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A marzo 1829 don Mattia De Luca non si era ancora trasferito a Croce. Ancora aspettava la placitazione dell’imperial e regio governo.
In Curia si controllarono immediatamente le carte e il giorno successivo si procedette alla richiesta alla imperiale e regia delegazione provinciale della necessaria placitazione per l’investitura di don Mattia.
E la canonica?Tra un documento e l’altro era evidente che la cosa che più premeva a don Mattia era la canonica. Chi doveva occuparsene? Il Commissario distrettuale di San Donà (evidentemente sollecitato dalla delegazione Provinciale, a sua volta solecitata sulla questione dalla Curia di Treviso) così rispondeva:
Croce ebbe finalmente il suo nuovo parroco solo il 10 agosto 1829, quando don Mattia De Luca fu eletto e ammesso; si era rassegnato a prendere alloggio nelle due misere stanze in cui aveva alloggiato il predecessore. Accontentarsene dovette essere un’umiliazione per lui che, sul Registro dei morti, in calce alla registrazione del suo primo funerale qualche giorno prima, il 4 agosto, si era firmato “Don Mattia De Luca Arciprete”; o segno che il vescovo, pur di convincerlo a venire a Croce, gli aveva elargito il titolo di Arciprete? O forse non il vescovo ma il vicario, perché il vescovo Soldati fu ordinato a Venezia solo il 27 settembre successivo? Croce era attraversata da un «servizio di
posta» che collegava Torre di Mosto con Venezia gestito dalla famiglia
Busato [controllare il cognome] di Torre di Mosto. Il servizio era espletato
con grosse carrozze chiuse trainate da quattro cavalli e si svolgeva con 3
corse settimanali da Torre a Venezia (lunedì - mercoledì - venerdì) e tre in
senso inverso (martedì - giovedì - sabato); la diligenza portava i passeggeri e la corrispondenza da Tre Palade
(ove attraccavano i battelli provenienti da Venezia) a Croce di Piave
(ove era traghettato il Piave) e quindi a Grassaga, Ceggia e Torre di Mosto. La
famiglia gestiva un servizio analogo Torre-Caorle, con coincidenza a Torre con
quello per Venezia.
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Illma e Rev.ma Curia Vescovile Il mio Conf.o S.r D. Mattia de Luca Parroco di Croce di Piave cessò di vivere stamattina all’ore 8 cir. po..ento [?] dopo lunga malattia d’Idrope e dopo d’aver ricevuti con esemplare rassegnazione gli spirituali soccorsi della Chiesa. Questa triste notizia mi fu recata dal Sig.r D. And.a Meneghel Capp.o di Fossalta di Piave con Sua Lett.a in data d’oggi. Sul momento gli ho risposto che resta incaricato il Sig.r D. Stefano Bianchini a fare le funzioni d’Economo e ciò interinlm.e fin che cioè l’Ill.ma e Rev.ma Curia Vescovile destinerà Soggetto Patentato per quella Chiesa. Sulla condotta del Bianchini non potrà fidarsi gran fatto, poiché da quanto ho inteso e segnatam.e dall’Arcip.e di Noventa si lascia dominare da quel vizio, che in età avanzata si giustifica dicendo ch’è il latte dei Vecchi. A proposito sarebbe il Capp.o [?...] di Fossalta che fu altra volta con persuasione di quella popolazione,; ma resta vuoto a Fossalta e resterebbe imbarazzato l’Arcip.e di Noventa e non saprei suggerire altri in queste vicinanze. Questo è tutto ciò che rassegno a Superiori, con che ossequiando mi protesto D.E. Ill.ma e Rev.ma E.a V.a
Ponte di Piave li 8 Genn.o 1834 |
Dal Registro dei Morti, sulla pagina principale:
8 – Don Mattia De Luca eletto l’anno 1829, li 10 Agosto e mancato a’ vivi li 8 Gennaio 1834.
Il povero don de Luca era durato solo 5 anni.
N. 12 Nota Treviso li 9 (gennaio) del 1834 A senso delle vigenti Prescrizioni, questa Curia si fa sollecita di partecipare a cod.a I.R. Carica Prov.e la vacanza del Beneficio Parr.e di Croce di Piave, avvenuta jeri per la morte del Sac. Mattia de Luca. Il nominato Beneficio è di jus – Patronato del N.H. Marco Bernardo, dei N. H. Girolamo Morosini, e Francesco Gritti e di altre famiglie Venete. |
La Delegazione Provinciale di Venezia accusò ricevuta.
N.° 870/73 Nota
Ritenuta a notizia la mancanza a vivi
del Reverendo Parroco di Croce di Piave D. Mattia de Luca partecipata colla
gradita Nota 9 corr.te N.° 12 aggradirà la R. Delegazione d’esser
informata da cod. Reverendissima Curia: chi sia il Sacerdote da lei destinato
ad Economo Spirituale in vacanza; e quali siano nominatamente le altre Nobb:
Famiglie che in unione al Nob: Sig:re Marco Bernardo hanno diritto
al Jus Patronato del Benefizio sud.o, dovendo queste venire indicate
nell’Editto di metodo da pubblicarsi.
Venezia 14 Gennaio 1834.
Alla Reverendissima Curia Vescovile di Treviso |
Tra una bevuta e l’altra, in qualità di vicario curiale provvisorio dal 9 gennaio firmò i registri parrocchiali di Croce il citato don Stefano Bianchini. La Curia, nel frattempo, ebbe a disposizione un altro prete per la parrocchia di Croce; inoltre, fatte le sue ricerche su chi dei Giuspatroni avesse avuto in passato diritto di nomina, si affrettò a comunicarle alla Cesarea Regia Delegazione Provinciale di Venezia.
N. 47 Nota Treviso li 29 (gennaio) del 1834 Seguita la vacanza del Benef.o Parr.e di Croce di Piave, siccome ebbe a riferire questa Curia colla sua Nota 9: corr.e N. 12. la medesima non sapeva come poter provvedere interinalmente quella Cura. Quando per gran ventura comparve il Sac. D.n Marco Buffon, della Diocesi di Ceneda, munito delle Lettere commendatizie del suo Ordinario per assumere servizio ecclesiastico in questa Diocesi, mi fu tosto demandata la direzione spirituale della Parr.a di Croce di Piave, rilasciandogli la Patente di Vicario Parr.e col g(ior)no 20: corr.e Egli è poi che si raccomanda questo ottimo Sacerdote, a codesta Autorità Prov.e perché al momento che si dovrà assegnare al medesimo l’onorario Mensile, sia questo fissato al maximum, in vista della sua particolar situazione, e delle sue ristrettissime circostanze economiche. Si onora poi la scrivente di accompagnare due esemplari delle Bolle rilasciate al Sac. Osvaldo Moretti, ed al Sac. Mattia de Luca, dai quali si rilevano le Famiglie che hanno il diritto di nominare il Parroco di Croce di Piave, e ciò in evasione della riveribile Nota di cod.a Ces. R. Deleg.e 14. corr.e N. 870/73 |
A partire dal 18 febbraio (e fino al 29 agosto) i
registri parrocchiali risultano firmati da don Marco Buffon, il vicario
curiale provvisorio comparso “per gran ventura”.
Giuseppe Rossi,
procuratore della nobildonna Elena Bonacossi-Prina, comunicò al vescovo che,
nella successione dei Giuspatroni, toccava alla suddetta nominare il
rettore di Croce.
Monsig.r Revd.mo Venezia 5. Maggio 1834 Mi do l’onore Monsig.r R.mo di rassegnarle copia dell’antico titolo 1566. 11. 9mbre che determina il metodo da tenersi dai Nobili Compatroni della Gastaldia di S.ta Croce di Piave nellea nomina dei Rettori di quella Parrocchiale Chiesa, della quale professano l’Jus.Patronato. Le unisco pure una distinta di tutti i Parrochi presentati in varie epoche a quel Beneficio, cominciando dall’anno 1567. fino al 1762; soggiungendole per norma che al defunto Palla, successe il Bottomella nominato dalla Famiglia Foscari rappresentata ora dai Gradenigo, poscia il Moretti eletto da più Consorti, e pella rinunzia di questo fu destinato l’ora defunto Dn Mattia De Luca, per quanto credo dalla stessa R.ma Curia. Ella scorgerà Monsig.r R.mo dal titolo antico, che tre sole Famiglie in origine avevano il diritto alla nomina, ma in progresso sino al Palla, si osserva che li Corner, Ruzzini, ed altri unitamente procedevano talvolta anch’essi a tal nomina. Stando dunque a tal circostanza: se il Palla fu nominato dalla Famiglia Da Lezze; il Bottomella dal Foscari; il Moretti da più consorti, ne consegue che l’ultimo defunto De Luca doveva essere nominato dai rappresentanti la Nob. Famiglia Corner, la cui proprietà in quel Paese sono ora passate in più, e più individui; e che nel presente uso spettar deve alla Nob. Famiglia Da Lezze, i Semi della quale furono nell’anno 1811 assegnati in pagamento di Dote alla Nob.e Sig.a Elena Pisani Da Lezze, da cui con Testamento 27 Genn.o 1826 furono lasciati per metà alla Figlia Nob. C.sa Paolina Da Lezze Bonacossi, e per metà alla Nipote C.sa Elena Bonacossi Figlia di questa, alla quale poi con Nuziale 1° Luglio 1829. fu dalla Madre C.sa Paolina assegnata in Dote tutta quella estesa Possessione, che sin da quell’epoca è intestata nei Registri Censuari di S.n Donà alla Dita C.sa Elena Bonacossi Consorte del Nob. Sig.r Antonio Prina del fu Angelo. Assoggettato tutto ciò ai di Lei saggi riflessi Mons.r R.mo, ove spetti la nomina di questa Dama, di cui sono Procurat.e generale, La prego di rendermi edotto di che occorra al regolare effetto contemplato, e di farmi conoscere li Sacerdoti che subirono l’esame prescritto dai canoni, per provedere al regime di quella Parrocchia sempre già di pien consenso, e persuasione di codesto Monsig.r Ill.mo e Rev.mo Vescovo. Accolga frattanto la protesta del mio profondo rispetto. Di Lei Monsig.r R.mo
domiciliato S.n Luca Corte Grimani N.°3883 |
Da Este la nobildonna Elena Bonacossi-Prina eleggeva don Giuseppe Salmasi.
Este li 29 maggio 1834.trentaquattro Resosi vacante il Beneficio parrocchiale di S.a Croce di Piave Diocesi di Treviso per morte del M.o Rev(eren)do D.n Mattia de Luca ultimo Parroco investito di quel Beneficio, e spettando la elezione dei Parrochi pro tempore per turno ad alcune Nobili Famiglie di venezia, tra le quali all’ora defunta Nob. Sig.a Elena Pisani da Lezze mia Ava materna da me rappresentata; nella circostanza presente in cui appartiene a me ottoscritta la nomina del novello Parroco, col presente chirografo eleggo, e nomino al beneficio vacante surriferito il Sig.r D.n Giuseppe Salmasi nativo di Zenson di Piave, che conta trenta anni di servizio di Cappellano Curato in S.n Donà di Piave, riconosciuto idoneo per capacità, ed ottimi costumi dall’Illustris.mo e Rev(eren)d(issi)mo Monsignor Vescovo di Treviso, ed approvato a tutti voti nell’esame Sinodale presso quella Rev(eren)d(issi)ma Curia sostenuto nel dì 3 Marzo passato, dietro regolare avviso circolare di concorso N.° 43. 24 Gennaio an. cor.e di Monsig.r Ill(ustrissi)mo e R(everendissi)mo Diocesano, in conferma di che mi sottoscrivo alla presenza degli infrascritti Testimoni. Elena Bonacossi Prima affermo
Este li 5: Giugno 1834: N:°1312:
La Congregazione municipale dalla Città di Este certifica l’autenticità delle Sovrascritte firme perché fatte dalli Signori Elena Bonacossi Prina, Antonio Prina, Giuseppe Lanceroto, e Bernardo Bianchi Il Podestà
Visto per la legalità della firma del Podestà di Este
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Giuseppe Rossi, il procuratore della nobildonna, comunicò al vescovo l’atto di elezione del nuovo parroco.
Monsig.r Ill(ustrissi)mo e Rev(erendissi)mo In esaurimento all’ossequiato N. 203 . 14 . Maggio pass.o di codesta Ill(ustrissi)ma Rev(erendissi)ma Curia, mi fo un dovere di subordinare qui annesso l’Atto originale di Elezione del novello Parroco di S.a Croce di Croce di Piave ora pervenuto da Essa dalla Nob.e Sig.a Contessa Elena Bonacossi Prina, rappresentante l’Eredità della fu Nob.e Sig.a Elena Pisani Da Lezze, e questo in favore del Sig.r D.n Giuseppe Salmasi, approvato, e riconosciuto idoneo nell’Esame Sinodale subito. Dopo ciò, non resta al sottoscritto Procuratore della sullodata Dama, che di bacciare rispettosamente le mani a V. S. Ill(ustrissi)ma e Rev(erendissi)ma protestandosi colla più alta considerazione. Venezia 9. Giugno 1834 Di Lei Monsig.r Ill(ustrissi)mo e R(everemdissi)mo
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Il 16 giugno il vescovo nominò don Giuseppe Salmasi parroco di Croce. Entro nove giorni dovevano giungere tutte le obiezioni.
Noi
A tutti e a ciascuno p(raesen)tes N(ost)ras
degli ispettori, lettori, o uditori di legge, i quali siano toccati dall’infrascritto negozio o possano
essere in qualche modo toccati, Salute nel Signore.
In fede dei quali
Sebastiano vescovo trevigiano Pietro Facio Cancelliere vescovile |
Nos
Universis et singulis p(raesen)tes N(ost)ras inspectoris, lectoribus, aut legi auditoris, quosque infrascriptum tangit negotium, seu tangere quomodolibet poterit, Sal(ute)m in D(omi)no. Noveritis, quod vacante Par(ochia)li Eccl(es)ia S. Crucis de Cruce Plavis hujus No(str)ae Tarv. Dioec. per obitum nunc q(uonda)m Adm. Rev. D(omi)ni Mathiae Deluca, ultimi et immediati ejusdem, dum viveret, Rectoris et Possessoris, apud eandem die 8januarii a.c. vita functi, ad cujus quidem ecclesiae Beneficium Par(ochia)le, quotienscumque ejusdem vacatio contigerit electio et praesentatio ad quasquam Familias jure Patronatus, aternis vicibus; confirmatio vero et institutio ad hunc Episcopatum spectare dignoscitur; Nobilis Mulier Helena Com. Bonacossi-Prina exponi fecit in hac Nostra Curia E(pisco)pali sibi spectare et pertinere pro hac vice jus eligendi, nominandi, Nobisque subinde praesentandi Rectorem ad dictam Paro(chia)lem Eccl(es)iam regendam et gubernandam tamquam Haeres Nob. Mul. Helenae Pisani da Lezze, ejus materterae [=nonna] et ideo attenta praefatae eccl(esi)ae Par(ochia)lis vacatione, ut supra; Nobis medio sui Procuratoris Josephi Rossi ehibere fecit Syngrapham diei 29 Maji prox. praet. sub Datum Ateste ejus manu subscriptum; continentem electionem et nominationem ab ea factam Rev, D(omi)ni Josephi Salmasi, actualis Capellani Curati in Paroecia S. Donati Plavis hujus pariter N(ost)rae Dioecesis, qui praemissis jam edictis juxta morem ..?.., in Concursu habito die 3: Martii prox. praet. coram Nobis juxta formam S. C. T. [=del Sacro Concilio Tridentino] a tribus examnatoribus Pro-Synod. hujus Dioecesis examinatus, habilis et idoneus repertus fuit, ac adprobatus; ad praefatam eccl(es)iam Par(ochia)lem S. Crucis de Cruce Plavis regendam et gubernandam; instando nominationem, et electionem ..?.. per Nos admitti, praesentatumque in et de dicta ecclesia Par(ochia)li institui et investiri de more etc. Nos vero p(raese)ntationem sup(radic)tam si et in quantum admisimus; edictaque in forma solita dierum novem relaxari ac interim de bono allegato jure duceri mandavimus. Quocirca tenore p(raese)ntium Vobis hujus N(ostr)ae Eccl(es)iae Cath(edr)alis, nec non vacantis praefatis affigendarum, Vos omnes et singulos monemus, citamus, ac requirimus, quatenus termino dierum novem post p(raese)ntium affixionem, quorum tres pro primo, tres pro secundo, reliquos vero tres pro tertio, ultimo, et peremptorio termino, trina canonica monitione praemissa, assignamus, coram Nobis in hac Curia comparere satagatis ad dicemdum, excipiendum, et opponendum quidquid etc. tam contra p(raese)ntationem ipsam, quam contra Praesentati, Praesentantisque personas. Certificantes Vos, quod si in dicto termino non comparueritis, aut dicere et opponere neglexeritis, Nos nihilominus ad P(raese)ntationis confirmationem, et Praesentati investittionem de more procedemus; Vobis amplius non citatis, neque monitis, nisi quatenus etc.; Contumacia et absentia vestra in aliquo non ostante, et justitia sic exigente. et ita etc. omnibus etc In quorum fidem etc.
Sebastianus E(pisco)pus Tarvisinus Petrus Facio Cancell.sE(pisco)palis |
Non giunsero obiezioni e nove giorni dopo don Giuseppe Salmasi fu eletto parroco di Croce. La Curia comunicò quindi la notizia della sua nomina alla Cesarea Regia Delegazione Provinciale di Venezia.
N. 64 Nota Treviso li 26 Giugno del 1834 Essendosi compiaciuta codesta Cesarea Regia Autorità Prov.e colla sua riveribile Nota 22. Marzo a. c. N. 3172/309 di comunicare il risultato delle sue operazioni sul conto del diritto Patronale di nomina del Parroco di S. Croce di Croce di Piave, questa Curia nelle forme regolari diede mano agli Atti di competenza Ecclesiastica perché Cura fosse provveduta del suo Parroco. Seguito infatti il Concorso Sinodale, ed accompagnata la Tabella dei Sacerdoti concorrenti alla Nob. Donna Elena Bonacossi-Prina, cui per questa volta spetta il diritto di nomina del Parroco di Croce di Piave, usando la medesima del detto suo diritto, nominò ed elesse il Sacerdote Giuseppe Salmasi, il quale sostiene lodevolmente da circa trent’anni il carico di Cappellano Curato nella Parrocchia di S. Donà di Piave. Egli è perciò che lo scrivente si onora di accompagnare le Bolle di canonica istituzione rilasciate al novello Parroco eletto con gli Allegati di metodo, perché mediante l’autorevole mezzo di cod.a Cesarea Regia Carica siano munite del Regio Placet. Alla Cesarea Regia Deleg.e Prov.e di Venezia |
Nato nel 1779 a Zenson, don Giuseppe aveva dunque 55 anni e, al di là dell’asserito esame sostenuto davanti ai tre esaminatori pro-synodalibus, il fatto che per trent’anni fosse rimasto cappellano a San Donà rivela che era un tipo abbastanza semplice, a mala pena istruito. Prima di giungere a Croce era stato undici anni in Passerella di San Donà. Andò ad occupare le stanze occupate dai predecessori. Ligio alle disposizioni civili, don Giuseppe cominciò a registrare le morti dei parrocchiani usando la dicitura “previo il certificato medico”. Lentamente la burocrazia del mondo civile si impossessava dei momenti religiosi della vita dei cristiani.
Nell’agosto del 1835 apparve il colera:
l’epidemia durò sino al 1837 e nei periodi più critici causò
una mortalità così elevata da obbligare a dare sepoltura ai cadaveri in fosse
comuni.
[F. MUTINELLI, Annali delle provincie venete]
Fra le
disposizioni sanitarie emanate in quest’occasione vi fu pure una ordinanza [di
chi? Cercare] che vietava la vendita del «vino nuovo»: si pensava che favorisse
la diffusione del colera.
[E. BELLIS, Annali opitergini.]
L’I. R. Governo, che aveva deciso di metter becco anche
nell’organizzazione degli studi teologici, nel 1836 chiese ai vescovi
del Lombardo-Veneto di fare le loro osservazioni per un’eventuale revisione
degli studi teologici. Il vescovo Soldati propose un piano di insegnamento che
tenesse soprattutto conto degli impegni pastorali dei futuri sacerdoti. Si
potevano anche lasciar perdere le “lingue esotiche ebraica e greca” utili
all’intelligenza dei libri santi, ma non alla portata dei mediocri ingegni; e
si poteva anche abbandonare l’impostazione filologica del corso biblico,
impostandolo sulla Vulgata latina. Dava anche consiglio di ampliare lo studio
della Dogmatica e della Morale.
Se l’istruzione del clero e dei chierici doveva puntare meno sulla
scienza e più sulla morale, pure importante obiettivo della sua azione
episcopale fu l’istruzione (morale, certo) del popolo. Per questo aveva fatto
stampare un nuovo catechismo, correggendo di quello nazionale napoleonico le
espressioni poco chiare o meno adatte alla sensibilità dei contemporanei,
sveltendo le domande, aggiungendo in calce riferirimenti scritturistici e
patristici; modellandolo insomma su quello bellarminiano. Diviso in Dottrina
breve, Dottrina grande e Lodi spirituali, aveva tolto le poesie difficili della
terza parte sostituendole con più semplici e popolari inni in onore del Sacro
Cuore, dll’Immacolata e di san Luigi Gonzaga.
Don Salmasi, che dopo trent’anni da
cappellano era diventato finalmente parroco, sentiva di aver bisogno di un
cappellano, ed era deciso a parlarne al vescovo non appena fosse giunto in
visita pastorale.
Ma c’era penuria di preti giovani, i nuovi
cercavano di sistemarsi soprattutto nei grossi borghi dove potevano essere
impiegati come precettori o professori. Il clero della diocesi era piuttosto
anziano. Per tutte queste ragioni il
vescovo era intenzionato a dare impulso al seminario, allora alloggiato nei
fatiscenti locali di San Bartolomeo.
Il vescovo Soldati venne in visita pastorale a Croce il 13 aprile 1837. Don Giuseppe Salmasi, forse perché più interessato alla pratica che alla grammatica pastorale, rivelò scarsa dimestichezza con la storia della parrocchia, e anche qualche difficoltà con la scrittura, che risulta piuttosto approssimativa. Privo dell’aiuto di qualche cappellano, ‘il solo povero parroco’ lamentò tra le righe la sua condizione di solitudine in una parrocchia che gli appariva troppo estesa (su di un terreno in parte paludoso).
Relazione del Parroco Risposte dei quesiti fatti dall’Illustrissimo Reverendissimo Monsignor Vescovo Soldati di Treviso nell’occasione della sua visita fatta [da intendersi: che sarà fatta] alla Chiesa di Santa Croce fatti all’attuale Parroco Salmasi li 13 Aprile 1837. I. Dalla tradizione dei piu vecchi del Paese si è potuto rilevare che la Chiesa di Santa Croce di Piave era stata eretta da circa due secoli, e mezzo a questa parte, poco distante dal fiume Piave con sua Canonica, piu fabbricati dei Giuspatroni, che furono le Nobili famiglie Da Lezze, Foscari, e Loredan, ora Leonardo. Minacciata poi dal fiume stesso, che si avvicinava, l’anno 1727 fu trasportata, cioè nuovamente eretta più distante dal fiume circa 500 pertiche a linea retta verso mezzogiorno, come si può vedere da una iscrizione sepolcrale fatta dal Parroco allora Caovilla, dove riposano le sue ceneri. Fu consacrata dal Prelato Monsignor Zacco l’anno 1731. come si vede da altra iscrizione di pietra postavi al latto destro della stessa Chiesa, il quale ordinò che si facesse l’annuale Consacrazione la terza Domenica di ottobre. Il suo Titolare è l’Invenzione di Santa Croce, e ciò ne ne fano prova i libri canonici, ed il Sigillo Parrocchiale, e la Palla dell’Altare Maggiore, la quale ci rappresenta Santa Elena Imperatrice, sorella di Costantino imperatore di Oriente, che la ritrovò. Essa non è soggetta ad altre parrocchie, né à dominio di alcuna. Essa non à rendita di sorte alcuna; ma si vede che è stata proveduta sufficientemente dai Gius Patroni e sostenuta discretamente dalla pietà dei Parrocchiani. è di Giuspatronato, e sono le Nobili famiglie Da Lezze, Foscari, e Bernardo venete, ed aventi il quarto titolo altre familie aventi possidenza in Parrocchia. 2. Gli Altari sono cinque tutti di marmo. Quello del Santissimo ch’è il maggiore; della Beata Vergine del Rosario; di Sant’Antonio; della Beata Vergine del Carmine; e di S. Vincenzo, aventi solo la pietra sacra. Il maggiore è solo privilegiato, come da autentica ostensibile. Mantenuti solo dalla pietà dei fedeli. 3. Non vi sono indulgenze plenarie. 4. Non vi sono fondazioni alcune per celebrazioni di Messe. 5. La Chiesa è decorata di più Reliquie, quatro delle quali con autentica, e sono; il Legno della Santissima Croce, San Matteo Apostolo, S. Vincenzo Fereri, e Sant’Antonio di Padova, ed altre sei sopra di un altare, rinchiuse da vetri, che sono; ex ossibus sancti Antonini, Viti, Crespini, Appolonij, Victoriae, et Lucij, le quali si vedono riconosciute con bolli, con autentica riconosciuta l’anno 1754. e 1778. 6. La Sacristia è proveduta di aredi sacri sufficientemente, e si trovano in stato decente, e vengono ristorati dai Signori Fabbricieri con le elemosine. 7. Nella Parrocchia vi sono due Oratori Publici ed appartengono; uno alla famiglia Nobile del Conte Niccolò Burovich, e viene decentemente conservato, ma non à fondazione di Mansionaria: l’altro appartiene alla Nobile famiglia del Conte Marco Ivanovich, il quale quantunque non dica di avere fondazione di Mansionaria l’à fatto officiare con Mansionaria fino che à potuto avere Mansionario, e sarebbe disposto di fare lo stesso potendolo avere, e lo mantiene con qualche decenza. 8. L’importante Scuola della dottrina non è stata mai eretta in questa Parrocchiale, perché le famiglie dei Parrocchiani sono dispersi nella cinconferenza di circa dieci miglia, in mezzo a paludi ch’è un prodiggio se vengono l’estate a dottrina, e perciò pochi sono i progressi. 9. Vi sono nella Parrocchia molti parrocchiani segnati come fratelli del Santissimo, Della Beata Vergine del Carmine, di S. Matteo, e S. Vincenzo, i quali corrispondo[‘no’] una piccola monetta, senza fondazione per sussidiare gli Altari antedetti. 10. Non vi furono in questa Parrocchia Benefici di di sorte alcuna. 11. Il solo povero parroco. 12. I Parrocchiani sono in tutti N:ro 935. e da Comunione N. 545. 13. Vi è ancora il Cimitero vecchio d’intorno alla Chiesa, per la Dio grazia, e sufficiente per la popolazione, non essendo antico. Abbisogna di essere riattato; ma si cercarà la maniera di renderlo in buon stato senza disturbare la Comune, perché non ci faccia la dispiacenza di trasportarlo altrove, non essendo casegiato che lo avicini. 14. Non vi sono feudi episcopali. 15. Sussiste un inventario di quanto esiste della Chiesa, né vi sarà cosa alcuna che non sia presentata agli occhi dell’Illustrissimo Reverendissimo Monsignor nostro Prelato, o a chi lo rappresenterà per essere riconosciuto. Don Giuseppe Salmasi Parroco |
Stato attivo, e passivo del Beneficio di Santa Croce di Piave
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Attivo
Formento Staja 10 a £.14 allo stajo importano
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£. 140:00
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Passività
Per Prediali e sovra imposte
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£. 52,00
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Rendita depurata £. 1365:78 |
Nulla sappiamo cosa fece il vescovo in quella giornata. Abbiamo la deposizione del parroco.
Die 13 Mensis Aprilis 1837 juxta Aedibus Parochialibus S. Crucis
Coram Illustrissimo et reverendissimo Domino Domino Sebastiano Soldati Episcopo Tarvisino personaliter comparuit et constitus est Admnistrator Reverendus Dominus Joseph Salmasi Rector Parochialis Ecclesiae Sanctae Crucis de Cruce Plavis, qui monitus, juratus etc. Interrogatus De nomine, cognomine, Patria et aetate (Nome, cognome, patria ed età)?
De titulo ecclesiae (Qual è il titolo della chiesa)?
An sit consecrata vel benedicta, quando et a quo (È stata consacrata, oppure benedetta, quando, e da chi)?
A quo, et quanto tempore praefatam ecclesiam possideat (Da chi, e da quanto tempo posssiede la predetta chiesa)?
De numero animarum (qual è il numero delle anime)?
Quot sint redditus Beneficii Parrochialis (A quanto ammontano i redditi del Beneficio parrocchiale)?
An adsint Beneficia simplicia et quae?
An diebus Dominicis et Festis de praecepto Evangelium explicet Populo (Le domeniche e i giorni di festa il Parroco spiega al popolo il Vangelo)?
An bene regatur Doctrina Chistiana, et omnibus diebus Dominicis et Festis de praecepto habeatur una cum Catechismo (Viene tenuta la Dottrina Cristiana e tutte le domeniche e le feste di precetto, anche col catechismo)?
Interrogatus Qua hora diebus Dominicis et Festis de praecepto Missam Parochialem celebret (A che ora celebra la messa parrocchiale le domeniche e le feste di precetto)?
An habeat Capellanum, et quis sit?
An in Paroecia adsint alii Sacerdotes vel Clerici (In parrocchia vi sono altri sacerdoti o
clerici)? Quot et qui (quanti e chi)?
An Sacerdotes omnes in thalari veste celebret (I sacerdoti celebrano sempre in veste talare)?
An adsint inconfessi et scandalosi, et quot (vi sono persone non confessate, o che danno scandalo, e quante)?
An dentur Matrimonia separata?
An diebus Dominicis et Festis de praecepto Parochiani ab operibus servilibus sé abstinenant (Le domeniche e le feste di precetto i parrocchiani si astengono dalle opere di servitù)?
An Tabernae pateant, dum in Ecclesia sacra peraguntur (Le osterie rimangono aperte mentre in chiesa si celebrano le funzioni sacre)?
An alia grascentur vitia et scandala (Prosperano vizi e scandali)?
An adsint Obstetrices, et an bene unstructae ad Baptismum conferendum (vi sono ostetriche, e sono bene istruire a conferire il battesimo)?
An intra octo dies infantes baptizentur (Gli infanti vengono battezzati entro otto giorni)?
Interrogatus quomodo Sanctissimum Viaticum infirmis deferatur (In che modo viene portato il viatico agli infermi)?
An in Oratoriis Missa celebretur diebus vetitis abque licentia Ordinarii (Negli oratori si celebra messa nei giorni vietati senza licenza dell’Ordinario)?
An Sponsi ante Matrimonium examinentur circa rudimenta Fidei (Prima del matrimonio gli sposi vengono esaminati circa i rudimenti della fede)?
An Populus ecclesiam diebus Festis frequentet (Il popolo frequenta la chiesa nei giorni di festa)? Risp. Vi è sempre concorso di popolo alle sagre funzioni, e nelle maggiori solennità dell’Anno vi è frequenza eziandio ai Santissimi Sagramenti An Congregationes Parochorum habeantur juxta Synodalia Decreta (Si tengono le Congreghe dei parroci secondo i Decreti Sinodali)?
An habeat aliquid suggerendum (Ha qualcosa da suggerire)?
Quibus habitis etc. in fidem se subscripsit |
E abbiamo due decreti: il primo su carta semplice, quasi una minuta
Nel decreto di Visita di Croce di Piave
Essendosi ritrovata ogni cosa in sufficiente stato, si approverà,
ordinando però che sia resa divisibile la lunula dell’ostensorio. |
il secondo su carta intestata del vescovo, riguardante uno dei tre oratori
che trascriviamo a beneficio dei nostri lettori:
Visitato l’Oratorio pubblico sotto il Titolo della Beata vergine maria del Rosario, di
proprietà della N. D. Bonacossi Prina, situato entro i confini di questa
Parrocchia di Santa Croce di Croce di Piave; s’invita la religione del Nob.
Proprietaria facendo dorare di nuovo il Calice e la Patena, e porre le Croci
sulle Borse e Corporali ove mancano. Avendo poi ritrovata ogni altra cosa in
perfetto buon’ordine, ed in conformità del prescritto dai sagri Canoni e
Sinodali Diocesane Costituzioni; resta da Noi approvato. In quorum fidens etc.
in Aedibus Parochialibus S. Crucis de Cruce Plavis die 13 Aprilis 1837 in Actu Pastoralis Visitationis Sebastianus Episcopus Tarvisinus Taxa £1:15 Petrus Facio Cancell. Episcopalis |
Anche gli atti della visita del 1837 furono in seguito raccolti in volume a stampa, del quale riportiamo le pagine relative a
Alla conclusione del giro delle visite pastorali, il vescovo avrebbe dovuto convocare un sinodo; ma non ne ebbe nessuna intenzione, data la situazione economica e politica della diocesi: dalla soppressione dei monasteri al tempo da Napoleone, ancora percepita come “uno sconvolgimento così forte che non si sarebbe potuto immaginare un altro di maggiore gravità”, molte cose erano peggiorate. Non che il vescovo non si rendesse conto che diversi dei suoi sacerdoti erano “liberali”; ma le aspirazioni liberali e patriottiche non erano da lui condivise: non era il caso di sollevare troppe voci dissonanti in un sinodo.
Nella relazione relativa alla situazione della diocesi, stilata nel
1839, egli suddivise la diocesi in “Treviso città”, in otto “oppida” – dove
esistevano funzionari governativi e tribunari, tra cui San Donà (con 7.000
abitanti) – e 17 congregazioni, per un totale di 226 parrocchie (in realtà 15
di esse erano curazie) con 589 sacerdoti.
Alla domanda se ci fossero da parte del governo ostacoli all’zione
episcopale rispose: «I veneti obbediscono a un principe che difende e pratica
la religione cattolica. Se poi pur imperando una persona così pia ci siano
degli impedimenti che possano ostacolare l’operato del vescovo, quali siano e
se possono essere superati lo sa bene la Santa Sede, per cui non ci sembra di
dover soffermarci di più». Insomma il vescovo Soldati, accusato da più parti di
austriacantismo, cercava di mediare e soprattutto di approfittare degli aiuti
economici che il governo poteva dar alla Chiesa.
La sua preoccupazione erano il numero di sacerdoti che andava
diminuendo. Era assolutamente necessario dare impulso al seminario: decise di
acquistare il Convento di San Nicolò, per trasferirvelo dalla fatiscente sede di
San Bartolomeo.
Possediamo la copia di un debito della fabbriceria di Croce (inesistente alle risultanze della visita pastorale) con il parroco di Losson. Si ricordi, nel calcolo dei riporti, che venti soldi fanno una lira veneta.
Memoria
La Fabbricieria di Croce Deve Dare
al R.mo Parroco di Losson per cento
Ostie somministrate dalli 12 Luglio 1829 al tutto 15 Giugno 1832, sono anni due
mesi undici a
Furono contate da Giulio Saramin . . . . . . . . . £. 25:90
£. 39: 5 Resta debitrice di Venete . . . . . . . . . . . . . . £ 24:19 N.B. Nell’atto che le trasmetto la soprascritta Memoria estratta dai registri di questo R[everendissi]mo Parroco, raccomando a V. S. R[everendissi]ma il far rimborsare l’Erede Catterina Bianchini di questa somma, che col di Lei mezzo può fargli avere. Compatisca del disturbo, e mi segno di essere Suo Umil.o Dev.o Serv.o
li 13 8bre 1839. dalla Canonica di Losson |
Abbiamo
visto in occasione della visita pastorale che il bilancio della parrocchia di
Croce si riduceva a pochi soldi. Qui sopra notiamo un debito della fabbriceria
di 24 lire e 19 soldi.
Sotto
il dominio austriaco erano in circolazione sia le lire italiane sia quelle
austriache che andavano sostituendo lo ‘zechin’ (alla fine della Repubblica
Veneta avente un valore di 22 lire), la ‘lira veneta’ e il ‘soldo’ di rame
della Repubblica Veneta; questi ultimi però erano ancora in circolazione; il
‘soldo’ veneto veniva detto ‘soldin’ perché di dimensioni minori del soldo
italiano e di quello austriaco e anche perché valevano di meno.
Il centesimo della lira italiana
veniva detto in dialetto veneto ‘centesimin’, quello austriaco, di valore
leggermente inferiore, veniva chiamato però ‘scheo’ per poterlo meglio distinguere. Il termine ebbe origine dal
fatto che sui centesimi austriaci era coniata la dicitura ‘Scheidemünze’ (cioè
moneta divisionale, nella lingua tedesca pronunciata però approssimativamente
‘sciaidemünze’ con la ‘ü’ piemontese, a quel tempo l’indicazione di una minima
frazione monetaria, oggi non più in uso). Probabilmente i veneziani non riuscivano
a pronunciare bene quella strana e lunga parola e si limitavano a chiamare la
moneta solo con l’inizio della dicitura, cioè ‘schèi’, facendone così un
termine generale al plurale, dal quale derivarono ‘schèo’ al singolare. Questo
termine rimase nel dialetto per indicare in generale il denaro.
Nel seguente documento (del 1840) compaiono i fiorini.
N.° 174 All’Eccelso Imp: Reg: Governo di Venezia In obbedienza al venerato Decreto Governativo 3. decorso Settembre n.° 11758 Culto/4878 avendosi invitato il Molto Rev.do Parroco di S.ta Croce di Piave a far conoscere se abbia inteso di domandare un sussidio di 400 Fiorini a favore di un secondo cooperatore, avendone egli attualmente uno, il Parroco colla responsiva 13. detto mese, che si ha l’onor di rassegnare in originale, dichiara che l’implorato sussidio deve servire, non già per sostentamento di un secondo cooperatore, ma bensì per adjutum ad un solo, che gli è assolutamente necessario pel servizio spirituale della Parrocchia, la quale è assai vasta, con abitazioni disperse sopra una estesissima superficie, e con strade limacciose e paludose, che sono quasi impraticabili specialmente nella stagione invernale; e che il Parroco avente un benefizio di rendite assai limitate, ed i Parrocchiani, che sono poverissimi, non potrebbero mantenere senza il sussidio, mancando perfino in quella Parrocchia l’elemosina delle messe. Soggiunge poi ch’è bensì vero che dal primo Aprile del corr. anno Egli ha un Cooperatore; ma però che questi lo assistette sino ad ora, e lo assisterà anco per qualche altro mese per sentimenti di amicizia; il che indica bastantemente, che trascorso il detto breve tempo, rinunzierà all’uffizio di Cooperatore per mancanza di convenienti mezzi di sussistenza qualora non si ottenga l’adjutum. Conoscitore, com’è, lo scrivente della verità delle esposte circostanze, e del reale bisogno di quella Parrocchia di avere un Cooperatore per assistenza del benemerito e zelantissimo Parroco nel disimpegno del sacro ministero, unisce alle fervide istanze di lui anco le proprie raccomandazioni, e porta ferma fiducia che l’Ecc. I. R. Governo, nella sua religione e carità, vorrà consolare sì il parroco, e sì quei buoni Parrocchiani coll’accordare il chiesto sussidio. Treviso dalla Cancell.a Ves.e li 3 Ott.e 1840 |
1841: ancora un’epidemia, questa volta si trattava di vaiolo.
[Rocco L., Motta di Livenza e i suoi dintorni. ]
Nel 1841 il vescovo Soldati ripristinò il corso annuale di esercizi spirituali
predicato dai gesuiti cui tutti gli ecclesiastici erano invitati e, attraverso
ripetute circolari ai vicari foranei, ribadì l’obbligo di vigilare sul
comportamento del clero.
Sapendo che essi erano figure di
riferimento per la popolazione, furono in qualche modo cooptati nel sistema di
controllo: specialmente nei centri più importanti, essi vennero nominati
ispettori scolastici e incaricati dell’insegnamento della religione: a loro fu
imposto di diffondere l’inno nazionale che era l’inno all’imperatore Ferdinando:
«Salve, o d’Austria Eccelso figlio Ferdinando Imperador! I. - Dal tuo seggio onnipotente, Dio, risguarda a questo Impero; della gloria nel sentiero fa ch’Ei duri eternamente; che felice e fortunato, di sé renda altrui beato. Dio, proteggi Ferdinando; salva il nostro Imperador. . . . . . »
L’inno è lungo, può bastare la prima strofa.
Nel 1841 si provvide alla revisione del catasto: vedi pagina successiva.
Per una trattazione completa dell’argomento vedi
CARLO DARIOL - Storia di Croce Vol. I - IL PAESE DELL'INVENZIONE
dalle origini all’arrivo di Don Natale (1897), Edizioni del Cubo
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