fogli graffettati in un angolo; produrlo costava meno di quel che costava “Parrocchia” ma, almeno dai giovani, era più letto. La sua uscita rimase saltuaria e non durò molti mesi.

Sempre quell’anno fu costituito il Consiglio Pastorale con 28 membri provenienti dalle 4 zone della parrocchia: Centro, Ca’ Malipiero e Fossetta, Tre Scalini, Argine San Marco.

La conclusione del primo campionato di calcio vide la squadra del Gruppo Sportivo Croce rivestire i panni della cenerentola al campionato cui partecipò, e così sarebbe successo gli anni successivi con le diverse squadre via via formate.

Le iniziative di don Primo volte a coinvolgere i ragazzi del paese nelle attività parrocchiali furono varie e multiformi: il parroco organizzò gite ai santuari dei dintorni, gare in campo sportivo, uscite al mare. La sua energia era inesauribile. Tutto egli promuoveva, documentava, fotografava. Già, perché don Primo aveva una straordinaria passione per la fotografia, passione che consente oggi di avere un ricchissimo archivio fotografico di quegli anni. Le foto scattate da don Primo ai ragazzi nei vari momenti delle attività parrocchiale permettono a ciascuno di conservare memoria anche individuale delle feste e delle imprese di quegli anni.
Don Primo inventò e organizzò il campeggio d’estate - che dura tutt’ora - e in settembre, prima dell’inizio della scuola, il Jolly sera. Il Jolly sera erano una serie di serate nelle quali i ragazzi, divisi in squadre corrispondenti ai quattro rioni del paese, si sfidavano in giochi di abilità e a quiz, inframmezzati da scenette, gag, esibizioni musicali. L’obbiettivo era quello di attrarre la gioventù del paese nell’orbita della parrocchia, coinvolgendola poi nelle attività destinate a durare tutto l’anno.

Visita pastorale del 20 gennaio 1974

Il 20 gennaio 1974 ci fu la seconda visita pastorale del vescovo Mistrorigo, dai documenti della quale emerge che non vi era cappellano e che gli abitanti erano saliti a 2.058 su 438 famiglie. L’anno precedente i nati erano stati 27, i matrimoni 16 e i morti pure 16.
L’Asilo, tenuto dalle Suore Francescane di Cristo Re, ospitava una sessantina di bambini; ed era gestito da un Comitato di genitori. Le suore erano suor Luigina, suor Maria Ester e suor Fidelia Alle tre si aggiungeva suor Cesira che però esercitava il suo ministero a Musile.
Il catechismo per i bambini iniziava con la prima elementare; la prima Eucaristia viene data dopo 2 anni di preparazione all'inizio del terzo anno scolastico. La Cresima viene amministrata dopo 2 anni di preparazione all’inizio delle medie e conclusa alla fine della terza media con la Comunione solenne. I genitori vengono convocati almeno 5 volte all'anno. Accanto al parroco cominciavano ad affiancarsi i catechisti. Una trentina di giovani delle superiori continuava a ritrovarsi sui problemi dell’età e lo studio del Vangelo. Per gli adulti non si è visto altra forma possibile di catechesi oltre a periodici incontri con animatori qualificati su temi di attualità come la famiglia, la società, la formazione personale; un centinaio i partecipanti.
Il Battesimo veniva conferito entro i due mesi, in forma comunitaria una volta al mese, con alcuni incontri di preparazione tenuti dal Parroco. Le Messe domenicali erano 3, tutte al mattino nel periodo invernale e una alla sera nel periodo estivo, più una al sabato sera a Ca’ Malipiero. La frequenza registrava un ulteriore notevole calo: raggiungeva il 30% per uomini e giovani, il 55% per donne e giovani, il 70% per i ragazzi delle medie e l’85% per i bambini delle elementari. Un 10% dei parrocchiani frequenta le sacre funzioni fuori parrocchia. Ai Vesperi partecipava una cinquantina di persone. Le Messe feriali si celebravano il martedì ed il giovedì al mattino (al giovedì in asilo) e gli altri giorni la sera. Talvolta la Messa veniva celebrata nelle varie zone della parrocchia o in cimitero. Ogni mese veniva portata l’Eucaristia agli infermi. Non veniva celebrato nessun matrimonio civile, ma sebbene venissero tutti celebrati in chiesa Don Primo lamentava che prevalesse l’esteriorità della festa sull’interiorità del Sacramento. La preparazione avveniva con incontri in parrocchia.
Era nato un gruppo di sensibilizzazione alla carità per seguire le situazioni problematiche di alcune famiglie e sostenere le giornate diocesane di condivisione missionaria. La gente si faceva più partecipe nei casi pietosi dei compaesani e per i missionari oriundi.
Per quanto riguardava l’economia della parrocchia le offerte ordinarie dei fedeli erano sufficienti per la gestione ordinaria; per i lavori straordinari si faceva appello alle famiglie che venivano convocate, aggiornate, coinvolte. Era stata resa agibile la nuova casa canonica, lasciata al grezzo dal 1970, come pure messo a norma l’impianto termico ed elettrico, e sistemati i finestroni e i serramenti nel ‘Centro Sociale’, che Don Primo tentava di ribattezzare ‘Centro Giovanile’; erano stati rifiniti gli spogliatoi per il campo sportivo e rifatta la pavimentazione della chiesa.
Il vescovo, dopo la visita, scrisse al parroco: “Con animo molto riconoscente ti rinnovo il grazie vivissimo per quanto hai fatto in questi anni e in particolare in occasione della visita pastorale. Che il Signore ti benedica largamente e ti ricompensi con tante tante grazie”.

All’inizio del 1974 nacquero le commissioni per la liturgia, la catechesi e i giovani. Non esisteva l’Azione Cattolica per mancanza di animatori.

Don Primo, che aveva trovato l’idea del tittino “Radar” interessante, secondo il suo carattere decise che si sarebbe potuto far di meglio, ovvero trasformare l’opuscoletto in un giornalino con le pagine che si sfogliavano e la graffetta in centro. “Il raggio” di don Primo cominciò a uscire nel gennaio 1974, con cadenza che fu subito mensile; il nome stava a indicare i raggi delle ruote che mettono in comunicazione il centro con la periferia. Il bollettino si proponeva di far conoscere gli obiettivi e le attività pastorali, gli orari delle celebrazioni e degli incontri comunitari e di riportare i fatti più significativi della vita paesana “leggendoli alla luce del Vangelo”.

Altre suore

Dato che si sapeva che a breve le Orsoline, sempre per mancanza di vocazioni, sarebbero andate via si pose il problema se continuare con l’Asilo Parrocchiale cercando un’altra congregazione disponibile o dare i locali al Comune per l’istituzione di una scuola materna statale. Nella primavera del 1974 per due volte furono convocati i genitori e unanime fu la decisione di continuare con la scuola Materna Parrocchiale, anche se non si sapeva come procedere. Qualche speranza di trovar nuove suore c’era perché in gennaio la Madre Generale delle Suore Francescane di Cristo re, contattate ancora nel luglio 1973 da Don Primo, non aveva escluso la possibilità di aprire una nuova casa a Croce.
Il 30 maggio 1974 l’Assemblea dei Genitori costituì un Comitato di gestione con l’obbiettivo di preparare uno statuto, che l’11 novembre fu legalizzato presso il notaio Bianchini di San Donà. Nelle settimane successive il Comitato di gestione riuscì ad ottenere la disponibilità di una religiosa dalla vicina comunità di Chiesanuova: la Scuola Materna poteva continuare! Il 5 marzo 1975 la Madre Generale assicurò di poter “disporre di due suore diplomate per l’anno scolastico 1975-86”.
Al termine dell’anno scolastico 1974-75 le Orsoline abbandonarono l’Asilo di Croce. Avevano lasciato davvero un buon ricordo: domenica 14 luglio la gente di Croce gremì la chiesa per l’ultimo saluto alle Suore. In settembre, con Madre Maria Ester, arrivarono suor Maria Luigina Bongiolo e suor Maria Ilaria Ceron, Francescane di Cristo Re.

Nel 1975 la Silvia Sgnaolin, la più assidua frequentatrice di messe che la parrocchia abbia mai avuto, volle donare uno sfondo al crocifisso dell’altar maggiore, fino a quel momento appoggiato in maniera nuda al muro un tempo celato dalla pala di Sant’Elena. Il mosaico raffigura un’esplosione di luce. Le iniziali all’angolo in basso a destra non sono un sinistro ricordo nazista ma le iniziali della donatrice.

Alla fine dell’anno scolastico 1975-’76 andarono in pensione due storiche maestre di Croce, la Lisa Davanzo e la Nella Ravajoli e per l’occasione uscì l’ultimo numero de “Il girasole”.

Nel 1976 fu in parte demolita la vecchia canonica e gradualmente restaurata la parte restante negli anni successivi.

Il calcio a Croce

Il G.S. Croce, non più semplicemente una delle attività di animazione del gruppo T.I.T., era diventato nel frattempo una vera e propria società sportiva che stava per raccogliere i risultati migliori della sua esistenza. E grosso merito di quei risultati andava attribuito a Giovanni Rizzetto, meglio conosciuto come “Giovanin”. Con i ragazzi nati tra il 1962 ed il 1964, (Loris Bertocco, Gianluigi Dariol, Fabio Frater, Giampietro Magagnin, Gioni Granzotto…) Giovanin mise in evidenza la sua capacità pedagogica e di perfezionatore tecnico. Già, perfezionatore in quanto egli riuscì a perfezionare in quei ragazzi, già dotati di una certa tecnica, la capacità di essere un collettivo. Dietro di loro, nella categoria degli “Esordienti” guidati da Paolo Sgnaolin e Giorgio Rossetton, stava crescendo un promettente gruppo di ragazzini (classi ’65-’66-’67) che, giunti nella categoria “Giovanissimi”, curata da Giovanin, dettero inizio alla “epopea” di quello che Ceros ama definire “il blocco del 66”, qualcosa di equivalente al “blocco Juve” ai mondiali del ’78 e dell’82, ossia il gruppo di ragazzi che garantì i maggiori fasti della storia del Calcio Croce. Risultato: bel gioco, convocazioni in rappresentative, inviti a provini con società di serie A. Le soddisfazioni di chi, per passione, partecipava a queste organizzazioni, erano tutte lì. Fu veramente un peccato che a Giovanin, per tutto il lavoro svolto, mancò il meritato successo, la vittoria di un campionato che arrivò invece con un altro allenatore. A Giovanin, due anni dopo il suo ritiro dall’attività di allenatore, sarebbe arrivata la soddisfazione di vedere quei ragazzi raggiungere comunque il trionfo, anche se sotto la guida di altri.

(clicca QUI per la pagina monografica)

Nel 1977 arrivò suor Fidelia. Era piuttosto anziana; aveva la passione per i lavoretti di bricolage da mettere in vendita per destinare il ricavato alle missioni. Diede vita al Gruppo Francescano.

Anni di piombo

L’Italia era funestata dalla piaga del brigatismo. L’attentato “al cuore dello Stato” portato da gruppi di varia formazione lasciava dietro di sé una scia quotidiana di gambizzati e di morti.
Il 15 dicembre 1978 Franco Pilla, presidente della Cassa di Risparmio di Venezia, venne gambizzato dai Nuclei combattenti per il comunismo. L’attentato ebbe una eco enorme in paese. Del clima di terrore nazionale anche Croce si sentiva vittima. Il 9 gennaio 1979 contro l’abitazione di Franco Pilla furono anche scagliate due bottiglie incendiarie. Qualche giorno dopo, in una notte di nebbia arrivarono in paese le camionette dei carabinieri che arrestarono Paolo Luisetto, Guerrino Golfetto e Fulvio Ervas. I tre rimasero una giornata in caserma, poi vennero rilasciati, dato che non vi era alcuna prova contro di loro.

Bisogno di evasione

Non tutti erano così impegnati, politicamente come i giovani sunnominati o socialmente come i ragazzi del T.i.t. Il decennio nazionale di discorsi post-sessantottini che aveva alimentato una tensione da guerra civile, a livello parrocchiale si era tradotto in uno scontro continuo e acceso, ma fortunatamente solo verbalmente, tra i T.i.t.tini e i fabrizieri di don Ferruccio.
Don Primo, al suo arrivo, aveva trovato una parrocchia spaccata e andava cercando di tessere rapporti più cordiali con tutti. Incontrava spesso ostilità e critiche che più volte lo lasciarono deluso.

Il riflusso nelle campagne cominciava (col solito ritardo) con lo scimmiottamento della vita delle grandi città: all’impegno si sostituiva il divertimento, ai grandi ideali si sostituivano pensieri più spiccioli, più personali, più intimi.
A San Donà lo stabile dell’Hotel Vienna era stato trasformato nella prima discoteca del Basso Piave, il “Ciao Ciao”. I giovani di Croce tra i quindici e i vent’anni ne fecero uno dei luoghi-cult di ritrovo e divertimento.


Domenica pomeriggio:
Angelo Fasan e Attilio Dianese fanno autostop sull’Argine San Marco (davanti al Casel cioè presso il bar di Angìn Bèo, del quale si vede la Bianchina parcheggiata fuori) per andare al “Ciao Ciao”
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Morte in motorino

Il giorno di Pasqua del 1980, lungo la via del Bosco, morì col suo motorino Ernesto De Faveri. La tragedia era ancora più tremenda se si tiene conto che nel 1961, lungo la Triestina, investita da un’automobile, era morta la sorella di Ernesto, Susanna, di soli nove anni.

Nuove scuole elementari...

Nel 1981 furono completate le nuove scuole elementari di Croce, in via Bosco.

... e vecchie. Il Gruppo culturale

Il vecchio edificio in Piazza Tito Acerbo, rimasto a lungo vuoto dopo la costruzione delle nuove scuole elementari in via Bosco, fu occupato da gruppi alternativi e trasformato in centro sociale.
Le proteste dei vicini, che vedevano tutti i fine settimana giungere in paese capelloni e facce dall’aspetto poco raccomandabile, indussero il Comune a chiudere lo stabile “per esigenze di restauro”.
La facciata delle vecchie scuole era andata nel frattempo ricoprendosi di murales di contenuto politico-social-rurale: qui una coppia di vecchi contadini camminava mano nella mano come nella miglior iconografia socialista, lì un cuneo rosso intaccava il grande scudo bianco...
Le pie donne del paese inorridivano scandalizzate alle scene cui erano costrette ad assistere nei fine settimana.
Chiuso lo stabile dalla forza pubblica, esso fu lasciato cadere in abbandono finché un lungo dibattito animò la vita del paese che portò in evidenza “Il Gruppo Culturale” facente capo a Gianni Sgnaolin.
Per la demolizione dello stabile delle scuole si batté Paolo Franchin, ma la sua opinione non poteva essere considerata neutrale, dato che lo stabile impediva alla sua villetta l’affaccio diretto su Piazza Tito Acerbo.

Morte di Paolo Golfetto nel mare della Brussa

Nell’estate di quell’anno (1981), durante una gita al mare organizzata col pulmino della parrocchia da Adriano Donadel annegò nel mare della Brussa di Caorle Paolo Golfetto. La tragedia segnò i compagni. Adriano, ritornato a casa con un ragazzo di meno, non sapendo come raccontare alla madre quello che era accaduto, visse una profonda crisi personale ed esistenziale, che assunse col tempo i lineamenti di una vocazione religiosa.

L’Amministrazione Peruch spese 400 milioni di lire per la ripassatura del tetto delle ex Scuole elementari. Una volta restaurato, lo stabile divenne sede del Gruppo Pensionati e di altre associazioni.
Colui che guidò il Gruppo Pensionati fu Paolo Luisetto.

Lasciato libero dalle scolaresche, il “Centro Sociale”, tra la chiesa e la canonica, divenne quasi naturaliter Oratorio. Fu intitolato a “San Francesco”. Don Primo vi sistemò la sala giochi nell’aula grande al piano terra e costruì (lui personalmente, con chiodi e martello) un piccolo bar con un bancone da bar che aveva recuperato, lo rivestì di perline, chiudendolo con una porta e una grata, rinnovando l’estro per il bricolage e i lavori manuali che già aveva dimostrato nella sistemazione della sala giochi nella canonica vecchia.

Nel settembre 1982, con la benedizione del vescovo Antonio Mistrorigo, prese avvio il Progetto pastorale «Verso una Nuova Immagine di Parrocchia» elaborato da don Primo con il sostegno di un Centro Pastorale Nazionale. Prima tappa: “la convocazione”. Il primo obiettivo intermedio era di aiutare la gente a rispondere al Signore che vuole convocare il suo Popolo attorno al Figlio suo, Capo della Chiesa, che si fa Parola e Pane nella Messa. Secondo i piani di Don Primo sarebbe stato raggiunto dopo cinque anni.

1983: Gusto postin va in pensione

Morte di Michele Rizzetto

Il 31 marzo 1983, un’auto rossa che tornava da Jesolo perse per ragioni misteriose (l’alta velocità?) il controllo della strada all’altezza dell’incrocio ‘da Polo’ presso il cimitero di Musile (dove oggi c’è una rotonda), andando a sbattere con il lato sinistro su di un platano al lato destro della strada ed aprendosi in due come una scatoletta di sardine: morirono sul colpo, per essersi rotti l’osso del collo, Marino Teso, alla guida dell’auto, e Michele Rizzetto, sedici anni, seduto dietro, rispettivamente moroso e fratello di Francesca Rizzetto che, seduta davanti, nel violentissimo impatto fu sbalzata dall’auto, rimanendo illesa. Era l’ennesima tragedia della strada che riguardava un sedicenne.
Così Francesca, sorella di Michele, avrebbe in seguito corretto e integrato il mio racconto: "La misteriosa causa della fuoriuscita di strada non fu l’alta velocità, ma la mancata precedenza di un auto che arrivava da Musile. (La nostra macchina, una Solara, si aprì in due per un difetto di saldatura.) Questa persona, tuttora 'misteriosa' visto che si è resa latitante, ma ben cosciente del danno causato è rimasta impunita per la legge. Chissà se la sua coscienza le ha mai presentato il conto. Non so quanto possa valere la mia precisazione, dopo 34 anni, ma non posso lasciare che nessuna colpa o dubbio cada su Marino. È un atto dovuto per la prudenza e l’onestà che lo contraddistinguevano."

Il bar del Broca diventa “Il baronetto”

Ermes Girotto rilevò l’esercizio di Ubaldo Gattola. Lo ristrutturò e lo trasformò di sana pianta. Appena entrati, sulla sinistra, aveva fatto sistemare tavolini e divanetti semicircolari di un elegante velluto verde. A destra una parete a vetri separava la sala d’ingresso dalla sala dei videogiochi e del biliardo. Superata la sala d’ingresso, si entrava nel bar vero e proprio: sulla destra era la vetrinetta della pasticceria. e subito dopo il grande vano di apertura dava sulla stanza dell’antibagno (sulla sinistra) e alla sala giochi; il bancone era posizionato a sinistra ed era un grande e modernissimo quadrato stondato appoggiato alla parete che offriva ai clienti tre lati di appoggio; In fondo al bar era la pizzeria-ristorante.
Non c’era paragone tra l’eleganza e la qualità del nuovo locale rispetto al precedente. Il nuovo locale attirò anche clientela foresta. In bar lavoravano Ermes e la sua ragazza. Spesso davano una mano il padre Ennio e la madre. Il nonno Piero si aggirava per il locale ogni tanto trafugando furtivamente un cornetto dalla vetrinetta dei gelati alla propria tasca, per poi inforcare la bici e andarselo a mangiare in tranquillità lontano dal bar.

Nasce il C.P.A.E.

Nel 1986 venne costituito il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici (C.P.A.E.) con 5 componenti.

Dopo cinque anni di cammino attorno alle 5 parole chiave: ‘Insieme’ (82-83), ‘Perché fratelli’ (83-84), ‘Attorno a Gesù’ (84-85), ‘Per vivere la fraternità’ (85-86), ‘Nei Piccoli Gruppi’ (86-87), si chiuse la prima tappa della N.I.P. Dal 29 marzo al 5 aprile 1987 fu celebrata la “Settimana della Fraternità” e fu, racconta Don Primo, «una celebrazione molto sentita e partecipata, che ha portato gioia, ha contribuito a cambiare l’immagine tradizionale di Chiesa e a creare intensi e quotidiani rapporti di fraternità tra le famiglie”. Era stata avviata l’esperienza della convocazione del Popolo di Dio nelle Piccole Comunità Familiari.

Giallo nei campi di Vendraminetto

sabato 28 settembre 1987, poco dopo le undici di sera, una ricca e avvenente signora veneziana del jet set, sorella di un noto finanziere, morì in modo misterioso nei campi di Vendraminetto. Nicoletta Ferrari, 43 anni, arrivava da Musile sull’Argine San Marco, a velocità folle con la sua Saab 900 turbo: non riuscì a tenere la “curva di Vendraminetto” e andò dritta, uscendo di strada, finendo appunto nei campi di Vendraminetto; la macchina si capottò più volte e lei venne sbalzata fuori dalla vettura. Lo schianto si sentì fino al centro del paese e in molti accorsero sul ciglio dell’Argine a vedere. I carabinieri, giunti quasi subito (ma già qualcuno s’era avventurato tra il mais a portar soccorso), impiegarono diversi minuti a ritrovare il suo corpo; finalmente fu ritrovato a molti metri di distanza dall’auto, interamente coperto dalle piante. La morte era avvenuta per la frattura della colonna cervicale, ma si diffusero tra la folla strane informazioni che alimentarono da subito la leggenda. Dopo il tremendo impatto Nicoletta Ferrari era stata catapultata fuori dall’abitacolo della macchina attraverso il parabrezza anteriore e aveva sorvolato alcuni filari di mais a un’altezza “di oltre due metri”, ricadendo poi in posizione supina “a una cinquantina di metri di distanza dalla macchina”. Durante il suo tragico volo, forse, la donna aveva tranciato le piante di mais che poi l’avevano ricoperta, oppure vi si era aggrappata nel disperato tentativo di salvarsi. Ma la spiegazione “non convinceva” dirà lo sciocco Gazzettino: al momento dell’incidente “forse la donna non era sola”. Quando i carabinieri la trovarono, Nicoletta Ferrari aveva la gonna e la camicetta arrotolate su, era senza mutandine e senza reggiseno; il corpo era “perfettamente composto”; “le mani incrociate sul petto stringevano il ciuffo di una pannocchia”. “Tutto il corpo era ricoperto con cura da canne di mais, che lo rendevano quasi invisibile, come se il cadavere fosse stato composto e occultato da qualcuno", dirà anche il pretore Luigi Delpino che avvierà le indagini. Non aveva né borsetta né documenti, “che qualcuno probabilmente aveva fatto sparire”.

Bella, facoltosa, esuberante, villa a Jesolo e villa a Cortina (aveva il domicilio al mare e la residenza in montagna) Nicoletta Ferrari, discendente di una nota famiglia di proprietari terrieri dell’entroterra veneziano, era divorziata da un nobile di antica aristocrazia, Alvise De Faveri Tron; madre di due figli di 18 e 20 anni, era la sorella dell’imprenditore-playboy e finanziere rampante Fabrizio Ferrari, noto alle cronache mondane per i suoi furibondi litigi con mogli e amanti e a quelle economiche soprattutto per la vendita a Raul Gardini, avvenuta l’anno prima, della Bavaria Assicurazioni e dello splendido palazzo di Cà Dario sul Canal Grande.

Ad accrescere il mistero tra tutti coloro che assistevano dall’argine c’era il giallo della scomparsa degli indumenti intimi, della borsetta e dei documenti. Infatti appariva difficile pensare che si fosse messa in viaggio di notte senza mutande e persino senza patente, senza documenti, senza soldi, senza chiavi di casa e senza nemmeno una borsetta. A meno che, e la voce subito girò tra i convenuti, la bella veneziana non fuggisse nella notte, sconvolta e a folle velocità, da qualcosa o da qualcuno. Qualcuno che magari, inseguendola, aveva assistito all’incidente e, “per un qualche motivo ancora ignoto, aveva poi voluto inscenare la macabra messa in scena” (il solito ridicolo Gazzettino, che parlava anche di rituali esoterici). O che si fosse mimetizzato tra i primi soccorritori per far sparire ciò che bisognava far sparire. Non si poteva nemmeno escludere che la borsa della donna fosse stata rubata nel corso della notte da qualche ladruncolo senza scrupoli. Nell’inchiesta avviata dalla magistratura – rilevava il sempre ricco di fregnacce Gazzettino – vi erano “altri due interrogativi inquietanti: la presenza di alcuni segni di iniezioni su un braccio della donna, che portava all’ipotesi di assunzione di sostanze stupefacenti, e il ritrovamento di alcune tracce di sangue poco lontano dal luogo dell’incidente, che proseguivano per un certo tratto in direzione dell’abitato di Croce”.

Ci pensava La Repubblica a rimettere ordine nelle cose due giorni dopo il fatto:
Molto nota nella città lagunare e negli ambienti di tutta la high society del Veneto, era considerata un' eccezionale pilota d' auto. Spesso, alla guida della sua Saab, faceva impallidire gli amici con le sue spericolate manovre e anche per questo l' incidente automobilistico che le è costato la vita, accaduto su un tratto stradale a lei molto noto, ha meravigliato molti. I lati oscuri della vicenda sono soprattutto legati ai motivi che hanno spinto la signora ad uscire dalla sua villa al mare lasciando la porta accostata e la borsetta con i documenti sul tavolo e addirittura senza indossare gli indumenti intimi. Qualcuno o qualcosa deve averla spinta ad una folle corsa, c’è già chi parla di fuga, e così Nicoletta Ferrari ha affrontato a 180 all’ora una curva piuttosto pericolosa della provinciale che unisce Jesolo a San Donà di Piave. Una prova ulteriore della sua fretta sarebbero i profondi segni lasciati dalle ruote dell’auto sul ghiaino del giardino. Pochi minuti dopo le 23 Nicoletta Ferrari ha affrontato la sua ultima curva, la Saab ha sbandato, ha divelto il guardrail ed è volata su un campo di mais per circa 20 metri. Quasi sicuramente la signora non aveva allacciato la cintura di sicurezza e quando l’auto è piombata a terra cappottandosi più volte, Nicoletta Ferrari è stata catapultata all’esterno dell’abitacolo, terminando il suo volo in una posizione che inizialmente aveva fatto pensare all' intervento di un misterioso personaggio. La posizione delle braccia erano incrociate si deve al caso, sostengono gli inquirenti, ed anche le piante di mais che la ricoprivano non sarebbero state adagiate da qualcuno per nasconderla, ma la loro disposizione decrescente sarebbe spiegabile facilmente. L' ipotesi è che le piante siano state tranciate dal corpo durante il volo. Anche la ferita sul braccio non è da far risalire al segno lasciato da una siringa, magari piena di sostanze stupefacenti, ma ai frammenti del parabrezza dell' auto infranto. A fugare gli ultimi dubbi sulle cause della morte è stata l’autopsia eseguita da un anatomopatologo dell’università di Padova. Il medico, oltre a riscontrare un trauma cranico ed alcune fratture, ha fatto risalire il decesso ad un gravissimo trauma toracico-addominale. Sul suo corpo non vi sarebbero stati segni di violenza. Il giallo, comunque, resta: non soltanto sui motivi che hanno spinto alla precipitosa fuga Nicoletta Ferrari, ma anche su quello che è accaduto dopo la sua morte. Vi sarebbero stati più testimoni dell’incidente e gli inquirenti non escludono che qualcuno possa essersi avvicinato e aver fatto opera di sciacallaggio, rubando il prezioso anello con diamante che la signora portava sempre e che naturalmente manca.

Eh sì: l’anello della Nicoletta Ferrari era entrato a far parte della storia paesana.

Per una trattazione completa della storia di Croce dal 1955 al 2008
CARLO DARIOL - Storia di Croce Vol. III - IN ATTESA DEI SOTTOPASSI
Edizioni del Cubo, 2025