Nel 2020 il PREMIO "LISA DAVANZO"
avrebbe dovuto tenersi all’interno della cornice della
FESTA IN DIAÈTO, A CROCE DI PIAVE.
Le note vicende Covid hanno obbligato a sospendere tutto.


PREMIO DI POESIA IN LINGUA
VENETA

XVII EDIZIONE
domenica 19 settembre 2023

CONCORSO APERTO A TUTTI

PREMI
1° classificato: € 150
2° classificato: € 100
3° classificato: €   50
premi anche per il 4° e 5° classificato.

La premiazione avverrà domenica 17 settembre 2023
alle ore 17, presso il
Centro Civico "LISA DAVANZO"
in Piazza Tito Acerbo 1
a Croce di Piave.
In caso di maltempo la manifestazione si terrà nel salone dell’Oratorio "San Francesco" di Croce di Piave.

PER INFORMAZIONI:
cell. 347 7795604
oppure via mail.

REGOLAMENTO

  • Termine per la presentazione delle poesie: 15 luglio 2023
  • La partecipazione al concorso è gratuita.
  • Il concorso è a tema libero.
  • Verrà ammessa una sola poesia
    per concorrente.
  • Le poesie, di lunghezza non superiore a 30 versi, devono essere inedite e corredate della traduzione dei termini più difficili.
  • I concorrenti accettano quanto stabilito nel presente bando, in particolare la cessione gratuita ai comitati promotori dei diritti di pubblicare i testi con l’indicazione di nome, cognome e città degli autori.
  • Le poesie devono essere spedite all'indirizzo di posta elettronica sottostante:
comitatolisadavanzo@gmail.com
- Torna all’inizio del bando
- Scarica QUI il VOLANTINO/MANIFESTO del Concorso in .pdf
- Scarica QUI il VOLANTINO/MANIFESTO del Concorso in .jpg
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- Vai direttamente ai testi delle poesie premiate o segnalate
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ALBO D’ORO

anno 2023 (XVII edizione)
partecipanti:
I classificataU
di , di
II classificataV
di , di
III classificataW
di , di

segnalate

X
di , di
Y
di , di
anno 2019 (XVI edizione)
partecipanti: 27
I classificataLa vecia grima
di Roberto Velardita, del Lido di Venezia
II classificataLa cansoneta del mar
di di Italo Dal Forno, di Illasi (VR)
III classificataEssensa de la parvensa
di Susanna De Grandis, di Verona

segnalate

Ea putèa e ea neve
di Donatella Nardin di Cavallino Treporti (VE)
Caligo
di Gian Albo Ferro, di Rosolina (RO)
anno 2018 (XV edizione)
partecipanti: 44
I classificataGh'è piassè robe on cel
di Nerina Poggese, di Cerro Veronese (VR)
II classificataGrijo inamorà
di Tosca Spadetto, di Ramon di Loria (TV)
III classificataFiume del tempo
di Roberto Velardita, del Lido di Venezia

segnalate

El temporal
di Italina Camillo, di San Donà di Piave (VE)
Come 'na paveja
di Mariano Guzzonato, di Marano Vicentino (VI)
Decubertèn
di Gianni Zanusso, di Croce di Piave (VE)
anno 2017 (XIV edizione - del centenario della nascita)
partecipanti: 52
I classificataCanèe de paeù
di Raffaella Lucio di Romanziol, Noventa di Piave (VE)
II classificataOgni dì nòo
di Nerina Poggese, di Cerro Veronese (VR)
III classificataCaro dialeto
di Agnese Girlanda, di  Verona

segnalate

Se un giorno... di Luciano Bonvento, di Buso (RO)
Quanto di Rita Mazzon, di Padova
Spiera de sole di Gian Albo Ferro, di Rosolina (RO)
Incocalìo di Licia Mandich, di Cannaregio, Venezia
Na vecia amiga di Antonietta Comparin, di Grassaga di San Donà di Piave (VE)
Mi e ti di Sandro Zucchetta, di San Donà di Piave (VE)
E... di Italo Dal Forno, di Illasi (VR)
anno 2016 (XIII ed.)
partecipanti: 48
I classificataI scarpon
di  Neva Perissinotto, di San Donà di Piave  (VE)
II classificataA piena osse
di Rosanna Ruffo, di San Martino B.A. (VR)
III classificataLa scarpìa
di Licia Mandich, di  Cannaregio, Venezia

segnalate

Quando le prime onbrìe di Ines Scarparolo, di Vicenza 
Siora Mortadèa di Francesco Forlin, di Oderzo  (TV)
Fra tera e acqua di Ilario Dittadi, di Campalto  (VE)
Ave Maria di Sandro Zucchetta, di San Donà di Piave  (VE)
Le tendine di Luciana Gatti, di Minerbe  (VR)
Abandon di Anna Maria Lavarini, di Verona
Sto tempo di Ermanno Fornasier, di Croce di Piave (VE)
anno 2015 (XII ed.)
partecipanti: 55
I classificataLa Neta del late
di Marina Filiputti, di Thiene (VI)
II classificataSe vendema
di Antonietta Pulzatto Bagolin, di Oderzo (TV)
III classificata'Na casa
di Antonella Faraon, di Eraclea (VE)

segnalate

'L profumo del fen di Vittorio Dedin, di San Donà (VE)
El diaeto che resta di Erica De Zotti, di Musile di Piave (VE)
El specio di Licia Mandich, di Venezia
La to giacheta di Anna Maria Lavarini, di Verona
Sensa misura di Tosca Spadetto, di Ramon di Loria (TV)
No son pì mi di Graziano Depentor, di San Donà di Piave (VE)
Me ricorde di Neva Perissinotto, di San Donà di Piave (VE)
anno 2014 (XI ed.)
partecipanti: 47
I classificataI premio non assegnato
II classificataEl poeta inbriago
di Ilario Dittadi, di Campalto (VE)
III classificataEl cachèr
di Francesca Sandre, di San Donà di Piave

segnalate

En sol fagot di Guido Leonelli, di Trento
Le do margarite di Giovanni Benaglio, di Verona
Cussì i te ga catà di Diego Fantin, di Verona
In ostaria di Domenico Bertoncello, di Vicenza
Vé cun méc di Graziana Binelli, di Trento
Colloquio al fronte di Antonietta Mariuzzo Gorghetto, di Fossalta di Piave (VE)
Onbre di Maria Elsa Scarparolo di Vicenza
SEZIONE GIOVANI
partecipanti: 9
Nessun premio assegnato
anno 2013 (X ed.)
partecipanti: 50
I classificataNdo finisseli i sogni
di Nerina Poggese, di Cerro Veronese (VR)
I classificataContrà
di Anna Maria Lavarini, di Verona
I classificataEl pàmpano
di Luigi Ederle, di Grezzana (VR)

segnalate

Omo e can di Giovanni Benaglio, di S. Giovanni Lupatoto (VR)
Pianta de vita di Mariano Fortunato Guzzonato, di Marano Vicentino (VI)
La borseta di Licia Mandich, di Venezia
Ea vose del mare di Antonio Giraldo, di Arzergrande (VI)
El core no gà visto gnente di Roberta Zaniolo, di Villa del Conte (PD)
Scondicuc di Aldo Ronchin, di Ormelle (TV)
Łusarioła di Gaetano Forno, di Padova
SEZIONE GIOVANI
partecipanti: 2
Nessun premio assegnato ma segnalazione per Nicolò Dedin di San Donà di Piave (VE)
(senza titolo)
anno 2012 (IX ed.)
partecipanti: ...
I classificataEl ughéta
di Lucia Basso, di San Donà di Piave (VE)
II classificataL’onda
di Licia Mandich, di Venezia
III classificataRino Olivo
di Francesca Sandre, di San Donà di Piave (VE)

segnalate

Presensa d'assensa di
Scale di Lucia Beltrame Menini, di Verona
Sgrensava i balcuni di Ines Scarparolo, di Vicenza
Aria antiga di Gaetano Forno, di Padova
De sora al so porton di
Me papà caretier di
El caffè de 'a matina di
anno 2011 (VIII ed.)
partecipanti: 50
I classificataTera mia
di Antonietta Pulzato Bagolin, di Oderzo (TV)
II classificataOci de Putei
di Raffaella Smaniotto, di San Donà di Piave (VE)
III classificataVendéma
di Alessandro Zucchetta, di San Donà di Piave (VE)

segnalate

Me more el core di Mariano Fortunato Guzzonato, di Marano Vicentino (VI)
Tempi de desso di Claudia Pillon, di Mestre (VE)
Lubenica di Guido Leonelli, di Calceranica al Lago (TN)
Darcao la lèndana Vittorio Ingegneri, di Noventa Padovana (PD)
L'alba di Ilario Dittadi, di Campalto (VE)
I tuoi diciassette anni di
Co Dio vorà di Ines Scarparolo, di Vicenza
anno 2010 (VII ed.)
partecipanti: 40
I classificataEl libro de la vita
di Nadia Zanini, di Bovolone (VI)
II classificataNevegada in alta montagna
di Diego Fantin, di Thiene (VI)
III classificataGarbinada
di Ilario Dittadi, di Campalto (VE)

SEZIONE RAGAZZI

poesia
segnalata

El vento di Lisa Avesani di Verona
anno 2009 (VI ed.)
partecipanti: 53
I classificata'A canson del Vajont
di Francesco Morando, di Salzano (VE)
II classificataEl ridea
di Antonietta Pulzatto Bagolin, di Oderzo (TV)
III classificataSbiansi fureghini
di Ines Scarparolo, di Vicenza

segnalate

Sul Caregón del Pèlmo di Emilio Gallina, di Treviso
El diaèto di Diana Maimeri Lugo, di Isola della Scala (VR)
'A mongolfiera di Speranza Visentin, di Mestre (VE)
Tra le to piume de scienza e sorrisi di Marta Vaccari, di S. Giovanni Lupatoto (VR)
anno 2008 (V ed.)
partecipanti: 30
I classificataPar no infiapir
di Berta Mazzi Robbi, di Casteldazzano (VR)
II classificataEl zogo de le parti
di Clara Rossetti, di Chirignago (VE)
III classificataSupiava libaro el vento
di Luciano Bonvento, di Buso (RO)

segnalate

Ondéze le luzariole di Maurizio Boscolo Meneguolo, di Sottomarina (VE)
La vose de Carlo Goldoni di Gianna Tenuta Pilon, di Treviso
Brusamarso di Mariano Guzzonato, di Marano Vicentino (VI)
'A lissia di Antonietta Pulzatto Bagolin, di Oderzo (TV)
'A misura di Guido Leonelli, di ...
SEZIONE RAGAZZI
I classificataCavaeo a dondoeo
di Aurora Vanin
II classificataVecio
di Valentina Marcon
III classificataMe nono me conta
di Barbara Alberton


segnalate

'A jornada del contadin di Jessica Vecchiato
I ricordi di Luca Visentin
El diaeto di Alessandra Beraldo

Partecipò un nutrito gruppo della scuola media di Meolo sotto la guida dell'insegnante Maria Luisa Novello
e un gruppo di ragazzi della Parrocchia S. Tiziano di Stretti sotto la guida del parroco don Alberto.
anno 2007 (IV ed.)
partecipanti 22
I classificata"So"
di Clara Rossetti, di Chirignago (VE)
II classificataCeséta
di Marta Vaccari, di San Giovanni Lupatoto (VR)
III classificata'A carèga
di Stefania Basso, di San Donà di Piave (VE)

segnalate

Te ne manchi, Nico di Emilio Gallina, di Treviso
Lampese la lanterna di Maurizio Boscolo Meneguolo, di Sottomarina (VE)
SEZIONE RAGAZZI

segnalata

'A piova di Piovesan Leonardo, di Calvecchia di San Donà (VE)
anno 2006 (III ed.)
partecipanti ...
I classificataE speto
di MariaRosa Zampieri
di Verona
II classificata---
di ...
di ...
III classificata---
di ...
di ...
anno 2005 (II ed.)
sezione A)
lingua italiana
I classificataIl quinto elemento
di Cassandra Venturini, di Lendinara (RO)
II classificataL’ultima favola
di Luciano Bonvento, di Buso (RO)
III classificataBarbagli
di Monica Schiaffini, di Sestri Levante (GE)
Sotto il cielo dell’Iraq
di Gloria Venturini
di Lendinara (RO)
sezione B)
dialetto veneto
I classificataS-ciantisi de morte
di Diana Maimeri Lugo, di Isola della Scala (VR)
II classificataE man dei putei
di Clara Maschietto, di San Donà di Piave
III classificataAl telar de la vita
di Nadia Zanini, di di Bovolone (VR)
sezione C)
Ragazzi
“Ritenendo inopportuno stabilire una graduatoria di merito...”
anno 2004
Giuria: Gianfranco Cecchinato (Pres.), Laura Pierdicchi, Gianfrancesco Chinellato, Severino Bacchin, Salvatore Cusumano, Alfio Fiorentino, Umberto Pascali
sezione A)
lingua italiana
I classificataIl senso profondo
di Alessio Biancotto (Alex N), di ...
II classificata---
di ... , di ...
III classificata---
di ... , di ...
sezione B)
dialetto veneto
I classificata---
di ... , di ...
II classificata---
di ... , di ...
III classificata---
di ... , di ...
sezione C)
premio speciale ragazzi
I classificata---
di ... , di ...
II classificata---
di ... , di ...
III classificata---
di ... , di ...

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TESTI DELLE POESIE PREMIATE
O SEGNALATE

2019

1a classificata 2019

LA VECIA GRIMA (LA VECCHIA STREGA)

di Roberto Velardita, del Lido di Venezia


La par ’na strassa vecia pusada su la carega:
incatramada fissa come che xe chi prega,
involtolada streta ne la mantrelina nera
la varda fisso el sol che sbrissa verso sera…
La varda fisso el mar che ingiote ’n altro zorno,
un altro fià de tempo che no’ farà ritorno
e pur senza saver cossa che sia davero
per un istante la vede el pozo del mistero:
“Che fine mai ga fato la me beleza vana
se adesso nel me specio ghe xe ’na carampana, 
cossa xe mai el tempo, cossa xe’l dopo e’l prima
se jeri gero un fior e anquo mi so’ ’na grima!”
Ma intanto che la ghe pensa za ghe se sera li oci,
la mantelina nera ghe sbrissa sui zenoci, 
la testa se ghe puza pian pian sora na spala…
La grima nel so sogno ze ’na tosa che bala…

Motivazione del premio
La poesia si fa apprezzare per aver saputo esprimere con leggerezza divertita, eppur con precisione di rime e fluidità compositiva, un tema universalmente condiviso, quello della bellezza che passa.

2a classificata 2019

LA CANSONETA DEL MAR

di Italo Dal Forno, di Illasi (VR)


Vento, vento del mar
no posso mia capirte
fin che te fis-ci el to stranbo dialeto.
No son marinar,
no savarea ’sa dirte
e gnan posso dimandarte: “ ’Sa ghe-to?
Parché no si-to chieto?”

Da solo in spiaia sto, 
cissà ’sa te me disi
coan tuto te me sfrisi
come te volessi cavarme zo.
par narme al cor de sfroso
parché ’sa penso saer te si curioso.

Onda, onda del mar,
te pari un fià sustosa
che’l vento el voia discorar co mi.
Coanto te fa danar
ti che te si la sposa
d’averghe un sbrindolon come marì
che no’l tende sol ti.

Cussì par la rabia
l’àcoa del mar te moi, 
che vaga ’ìa te voi,
e te contento e fò ne la sabia
le me peste lì rento
parché de mi ’l se tegna in mente ’l vento. 

Motivazione del premio
Pur presentandosi come semplice “cansoneta”, la poesia restituisce con sapiente scelta metrica e stilistica la voce e gli umori del mare.

3a classificata 2019

ESSENSA DE LA PARVENSA

di Susanna De Grandis, di Verona


Gh’è na Verona la note, che respira fine
par non disturbar.
Con le so statue che te guarda, in silensio,
le te segue, movendo apena la testa,
i to passi, le te scolta curiose, 
e le bisbiglia tra de lore,
racontàndose storie, te senti che le vive anca lore.
Gh’è ne l’aria silensiosa de la note, na vita che Verona la tien segreta durante el giorno,
quando la cità la vive de caos e frenesia.
Gh’è na Verona che se fa amar quando nessuni la le vede,
fantasmi gentili i vien fora da antichi e austeri palassi,
da le loro storie par ritrovarse ne le vie, 
sciàmano con l’alegria de la vita andada, 
i va a spasso ne le piasse che profuma de secoli, 
e in riva a l’Àdese che se move chieto soto la luna.
Dopo lentamente, 
al primo ciaro de l’aurora, 
la cità la torna dòcile,
e tuta la so magia la se riacquieta.

Motivazione del premio
La poesia, con linguaggio soave e sommesso come le presenze che intende descrivere, fa rivivere al lettore l’atmosfera di una Verona onirica popolata di sottile magia.

Vengono altresì segnalate

EA PUTEA E EA NEVE

di Donatella Nardin di Cavallino Treporti (VE)


Ea slega incantada el vardar dal tajo
scuro del ocio,
l’ànema dal scarmoin de un corpo vegnuo
da tanto eontà
e ea se sbaeota co el bianco bonbaxo
de fiochi ovatài, ciusi
nel propio paeor

ea putèa africana a Venessia

ea vede par ea prima volta ea neve,
ea ghe core drio, ea toca,
ghe cresse su ea façia, ai piè del ponte,
açaeà ea feiçità
e el çieo xè un son de calcossa de fin
cascà xo dal alto

’ieve, ’ixiero, sfioca su i àvari
e anca sui fianchi
un tempo de eate, inoçente, cofà na roba
de sogno renbalxa
tra ’e minue el primo albexàr de neve,
struxente el spaveja
tra ’e more dreçete, tra rive e canai
e un cico più soto,
nel ciarissimo blu dea mente.
[el scarmoin de un corpo = l’esile corpo]
[açaeà = indelebile]
[el spaveja / tra ’e more dreçete = sfarfalla / tra le nere treccine]
[un cico più soto = appena più sotto]

Motivazione della segnalazione
La poesia commuove per come sa raccontare, con sapiente scelta lessicale e maestria nella costruzione delle immagini, lo stupore e la meraviglia gioiosa di una bimba che vede per la prima volta la neve.

CALIGO

di Gian Albo Ferro, di Rosolina (RO)


A mi, el caligo no me fa tristessa.

Da le me parte
ghe semo ’bituà, da sempre,
e el ne regala on mondo
diverso
indove tuto perse consistensa
e le figure pare
no ’vere pì contorni
come i sogni
che on fià ala volta
i se ne va
come i ricordi
che i se smarisse poco a poco 
int’el tramacio del tempo.

Eco, 
penso ca sia proprio par questo
ch’el caligo
no me porta tristessa:
forse parché ’l è solo
el specio dele nostre &a grave;neme.
[perse = perde]
[tramacio = rete]

Motivazione della segnalazione
Con linguaggio che appare semplice e razionale la poesia sa creare una trama di corrispondenze tra il mondo reale reso incerto dalla nebbia e l’animo umano.

2018

1a classificata 2018

GH'È PIASSÈ ROBE ON CEL (CI SONO PIÙ COSE IN CIELO)

di Nerina Poggese, di Cerro Veronese (VR)


Stravacà su malgarite che ò spelacià
par far m'ama no m'ama co i dì
lasso che i ciapa la rincorsa i me oci
e che i se stufa 'ndrio nel cel.
Co on diel sposto sgonfe de passaio
e discoro co 'l asuro piassè lustro.
On pien de vita l'è sta libertà
sensa cao né aldari,
colma de sgoli de pensieri
che se fa caresse de ale
e girotondi de foje e fioreti.

E speto che el sol sotovosse
se meta el pigiama de fanela,
ma colorata
e che 'l se buta ne la cuna de i monti
'mpissando le prime slusarole
e 'l abasiur de la luna par poder arfiar
fra stéla e stéla on fontego de storie,
storie vece e saorìe de anime chiete,
come la mia, chi, pudà
su la spala del tempo.

Traduzione
Stravaccata su margherite che ho spelacchiato / per fare m'ama non m'ama coi giorni / lascio che prendano la rincorsa i miei occhi / e si tuffino all'incontrario nel cielo, / Con un dito sposto cumuli di passaggio / e faccio l'amore con l'azzurro più pulito. / Un pieno di vita è questa libertà / senza fine né argini / colma di voli di pensieri che si fanno carezze d'ali / e girotondi di foglie e fiori. // E aspetto che il sole sottovoce / si metta il pigiama di flanella, / ma colorata / e che si getti nella culla dei monti / accendendo le prime lucciole / e l'abat-jour della luna per poter respirare / fra stella e stella una grande quantità di storie, / storie vecchie e saporite di anime quiete, / come la mia qui, appoggiata / sulla spalla del tempo.

Motivazione del premio
La poesia si fa apprezzare per la ricchezza e la ricercatezza delle immagini, per la copiosità di metafore, incantevoli e ben costruite, quasi un'unica metafora insistita che rende facile l’immedesimazione del lettore nello sfondo suggestivo della natura e del cielo che tutto domina

2a classificata 2018

GRIJO INAMORÀ (GRILLO INNAMORATO)

di Tosca Spadetto, di Ramon di Loria (TV)


Se dovesse aver Signore
na seconda possibilità
fame nassar grijo inamorà
par cantar a tute 'e ore
serenate fin note fonda
a la luna siensiosa e tonda.

No farme omo o dona, Te prego
che spropositi i sputa da la boca
co paròe che spuncia, che copa
da piturar sto mondo de nero, 
ma métame su 'l giardin là de fora
par vedar el cé che pian s'indora.

Cantarìa cussì al splendor de 'a me vita
strussando le zampete come un archeto
diventarìa un violin intonà perfeto
par far sentir a tuti la me gioia infinita
le note d'amor vegnarìa fora da soe
sensa paura de sbaliar le paroe.

Motivazione del premio
La poesia si fa apprezzare per l’allegria e la spensieratezza che trasmette. Con un linguaggio semplice, essa mostra originalità e suggerisce un significato più ampio, morale. Le rime all’interno dei versi contribuiscono a creare un’onomatopea musicale che pervade l’intero componimento.

3a classificata 2018

FIUME DEL TEMPO

di Roberto Velardita, del Lido di Venezia


I sàlexi sul àrzene par [= paiono] farghe la gratariola
mentre che passa el lampo de un airon che zvola

le canèle se move pe' un refolo de vento
fassendo s'ciompar rospi per via del gran spavento...

Le ànare co le ciàcole ghe fa un fià compagnia
a un cason che mor dove che mor la via,

co tute le so memorie de un'esistenza agra
momenti de miseria, de fame e de pelagra,

perso tra tere e campi che par no gabia fine,
schisà da un sielo imenso come se vede al cine

e tuto par un quadro che no se move mai:
se move solamente le coe de do cavài

e quela de un cagnasso che ogni tanto sbraja
e pó el se mete quieto drio de un covon de paja...

Un campaniel distante che quasi no'l se vede
el ghe scandisse le ore a tuti queli che crede

e un vecio pescaor che da 'na vita lo sente
el sa che cambia tuto ma pó no resta gnente,

ché gnanca sto gran fiume al tempo no'l tien testa:
El ghe n'à passà tante, ma xe finìa la festa,

par questo lo saluda e pó lo lassa andar
doman el vecio fiume se negarà nel mar.

Motivazione del premio
Con i suoi versi lunghi e musicali che suggeriscono lo scorrere del fiume nel tempo, la poesia conquista il lettore per la ricchezza delle immagini e per il ritmo cantilenante che rende la lettura fluida e ritmata

Vengono altresì segnalate

EL TEMPORAL

di Italina Camillo, di San Donà di Piave (VE)


Co se iera pìcoe el papà e 'a mama
se 'i sentìa aria de temporal
i ne ciaméa: - Presto, presto, tosete,
portè dentro 'e biciclete
el temporal 'l é vissin 
'l é tut nero par là el garbin!

I seréa el poeàme sul puner
mi vardée rovessarse 'e rame de selgher
me piaséa come el vento le pieghéa
ma me sorèe e 'a mama 'e se spaseméa;
sora el let 'e ne diséa de star
cussì dae saéte te te podéa salvar.

El papà metéa i belconi in spiera
tra 'e sfese el sussuréa na preghiera
se jera sicuri che 'a ne protegéa da'a tempesta,
drio ae so spae scrutee i so segnàcoi co 'a man destra
me paréa tut un rito strano, un mistero
ma sul nostro camp no tempestéa par davero...

Sodisfà el soridéa ae so tosete,
el diséa ridendo: - Iera Toni che missiéa panocete!

Motivazione della segnalazione: per la simpatia
La poesia si segnala per le belle immagini costruite nell’apparente storiella paurosa che si risolve in una chiusa rasserenante e simpatica che muove al sorriso.

COME 'NA PAVEJA (COME UNA FARFALLA)

di Mariano Guzzonato, di Marano Vicentino (VI)

Se a volte come un bao [=bruco] mi strissio in tera,
a so che un dì ndarò zolare in aria
e come na paveja verso 'l sole
vo libero pensando ai dì passà.

Se dopo giorni grami a testa bassa, 
che credo aver tocà parfin el fondo,
me resta de vardare solo in alto
parché 'l pì belo rive, verso sera...

a quei che me vurìa tajar le ale
rispondo che so stà da tenpo un bao
e quando go inparà par ben zolare
strissiare più no vojo, de sicuro.

Me poso pian-pianin de fiore in fiore, 
sercando quel pì giusto che sarà
a farme conpagnia nel me giorno
co 'a forza de quel sugo ch'el me dà.

E se cussì sarà de la me vita,
che dopo aver posà su tante strùssie [=fatiche],
alsando 'a testa, punte verso l'alto
e possa rapossar le ale in Celo!

Motivazione della segnalazione: per la metrica
Veicolando riflessioni sul cambiamento che sempre può intervenire nelle nostre vite, la poesia trasmette un sentimento di positività, con un linguaggio semplice e attraverso immagini giocose. Il componimento si fa apprezzare per l’attenzione e la cura messe nella scrittura dei versi, tutti precisi endecasillabi.

DECUBERTÈN (DE COUBERTIN)

di Gianni Zanusso, di Croce di Piave (VE)


No, no posse partecipar
parché el diaèto me fa danar
come i pori migranti inte'l mar
migranti desperai che 'i é causa de tuti i mai,
migranti trasandai,
afamai, maeai
abandonai da tuti i paesi civi'izai
destinai a passar un sac de guai
finché dura 'e canpagne eletorài

Forse é mejo partecipar 

e ndar torli in mezo al mar.

Motivazione della segnalazione: per l'arguzia con cui pone un tema ineludibile, e per l'apparente leggerezza con cui lo fa
Se, sportivamente parlando, non è così chiara l'importanza di partecipare a un concorso di poesie (per le difficoltà che la ligua dialettale pone), di certo molto più importante è lasciarsi coinvolgere dalle dolorose e umanamente pressanti difficoltà dei migranti, e riconoscere la necessità di portare sollievo alle loro sofferenze senza condizioni di sorta; le ossessive rime in "ai", che possono apparire un gioco divertente, allo stesso tempo sono un lamento che non possiamo non ascoltare. Partecipare per gioco al concorso è occasione e monito per dichiararsi inevitabilmente partecipi della condizione umana di chi sta peggio.

2017

1a classificata 2017

CANÈE DE PAEÙ

di Raffaella Lucio, di Romanziol, Noventa (VE)


Se marzo el se sveja co i oci 'ncora cuèrti de brosa
l'aurora lo scalda co 'a so prima luce rosa
e 'a scalda 'a erba in ténari fii e i buti sgionfi de foie e fiori
che de sede e viudi i vestirà canpi e fossi.
E se scalda 'sto arzarét de 'a Fosseta che de lustra erba
'l à zà mess su un mantel verde noèl profumà de vioéte,
timide tosete de 'a zovane staion.

'A primavera la é drio rivàr de pressa ma zo là,
in riva al canal, 'ndove planando se sbassa el cocàl,
s'intardiva 'l inverno infagotà inte 'na selva seca
de canèe de paeù 'ncora tute in pìe alte e drete
che, co i so bei bei penaci in ponta, 'e se specia
inte 'a aqua de 'a Fosseta che le varda chieta chieta.

Ma có el vento fis-cia forte s'ingrespa 'e onde,
s'inarca 'e cane sventoeando 'a piuma in testa
e, baeando, 'e ghe fa festa a do masorini inamorai
che i fa 'l amor senza ritegno e po i se buta in aqua
contenti de vivar cussì, co 'sto unico inpegno: far 'l amor sensa ritegno.
E poc pì in là 'na bianca garzeta, tirando su 'na zata,
li varda e 'a speta.

Motivazione del premio: la poesia si distingue per l’uso sapiente della lingua dialettale e per la notevole padronanza del verso, in cui la precisione degli accenti timbrici rimanda ad echi pavesiani; il bozzetto naturalistico costruito risulta efficace, ricco di movimenti e tuttavia sospeso nel tempo.

2a classificata 2017

OGNI DÌ NÒO

di Nerina Poggese, di Cerro Veronese (VR)


Oci foresti vèrdhe i scuri,
spassa fora frégole de note [=briciole di notte]
e la via se s-ciara
nando par sora de vita on corte.
Oci foresti traèrsa i me passi,
on che dialeto te dirò -bondì-?
Elo 'mbisogno on soriso
desarmà de difidensa?
Sempre a testa bassa va 'l omo,
pèl stessa de la mia,
ma la facia dura
de ci no vede mai la luna farse tonda,
ma solo pì o manco de traèrso,
dura de ci màstega pensieri 
parè-do co na chicara de cafè. [=buttati giù con una tazzina...]
'L è pì fàssile capirse a moti [=a gesti]
che parlando 'talian a 'olte,
'l è pì fàssile darse del ti
e spartir on graspo de ua fraga 
che proàr a scoltar rogne
ne 'na lengua conossùa a memoria
come saluso la matina.
Sarà le rade che binerà-su crussi  [=saranno le lancette che raccoglieranno crucci]
'nmotandomeli 'ntorno, [=ammucchiandomeli addosso]
ma quan vèrdho 'l usso 
'i m'à 'nsegnà la creansa
de tirar i lavri on su
a ogni dì nòo che gò la fortuna
de arfiar. [=di respirare]

Motivazione del premio: la poesia viene premiata per l’originalità delle immagini, in un soliloquio che sottolinea l’importanza della comunicazione non verbale, capace di superare barriere e diffidenze e antiche sofferenze; il non detto viene trasfigurato e anch’esso superato dalla necessità esistenziale di affrontare la vita con un sorriso.

3a classificata 2017

CARO DIALETO

di Agnese Girlanda, di Verona


Là, sul meal de 'na contrà [meal = soglia]
inpisolà fra aleluja de rose
e amen de ortighe,
podarèa saltar fora 'na noneta
da 'n cucugnel bianco che, [=con uno chignon bianco]
co 'na parlantina svelta
nel dialeto de la so stirpe,
te snosela on fiume de dolsi ciàciare...

Magari,
co 'na cioca de grombial [=del grembiùle]
mendà da angonare de passienza, [=rammendato da gugliate di pazienza]
la se sugarà i oci tirando in bal
fesonomia scancelè dal tempo
da pelagre... guere...

El so dir,
infrusinà da 'n fogolar de ani, [=affumicato da un focolare di anni]
'l è 'na carta carbon che à salvà
caresè de acenti drento el derlo [=carreggiate di accenti dentro alla gerla]
de la so mente,
nespole misse, frachè ne la paja, [=nespole fatte, pigiate nella paglia]
'sto caro vernacolo, anca se
stramencià de parole a la moda [=storpiato da...]
'l è na somensa da salvar, 'n'ostia
da posar ne la boca del cor
de ci nassarà doman.

Motivazione del premio: la poesia viene premiata per la scelta dei tanti e antichi termini dialettali, singolari, certamente desueti, che riacquistano verità e naturalezza in quanto abilmente affidati all’immagine e alla lingua di una “nonnina”, veicolo e simbolo di un patrimonio linguistico dal valore inoppugnabile, quasi sacro.

4a classificata 2017 (SQUALIFICATA)

SE UN GIORNO...

di Luciano Bonvento, di Buso (RO)


Nò caminarme davanti, amigo,
podarìa no èssare bon
de tegnére el to passo;
nò caminarme dedrìo, amigo, 
podarìa no savere dove te porto;
caminemo fianco a fianco,
staremo senpre insieme.

Se on giorno, amigo, 
te vegnesse voja de piànzare,
ciàmame.
No te prometo de farte rìdare,
ma podarìa piànzare co ti.
Se on giorno, amigo,
te vegnesse voja de scanpare,
ciàmame.
No te prometo de fermarte,
ma podarìa scanpare co ti.
Se on giorno, amigo, 
te vegnesse voja de de no parlare più,
ciàmame.
No te prometo che starò bon,
che no te farò domande...
Ma...
Se on giorno... amigo mio,
ti te me ciami e mi no te rispondo,
sércame de corsa:
forse "mi" go bisogno de ti.

Come ha segnalato un'attenta lettrice, questa poesia è risultata essere la giustapposizione e traduzione quasi letterale di due poesie, la prima di Albert Camus, la seconda di Gabriel Garcia Marquez, entrambe sul tema dell'amicizia, che a volte anche in rete si trovano accostate.

   

5a classificata 2017

QUANTO

di Rita Mazzon, di Padova


Se me specio nel passà el viso trema
Tuto queo che me ga rasentà se scura [rasentà=sfiorato]
Nel stagno no ghe pòe essar
l'onda del doman
Tuto xè sarà ne 'a so sponda
Gira la me ora e po la torna
Me sfojo del me verde
Se verze la scorsa dura
Desméntego queo che go inparà
Tegno queo che no serve
Dovarìa essar buto, ma me spanpano [buto=bocciolo]
Ghe lasso soo a la poesia 
de dar 'l odor a la me vita
El vento fiapo de un pensiero
infumegà de recordi
me camina drento
Scavesso la memoria in tanti tochi
e no trovo più la còa giusta [=la colla]
par tacarli insieme
Col 'ndar dei ani tuto se fa trasparente
El silensio fa de guardia a la paròa
che deventa puareta
no la fa più svoàssi
El tenpo intanto la strenze
Fasso finta de brigare
Quanto, quanto go da fare!
Ma xè soo 'na buzia
par restare ancora viva.



6a classificata 2017

SPIERA DE SOLE

di Gian Albo Ferro, di Rosolina (RO)


Dopo tanto tenpo
no ocore pì gnanca ca te veda
me basta
sentirte bissegare par la casa [bissegare=muovere]
come on sorghin de note, [=come un topolino...]
darte 'ose ogni tanto
da 'na càmara a 'n'antra
e robarte co te passi,
tuta ciapà da le to robe,
on baso
par sto spianso de vita [spianso=scorcio]
co ti, el me ben,
la me spiera de sole. [=mio timido raggio di sole]

7a classificata 2017

INCOCALÌO

di Licia Mandich, di Cannaregio, Venezia


Xe sparìo el lustro dei cavei
che faseva onda al viso
soto i oci
do musine conserva làgreme

su le pùpole
ze saltà fora
qualche bisseta viola
che par piturada

anca inpomatàe 
le man sfadigone
regala caresse
da gratacasa

par tegnir bota a la moda
me inpiro
quatro steche
da mancanza de respiro

ma come ti fa
a vardarme incocalìo
e dirme
che so ancora bèla

8a classificata 2017

'NA VECIA AMIGA

di Antonietta Comparin, di  Grassaga di San Donà di Piave (VE)


Stamatina anca se 'a sveja n'a jera ancora sonada
de bonora me son lavada:
sarà parché da un fià de tenpo 'l é calcossa che me tormenta,
anca se de'a me vita son bastanza contenta.
Dopo aver fat coeazion son 'ndada in magazin
a cior qualche toc de 'egno da brusar inte'l camin.
Prima de entrar ò pensà che 'sta vita 'a é proprio 'na passion
senpre i stessi gesti, 'e stesse mansion, tuta 'na ripetizion.
Ma dopo t'ò vista int'el angoet
picada a un ganz come un bacaeà e te m'à fat pecà:
rùzene, coi covertoni inderegai, cuerta de scarpìe
insoma piena de magagne infinìe.
Mi però in chel momento t'ò rivist come int'el passà
quando, nova de baìn, t'à portà casa el me papà.
Te jera slanciada e co 'a vernise rossa
tant da farghe a 'e me amighe 'na invidia bea grossa
Co ti no vée paura de gnent
e me vegnéa da far 'a smargiassa
giràndoghe intorno ai siori de 'a piazza.
Remenando 'ste robe passàe 'na 'àgrema 'a me vegnùa fora 
ma no de mainconìa
de 'na ritrovada a'egrìa che 'a par dirme:
"inte 'a vita ocore pedaear e vardar vanti
se te vol tegner i rumegoni distanti".
Varda, cara, lo promete,
doman te nète e tire a rajo
par farte cora co 'a me nevodeta,
cara 'a me vecia bicicleta.

9a classificata 2017

MI E TI

di Sandro Zucchetta, di San Donà di Piave (VE)


Slongai inte 'a spiaja
cofà i ani 
del nostro vivar...

Nassùo dal mar
el nostro amor,
nassùo illuminà
dai s-ciantizi del sol
su l'aqua chieta,
d'istà,
de 'sto mar senpro istéss 
anca dopo quaranta ani
e tre fiòj
'l é quel che sen 'rento.

Inbrazài,
ven fat su'ando
el pan e 'l vin.
Inbrazai,
'liegri ven pondest
in fra la tera e 'l mar.
Inbrazài,
ven vardà incantesemài
el giro de 'a roda...

Intant che su 'a riva
un cocal becota qua e là,
son mi de ti el pinsiero,
te sì ti de mi el respiro.

10a classificata 2017

E...

di Italo Dal Forno, di Illasi (VR)


Quanto me piase sognar che le stele
le possa tendar, stàndome de sora, [=possano stare attente/badare]
come qua zo la me vita la cora
par darme 'na man da brave sorele.

E sperar che quando l'è la me ora
le me menarà nel ciel su co ele,
par brusarme i pensieri e anca la pèle
com'è passà chela co la missora. [=non appena sia passata quella con la falce (la morte)]

E consumarme 'rento 'l so fogaro
essar polvar che se perde nel gnente
de un mondo 'ndo 'l tenpo no 'l gà genaro.

E nar sensa memoria vantindrìo
fin che no nassarò co la me gente
là 'ndo 'l me vorà par senpre 'l bon Dio

2016

1a classificata 2016

I SCARPON

di Neva Perissinotto, di San Donà di Piave (VE)


Inte ’a cantina de me nona
in alt picài a ’na trave
é un par de scarpon
che i casca zo a penzoeon

I xe bruti, strazi, coi cordoni ingropai, fruài
el curame da tant vecio
el xe tut sec e crepà
e ’a siòea ’a xe verta par metà.

I scarpon i iera del nono
che in guera el iera ’ndà
e ’a nona li tegnéa de conto
’a ghe parlea come se lu el fusse qua.

E mi coi oci da putèa
vardée, de scondion, da’a sfesa de ’a porta
’a nona co ’e man zonte
co ’e làgreme... assorta.

El so bel viso
el se verzéa prima co un soriso
dopo, sentada so ’na carèga
’a se fea triste e co monotonia
par che ’a preghe e dise ’na poesia.

Dess é passà tant tenpo d’alora
e ’a vose de ’a nona ’a sente ancora
’a vede davanti a quel strano altar
e ’a dise:
"Non ghen’ posse pì, son sfinìa
Piero, dame ’a forza de vivar
dìgheo a Gesù e Maria."

Motivazione del premio: Gli scarponi del nonno, appesi in alto alla trave della cantina, sono conservati come una reliquia dalla nonna, che viene osservata di nascosto dalla nipote (“vardee, de scondion”) mentre a quella sorta di altarino ella sembra rivolgere pensieri e ricordi.
E se si può non rimaner colpiti dall’immagine che costituisce il tema della poesia, lo si rimane però dalla capacità della poetessa di celare fino in fondo – per poi restituirlo come un’epifania – il reale significato (religioso ed esistenziale) de “i scarpon”: i quali, costituendo per la nonna una evidente proiezione del marito morto, la inducono sì a invocarlo quale naturale intercessore presso Gesù e la Madonna per ottenere la forza di reggere le fatiche della vita… ma che la sorprendente confessione finale rivela carica di sofferenze e di tribolazioni.

2a classificata 2016

A PIENA OSSE

di Rosanna Ruffo, di San Martino del Buon Albergo (VR)


’L é belo girar par Verona
’nte un dì de sol
e de ’òia de caminar.
Gh’è ’l Adese che passa,
pien de curve e la caminada
che posso far l’è longa.
Sgamberlo su el longàdese e
scolto el brontolar de l’aqua
tra i sàlesi vegnua zo dai monti.
Te sento scrioltolarte contento,
te invidio, pensando che 
te pol ciacolar, fintanto
che te rivi al mar.
Par la me testa me sbrindola
pensieri e mile storie,
taco contàrtele a piena osse.
Te me scolti e te capissi.
Tut’a’n trato, nel far ’na ’olta
in pressia, te vedo tornar indrìo.
Me confondo, fiol de ’n can
no te vorè mia darme de ’olta
i crussi che te gò pena contà!
Fame ’n piasser, pa’ staòlta
portali in zo co ti e...
nègali ’n te’l mar.

DIZIONARIO delle parole difficili:

Sgamberlo = 
sàlesi = salici
scrioltolarte =

Motivazione del premio: Il fiume, con i suoi rumori che paiono voci di chiacchiera, sembra l’interlocutore adatto per lasciarsi andare alle confidenze, allo sfogo personale, ad altre chiacchiere destinate al dimenticatoio e all’anonimato del mare; ma un’improvvisa e non subito riconosciuta ansa che riporta indietro, con l’acqua del fiume, le confidenze appena fatte agita per un attimo il poeta, che chiede di non dar loro peso ma di portarle dov’è giusto e destino che finiscano.

3a classificata 2016

LA SCARPÌA

di Licia Mandich, di Cannaregio, Venezia


do ragneti xe in barufa
par spartirse un cantonçin
solivo e queto
atornià da un bel caldeto

no i vol farse ’na rason
i se fa ogni dispèto
co le tele a picolon
che par fate de merleto

fin che un dì che i se cogiona
i se varda da viçin
i se çìmega i se squadra
i se piase un pochetin

stamatina de bonora
se ga visto un gran final
el canton che sostegniva
’na scarpìa matrimonial

DIZIONARIO delle parole difficili:

i se çìmega = si squadrano

Motivazione del premio: Baruffano tra loro due ragni, inizialmente diffidenti l’uno dell’altro: sembrano soffrire della medesima cocciutaggine degli umani ma anche del loro medesimo desiderio di voler essere altro; la baruffa li avvicina e muta il loro modo di “prendersi”. Perciò i due animaletti costituiscono una divertente metafora dei mutevoli rapporti tra uomo e donna. Con rime in seconda e quarta di ogni strofa, grazie agli ottonari alternativamente regolari e tronchi, il ritmo della poesia è allegro e brioso, quasi di danza, una danza che sembra invitare tutti alla festa suggerita dalla strofa finale.

4a classificata 2016

QUANDO LE PRIME ONBRÌE

di Ines Scarparolo, di Vicenza


El supiava gajardo
el vento
sgarufàndone i cavéji
pissigàndone ’e massèle
co satà lasarone.
E mi e ti, co l’ànda
da inbriaghi, ridèimo
come mati, sconti
dedrìo de ’a siesa de
Vila de i Nani:
strenzéndone fissi
se lassàino ciapare
da on morbin stranbo che
paréa cavarne ’l fià...
E quando ’e prime onbrìe
ne ga rovejà, rufiàne
el vento se ga fato bavezèla
caressa de seda, sgrìsole 
su ’a pele...
Amore, te ’o ricòrdito
el nostro primo baso?

Traduzione delle parole più difficili:

sgarufando = scompigliando
morbin = frenesia
ne ga rovejà, rufiane = ci avvolsero, ammaliatrici
sgrìsole = brividi

5a classificata 2016

SIORA MORTADÈA

di Francesco Forlin, di Oderzo (TV)


Te si là, 
tonda, pusàda, quasi indormensada,
su la scansìa del banco-frigo co i saeadi e i ossacoi.
Te vardi la zente che passa,
col to color rosa pastel, e i to bianchi tocheti de lardo,
seménse de pévero, qua e là un verde pistacchio.
Te speta co ardor
che qualchedun el te cioga
e che el domande a le man esperte del casoìn
co la matita su ’na recia
qualche fetina de ti, tajàda co tanto ben far,
Riva ’na tonda femenona co la traversa a fioreti,
te ghe fa océto, la te vede,
la se pensa de comprarte,
la gh’en domanda tre èti, invojada da l’aquolina in boca.
Quel drio al banco el te ciol, el te pusa co deicatessa
su la rossa afetatrice a manovèa,
gira el voàno
e vien fora fine fetine de ti, profumade de spezie,
pusàde su carta oleata da dove vien su el to aroma,
el ròdoea el scartoss, e te vien messa inte ’na sporta de paja.
Te torna fora
verta sora ’na tòea, co in parte quatro paneti
e quatro goti de vin nero;
i sòchi i s-ciopeta dentro al camin,
la famèia, sentàda de intorno, la te morsèga,
la ride contenta co la sente el to gusto
che inpenisse la boca.

6a classificata 2016

FRA TERA E ACQUA

di Ilario Dittadi, di Campalto (VE)


L’arfiar che ti senti
no xe so’o la vose de vento
... ’é xe ciàcoe
de burci e caorline
che biasteme e orassion
ga conpagnà.
Tira ’e rece e ti sentirà,
tra rauchi sighi de cocài,
ventàe de bora
e siénsi de bonasse,
levarse da velme e da barene
storie antighe
a contar de to pare
vestìo de strasse
e ’a mama
a spuar i polmoni
su ’e lissie dei mastei.
Te sovegnarà
miserie ’ontane
fra tere e acque
avàre e caigose,
conpagnae da un cavalarse
de sene misteriose
tra fiabe e verità.
E da che ripètarse de vose
che come stasera
te vien a parlar
...ssst... tasi e scòltie!

Traduzione delle parole più difficili:

arfiar = alitare
sighi de cocài = strida di gabbiani
lissie = liscive
sene = scene

7a classificata 2016

AVE MARIA (incidente stradal)

di Sandro Zucchetta, di San Donà di Piave


Ave Maria, gratia plena
i s’ha ciavà negai tuti e tre inte’l canal
in chel bruto incidente stradal

Dominus tecum
... e fameje in disperazion...

Benedicta tu in mulieribus
... làgreme dee mame...

Et benedictus fructus ventris tui
... portài nove mesi rento de voaltre...

Iesus
... parché, parché...

Sancta Maria Mater Dei
... fiol mio...

ora pro nobis peccatoribus
... fiol mio...

nunc et in hora mortis nostrae
... fiol mio...

Amen!

8a classificata 2016

LE TENDINE

di Luciana Gatti, di  Minerbe  (VR)


’I é tendine de franza scura chele zeje
davanti a le finestre de i to oci,
ma so che te me vardi
e no te scanpa gnente:
on soriso so na boca svèrgola
<’na schena rota sol schenal>
on sospiro intrivelà come un bissinelo
e tanta oja de un reve de panara
par tajare fete de polenta e pace.

’I é tendine de franza scura le to zeje
e te le lavi ogni matina
in on cadin de aqua ciara,
a piè descalzi su i quarei de la cusina,
co la camisa che t’ha visto butà
sul prà de ’na note incandìa de stele,
indò ghemo pascolà s-ciapi de sogni
zercando on agnelin 
sconto de drio la luna.

Traduzione delle parole più difficili:

svèrgola = smorfiosa
intrivelà come un bissinelo = attorcigliato come un mulinello
reve = filo
quarèi = mattoni
butà = (in questo caso) distesa
incandìa = bruciacchiata
s-ciapi = greggi

9a classificata 2016

ABANDÓN

di Anna Maria Lavarini, di Verona


L’era pressiosa piassè del oro
par la gente dei campi
la capelina vissin a la contrà:
drento na madona co ’l butin
e ’n angelo d’arente
e fiori senpre freschi ’nte ’n bicier
sora ’l altarin, de fora,
un vaso de rose ranpeghine
che faséa da ornamento.
I contadini che passava de là
un segno de crose e ’na preghiera de scapon
prima de ’ndar a laorar,
un laoro duro che durava 
fin al calar del sol,
e de ritorno co la cama de la strachessa
i se fermava a pregar, a ponsar.

Desso ’na capelina sensa età,
in abandon, co drento
’na madona sfinìa, forsa de spetar
col so butin che’l à perso la bela siera
le ’udo el bicier e sora i muri sgrostadi
i quadreti de le grazie ricevude,
smarìi e cuerti de veli de teraìne.
De fora un vaso crepà co drento,
erba e papaveri nati a sorte
’l palesa la morte de la rosa.
Passa ’l tenpo ma... desso no gh’è pì contadini
che se ferma a pregar, i tratori tira drito.
Là ’nte’l canpo
gh’è ’na madona che speta... che speta...

Traduzione delle parole più difficili:

piassè = più (assai)
ranpeghine = rampicanti
sièra = cera (del viso)
’udo = vuoto
cuerti da veli de teraìne = coperti di ragnatele

10a classificata 2016

STO TENPO

di Ermanno Fornasier, di Croce di Piave (VE)


Ciao:
dove situ drio ndar
satu dove che t’ha da ndar
satu parché te va

férmete, varda, scolta, nasa, tocca
rajona: fate do conti
val ’a pena?

Tuti de corsa
tuti che ciama
tuti che scolta ’a borsa

tuti che spera che ’a canbie
tuti che voràe tornar indrìo
tuti che no à mai finìo;

e sto tenpo come un nastro el score
e noaltri sora insieme co lu a slitar via

ma ieri t’ò trova dopo tant

se ven saeudà
se ven contà
se ven scoltà

é stat come verse tolt ’na carèga e verse sentà de fianco al tenpo
e pa un fià ’l é ndat
senza noaltri sora

e se ven vardà
e se ven nasà
e se ven scoltà

parché, se te te ferma, el tenpo bisogna che’l se ferme a spetarte
e’ora dai che provén a inparar a fermarlo
forse no ghe ’a fen... ma de sicuro a raentarlo
ma de sicuro a slongarlo

el fen pì grando.

2015

1a classificata 2015

LA NETA DEL LATE

di Marina Filiputti, di Thiene (VI)


Mi ’desso ve conto ’na storia,
la pare ’na fiaba e invesse la ze vera.
Ghe zera ’na volta ’na cara doneta
che ’pena alzà la matina
la curava i so fioli, quatro,
e uno più belo de ’l altro.
A ognun la ghe basava la massela
e dopo la partiva, par ciapar ’na palanca
da poderli sfamare.
Tuto quelo che la gaveva gera un brento de late.
La lo strassinava, ’l pesava più de ela,
’l gera fato de rame, ’si lustro da poderse speciare.
Co la so bela traverseta nera e sul colo
el fassoleto bianco che saveva de saon,
la girava le contrà e sonando la tronbeta
la vendeva el so late.
La gente sicava: "Ze ’rivà la Neta".
La gera, ala fine, cussì straca
che pì no la saveva 
se la gera ela a tirare el brento
o se gera el brento che tirava ela.
Ma i oci sluseva parché co ’l so late
sfamando so fioli la sfamava la gente.
E dopo tanti ani la gente ca trovo
ancor i me domanda se son nevoda dela Neta.
A mi, me nona, la me ga insegnà
che solo el sudore te fa guadagnare un toco de pan,
sensa robare né far gninte de male.
E mi, de me nona, no poso che dire
che la ze sta ’na gran dona!


2a classificata 2015

SE VENDEMA

di Antonietta Pulzatto Bagolin, di Oderzo (TV)


Apena ’l aguaz el va via, el caro,
tirà da i bo, inte i canpi se porta
co ’l brent da inpenir de ua.
Grandi e pìcoei co ’a forfe in man,
portando un sestel, i cominsia 
la festa, parché vendemar...
vol dir: festa! SE canta, se ride,
se conta storie vecie, se se trova
in tanti: vissini e lontani, insieme,
se vendema! Che armonia!
Se ciapa in man un rasp
e se ’o varda co teneressa
come se el fusse un picenin
da cunar e da mirar.
’L é bel fat, pien de most:
te vien voja de becar grani
anca ti come i oseéti e le vespe.
I déi s’inpeta e te pensa zà
a ’l most dols che ’l sarà.
’L é un sentir che va direto a ’l cuor!
- Presto! Presto! Porté i sesti inte’l brent! - 
L’é chi canta "L’uva folgarina",
chi "De qua e de là del Piave".
No se sente ’a fadiga cantando:
’l é tut pì lizier e pì fazie.
I tosatèi, co ’a so forfeseta,
i taja i raspeti pì bassi e li inpara cussì
el vaeor de ’l lavoro e ’l amor par la natura.
Su i banpoi intorcoeadi core progeti futuri:
sarà un vin da nosse, da ostaria, da festa,
da bevar in conpagnia e par donar amicissia
e sentirse unidi e tuti fradèi!


3a classificata 2015

’NA CASA

di Antonella Faraon, di Eraclea (VE)


Cossa éa ’na casa
un posto dove se se basa,
dove se se ripara dal vento
che’l scompensa el sentimento,
dove se se ripara daea piova
prima che un rafredor se cova,
dove se se ripara dal fredo
col termo o col foghèr che vedo,
dove se se ripara daea nebia
che se se vol uscir ne vien rabia,
dove se se ripara daea neve
che ghe piase védarla anca ae nove leve,
dove se se ripara daea zente
specie da quea tajente.

Dove se fa entra qualche amigo
e ghe verzen el frigo,
dove se fa entrar el moroso
e se fa amor decoroso,
dove se fa entrar ’a mama
’a persona che pì se ama,
dove se fa entrar i parenti
e parlen mostrando i denti,
dove se fa entrar el sol
verzendo ’e finestre e alzen el col,
dove se fa entrar l’arieta
par rinfrescar ’l anbiente ’na mez’oreta,
dove se fa entrar ’a nostra vita
’l é come far ’na longa gita.


4a classificata 2015

’L PROFUMO DEL FEN

di Vittorio Dedin, di San Donà di Piave (VE)


’L é drio vegner sera
so sta verde canpagna
carezada dai ultimi raggi del sol

Adess el caeór de ’a tera
’l porta su in alt, verso il ciel
el profumo de l’erba da poc falciada

E so ’a canpagna cussì
vien zo pian panin un siénzio
che’l par squasi ’na preghiera

E ’l avazz,
che benefico el vien zo
su ’sto profumo de fe che’l va su in ciel
’i se fonde inte ’na sienziosa e mistica orazion

La é 
’a reciprocità del amor
fra il creato e ’l so Creator.

5a classificata 2015

EL DIAÈTO CHE RESTA

di Erica De Zotti, di Millepertiche di Musile di Piave (VE)


El diaèto ’l é mort.

O forse ghe ne esiste ancora qualche tochetin.
’L é restà sentà in ostaria
al fresco del istà,
dentro qualche veciò inrabià che bate ’a carta.

À da esserghine ancora inpignà
su qualche bocia, cressù co so noni,
che quando che ’e robe va dite come che le pensa
lo ritira fora da ’a so boca italiana.

Qualche fregoéta ’a salta fora 
sol me paese quando che ’a zente
no ’a se ricorda de méterse su ’l italian ’a matina
e i resta nudi sol parlar.
Eora te ’i sente brontoear pal caldo,
parché ’i é stufi, de ’a poìtica,
"Ma vutu che ’e sie legge permesse?"

Qualche volta se ghi n’ scolta ’na sbrissadina
al telegiornal. So ’e interviste de cronaca de ’a zona
i lo usa par parlar mal de questa o ’st’altra persona.

Par fortuna ghi n’ s’à salvà un poc de scrit,
dizionarieti, poesie e libreti.
Parché ghi n’ reste senpre mi no posse par niente
altro che parlar e scriva qua do tre versi
che m’é vegnù in mente sto istà.


6a classificata 2015

EL SPECIO

di Licia Mandich, di Cannaregio, Venezia


Co smania de canbiar mobilie
vardo in ziro casa mia
e i oci se pusa sora al specio
che da quaranta ani me fa conpagnia
e che de mi sa tuto:
el belo, el bruto,
la sodisfasion, el pianto,
le prime zate de galina
e i truchi parché no le se vedesse tanto
e po le confidense
e çerte verità
vardandome nei oci

baratarlo co uno novo?
No, no me la sento
de farghe ’sto despèto;
sì, xe vero,
el gà qualche strisseto
el xe anca un fià panà
ma
el zorno che incontrarò el me viso
deventà ancora più vecio
come farìa a darghe la colpa al specio?

7a classificata 2015

LA TO GIACHETA

di Anna Maria Lavarini, di Verona


Massa sanmartini ’nte la me vita,
de ti papà ò podù tegner da conto
poco o gnente; la foto de fameja,
ti co la mama e noialtri sìe fioleti,
’na coronzina che te m’è regalà
il giorno de la Prima Comunion,
la to carta d’identità,
’l to capel de alpin; relichie che mi
co amor tuto ò serà su drento ’na scatola
co balete de carbonina.

Ma la to giacheta de fustagno
quela che te te metéi tuti i giorni
l’ò tegnùa drento al almaron
tacà insieme a le me robe,
cossita gò a portata de man
’l ricordo de ti, papà.
Te vedo vegner a casa dal laoro straco,
con le mane e cavéi bianchi de calsina
che mi col petenin te la tiravo via e
ti te me ciapavi in brasso
fracandome la testa sora la to spala
e mi me perdéa nel profumo de ti,
inpregnà ’n te la to giacheta.
E ’nte giornade grise come ancò
me vestisso de ela e me la struco
e ghe parlo, cme ti te faséi con mi.


8a classificata 2015

SENSA MISURA

di Tosca Spadetto di Ramon di Loria (TV)


Misurar vorìa ’a passiensa
che le mame senpre porta
un metro de lunghessa
par un perdono ogni volta.
Un sentimento par sospiro
e de siguro se farìa
del monto tuto el giro
e da novo se ripartirìa.
Se la passiensa magari fusse
co ’a baeànsa misurada
quanto peso avrìa invense
’na caressa o ’na ociada.
Chii de consigli e osservassion
ma anca de porte saràe
quintai de paroe e racomandassion
e séce de lagrime sofegàe.
Ma sta virtù dal gran vaeor
se misura co giosse de cuor
e no se spiega in che maniera
ogni mama ghe n’ tien ’na miniera.

9a classificata 2015

NO SON PÌ MI

di Graziano Depentor, di San Donà di Piave (VE)


I ani passa
senza badar nissun

come un ventesel da nient

me ricorde de...
me ricorde quando...

no me ricorde pì!

I doeoreti che prima no jera
e se fa vanti pian pian

un fià a’a volta...

’A é come ’na fiaba
che ’a é drio finir

ma mi me gode 
de quel che son

del tosatel che zioga
de ’a piova
del sol

de ’a zente che va
ce ’a zente che vien...

e spete che rive
pì tardi che’l pol 

chel giorno inbriago 

che no son pì mi...

10a classificata 2015

ME RICORDE

di Neva Perissinotto, di San Donà di Piave


Me ricorde mi putea, el me paese
’e femene che co ’e sporte ’e fea ’e spese

Me ricorde ’a me scuòea
sora al munissipio de Noventa
me ricorde ’l inverno tant fredo, crudo, serio, nero
che quando neveghéa, neveghéa par davero.

Me ricorde ’a stua a legna de ’a scuòea
anzi mesa stua, parché quealtra metà 
fora par un buso del muro ’a scaldéa de ’à.

Me ricorde nialtri tosatei
pieni de fredo e co i zenoci fora
ma pur de ziogar sui cortìi e sui canpeti
se véa man e pìe co buanze e diavoéti.

Me ricorde ’a canpana de ’a ciesa
’l odor de ’issia dei mastèi, i profumi
i marcài e ’e procession
tute bee sensassion
che ’e n’à iutà a essar
quel che son.

2014

SEZIONE ADULTI

1° premio 2014: NON ASSEGNATO


2a classificata 2014

EL POETA INBRIAGO

di Ilario Dittadi, di Campalto (VE)


Lo so de aver bevùo
un pocheto massa
go el cuor cofà ’na strassa
butàda su’n cantón.
Ma anca se inbriago
so’ ’n poeta
e ’desso che me sento 
un fià de vena
in do e do quatro
ciapo carta e pena
e no me fermo più.

Ma... trema ’a man,
davanti al quarto goto
desmentego ’a poesia,
me incorso che sangiòto
...e bagno de ’àgreme
la to’a de l’ostaria.
"Va a casa..."
qualcun me siga.
Mi no ghe bado miga,
stago qua.
Gnente me costa
iludarme poeta,
magari da inbriago
..ma a casa no ghe vago
parché nissun me speta.

Motivazione del premio: Le poesie talvolta sono semplici, la bellezza è semplice. E si impone immediata.
La felicità della narrazione, con un ritmo allegro e pimpante, accompagna la confessione del poeta, che ammette d’aver bevuto; ma, complice il vino che fa scivolare meglio le parole, le rime si aggiungono spontanee, quasi allegre... se non restituissero immagini tristi (‘e bagno de ’àgreme ’a to’a de l’ostaria), fino alla chiusa finale che spiega, fulminea, l’origine di questa ubriaca sofferenza.

3a classificata 2014

EL CACHÈR

di Francesca Sandre, di San Donà di Piave (VE)


Botoni de oro
el s’à mess
sui rami,
par farse amirar,
par farse becàr.

Józe ciassose
e incoronae
picae
s’un ciel
novembrin
de sépa.

TRADUZIONE: L’albero dei cachi
Bottoni d’oro / si è messo sui rami, / per farsi ammirare, / per farsi beccare. // Gocce chiassose / e incoronate / appese / a un cielo / novembrino / di seppia.

Motivazione del premio: Un’ispirazione felice, quasi un’intuizione folgorante, lega tre immagini abbastanza note nel mondo della poesia e in cui risuonano echi di più poeti, anche dialettali, del Novecento: i frutti come bottoni d’oro; o come gocce appese al cielo; il cielo novembrino color di seppia. Ma la reinterpretazione è riuscita.
Se è possibile riscontrare nella prima strofa un sentimento di simpatia nella personificazione dell’albero (el s’à mess) che si agghinda d’oro per attirare l’attenzione degli uccelli che ne beccheranno i frutti, nella seconda si assiste a un freddo commento sul risultato coloristico, che tuttavia allude a un’atmosfera finale cupa o triste. Il tutto in pochi versi, rapidi, efficaci, sbalzati di netto.

4a classificata 2014

EN SOL FAGOT

di Guido Leonelli, di di Calceranica al Lago (TN)


Sotobràz, struchi come dó zirése
ennamoradi i strozzeghéva i pèi
sluseghéva l’ùltim sol ’ntrà i cavèi
sbrissando via arènt sora le zése.

Profumi de silènzio ’trà le sfése
de parolìne casvade dai sperèi,
oci ’mbroiadi tant che salvanèi
tamisadi da ’n sol che l’è a le prese

con nùgole de prèssa scarmenade.
Encapussadi ’n la felizità
cascadi en la strovèra de la nòt

sagome engionade enté ’n fagòt
i envìa adès zòghi che i cava ’l fià:
’nvidiose cuca stéle stralunade.

Adès tase ’l silènzio ’ntél remor
de ’n mondo che ’l se ferma a far l’amor.

TRADUZIONE: Un solo fagotto
Sottobraccio, stretti come due ciliegie / innamorati trascinavano i piedi / luccicava l’ultimo sole fra i capelli / scivolando vicino sopra le siepi. // Profumi di silenzio tra le fessure / di paroline cascate dai telai, / occhi confusi come riflessi / setacciati da un sole che è alle prese // con nuvole di fretta sparpagliate. / Accartocciati nella felicità / caduti nell’oscurità della notte // sagome aggomitolate in un fagotto / avviano adesso giochi che tolgono il fiato: / invidiose sbirciano stelle incantate. // Adesso tace il silenzio nel rumore / di un mondo che si ferma a far l’amore.

5a classificata 2014

LE DO MARGARITE

di Giovanni Benaglio, di Verona


I primi fiori freschi a’l capitel
iè stè do margarite.
Magre e strasìe
carghe de bruma ancóra
epur co ’n soriseto de peldoca
e la testina drita.
Le à verto i oci in pressia
par becolar l’arieta fresca e neta...

Che vegna pur le rose dopo!
i tulipani
e i fiori de lillà
a massi
e co ’l nastrìn lustro
in spingolon!
E che i faa anca i smorfiosi
a naso ransignà...
Che i vegna pur
ma prime iè stè lore!

...Me ciapa infin la oja
de catarle su
par inbeletar ’n vaseto
da metar su la tola.
Ma ’l Cristo tacà ìa a la crose
el fa la facia stroa.
... scusa Signor...
iè la to compagnia...
mi invesse chi passo de ciaro...

Barato in n’orassion
’l ciao pì chieto...
Iè in tri adesso a’l capitel in fondo.

Traduzione delle parole più difficili

strasìe = graciline
bruma = rugiada
a massi = a mazzi
in spingolon = a penzoloni
ransignà = schifato
catarle su = raccoglierle
tacà ìa = appeso là 
stroa = scura
de ciaro = di rado
tri = tre

6a classificata 2014

CUSSÌ I TE GA CATÀ

di Diego Fantin, di Verona


Cotola sbrinsolà
e sbreghi su ganbe e brassi,
scarpe masenà
da sole e piova e sassi;
majeta piturà
da sughi mai magnà,
ma dentro le scoasse
catà, pocià e sajà.
’Na man puntà 
a chel cielo
che senpre t’à ignorà,
’na man puntà
a chela tera
che mai te gà cunà.
Cussì
i te ga catà,
zo là, vissin a la roza,
giassà da insima a in fondo
e coverta da la brosema.
Un can el te lecava
le man, i brassi, i oci,
paréa el disesse
svéjate! Dai, ’ndemo a far du passi.
Sula crose ’e legno senplice
mia ze sta messo un nome,
ma ’l to saludo unico,
par tuti...
"ciao bel moro!"

7a classificata 2014

IN OSTARIA

di Domenico Bertoncello, di Vicenza


’E biciclete te ’e catavi senpre fora
inmuciàe drio ’e tòe de ’a ostarìa
e luri rento i zugava a brìscola
strucandose ogni tanto de oceto
cussì, tra ’na man e l’altra,
i sercava de vìnsare ’na partìa.

Dai balcuni verti se sentiva
so ’a corte de’e bae i sighi
pa’ on tiro fato massa forte
che scarabociava squasi tuto
col bocin invese che stava fermo
e no’ i gheva fato punti.

So ’e tòe fruàe do oci de gato
vardava goti de vin bianco e nero
che pian pianèo spariva
rento ’e ciacoe del stomego
e le parolasse intanto volava
’pena sora ’e careghe inpajàe.

Pa’ tornar casa po’
jera senpre massa bonora
e anca se ’a querta de ’a sera
gheva sconto l’orlo de ’a strada 
luri gheva i farài che ’fa slusaroe
s-ciarava anca ’e sanche.

Scanceài pa’ on dì
pensieri ’e fadighe
el còre contento fis-ciava
canson gnancora desmentegàe
e sentà in tola drio senàre
i diceva: ze stà ’na bea domenega!

Traduzione delle parole più difficili

catavi = trovavi
fruàe = consumate
stomego = stomaco
che ’fa slusaroe = che come lucciole
sanche = curve
drio senàre = mentre cenavano 

8a classificata 2014

VÉ CUN MÉC

di Graziella Binelli, di Trento


Al gh’é amù cul sintér
’n mèz ai fò e i bödui
chi riva lasü
’ndù ca ’s davèrz
tra l’erba basa
i òc blu dali genziani.

Vé anca tè
’ndù ca süpla ’l vent
chi sa di rasa.
’n la so gus
as sént amù l’ecu
dala nòsa alegrìa.

’Mplinirùm ’l prusàc
di cul’aria trasparenta e birichina
par quìli seri ’n pòc frödi e scöri
dal nòs aftùn
e... grignarùnn’aftra bòta ’nsèma.

Vé cun méc.
Num...

TRADUZIONE: Vieni con me
C’è ancora quel sentiero / in mezzo ai faggi e le betulle / che arriva lassù / dove si aprono tra l’erba bassa / gli occhi blu delle genziane. // Vieni anche tu / dove soffia il vento / che sa di resina. / Nella sua voce / si sente ancora l’eco / della nostra allegria. // Riempiremo lo zaino / di quell’aria trasparente e sbarazzina / per quelle sere un po’ fredde e scure / del nostro autunno / e... rideremo un’altra volta insieme. // Vieni con me. / Andiamo...

9a classificata 2014

COLLOQUIO AL FRONTE

di Antonietta Mariuzzo Gorghetto, di Fossalta di Piave (VE)


Mauri, ragazo del 99, col fusil dal nono regaeà
quando in casa no é gnente da magnar
el procura i oseéti co ’a poenta a compagnar.
’L é bravo Mauri, ’l é bel Mauri
tute ’e tose el fa inamorar.

’A cartoina é rivà: al fronte te devi presentar
e al Montèo el vien destinà.

Sora un spuncion de na rocia, el deve centrar
el soldà nemigo porta-rancio.

Pì in là sta Nane, ’a vedeta, che subito ghe osa:
Ecoeo, ècoeo, ’l é qua. Spara Mauri, spara!

Mi no spare, no posse sparar; me trema ’e man,
el su’or me casca sui oci, el cuor me bate a mie.

Spara, maedizion, se i se acorze
che no te spari, ’i te fusìa.

No posse, no posse propio, chi son mi 
par copar un fiol de Nostro Signor?
’E persone no é passeri!

Questa é ’a guera e ti te devi obedir a’e regoe
cussì ti no te ha colpa.

El soldà nemigo casca a tera stechìo
ma Mauri el grieto no ha tocà.

"Assassin!" ghe ziga Mauri a Nane
che ha sparà par lu.

Un sol minuto ’l é apena passà
che subito se sinte un fis-cio:
’l é un proiètie amigo che Mauri
in pien ’l ha centrà.

El iera bravo Mauri, el iera bon Mauri
el iera anca bel, Mauri.

10a classificata 2014

ONBRE

di Maria Elsa Scarparolo, di Vicenza


’Tel scuro, in meso
a muci de scoàsse,
se vede onbre
che’l mondo de ancò
vole desmentegare.
Onbre co oci indormensà
che varda sensa védar gnente
insognàndose
de un paradiso
che dura ’n àtimo
e che xe tuto inventà.
Onbre che gira
strassinà come Cristi
tirà zo da la Crose, 
parché la dose
xe stà forte.
Onbre ’ncora par tera
che ogni tant càpita
che no le se alsa più.
Vien ’nte ’a gola un gropo
che fa male pì zo
drento ’tel core.
Vedo in ogni onbra
na sàfoma che podarìa
èssar un fiólo mio.
E digo: Dio! Juta ’sti tusi,
fa che i capissa
che no se pol
butare cussì la vita.

2013

SEZIONE ADULTI

1a classificata 2013

NDO FINISSELI I SOGNI

di Nerina Poggese, di Verona


Ndo finisseli i sogni
che i bocia perde fra i dughi?
Quei che i buteloti bandona
on strada fra fumi de inlusioni?
Ndo se rintaneli i sogni
che i ’namorè pitura
dandoghe ale d’eternità
quando l’amor se sfanta
su i reticolati de la vita?
I veci i soi le desmentega
on carbonina con foto
e sbiai ricordi, rasegnè,
no i se aldega pì da on pesso
a pasturarli on sen.
E va par sora cossì bandoti
de sgaùie e avansi de sogni.
Gnanca i mati i le rancura pì
tegnendoli soto el capel,
fra cavei spaisi,
drento na scarsela
fra pice e botoni, 
baratandoli par on soriso.
Se pol catarde qualchedun
fra sghiribissi de versi
de un che se sente poeta
e alor i sguissa, i sluse
e con l’ultimo fià...
i ven a sossolarse on man

TRADUZIONE: Dove finiscono i sogni
Dove finiscono i sogni / che i bambini perdono fra i giochi? / Quelli dei ragazzi che li abbandonano / in strada fra fumo di illusioni? /Dove si rintanano i sogni / che gli innamorati dipingono / dandogli ali d’eternità / quando l’amore si dissolve / sul filo spinato della vita? / I vecchi i loro li dimenticano / in naftalina con foto / e sbiditi ricordi, rassegnati, / non si azzardano più da molto / a nutrirli in seno. / E tracimano così bidoni / di immondizie e avanzi di sogni. / Neanche i matti li raccolgono più / tenendoli sotto il cappello, / fra capelli spettinati / dentro una tasca / fra biglie e bottoni, / barattandoli per un sorriso. / Se ne possono trovare alcuni / fra ghiribizzi di versi / di uno che si sente poeta / e allora guizzano, luccicano / e con l’ultimo fiato... / vengono ad accovacciari nel palmo della mano.

Motivazione del premio: Vanno perduti i sogni dei bambini e quelli degli innamorati, frantumati dagli anni e dalle traversie della vita, o dimenticati. Non li trattengono i vecchi, e nemmeno i matti li sanno rancurare, cioè raccogliere e tener da conto. Solo i poeti…
Già, la poesia è l’unica attività umana in grado di non disperdere i sogni della vita e, se non di farli volare, di tenerli almeno dolcemente in mano. Questo dice l’autore, che non ha il coraggio di definirsi poeta ma si sente tale perché sa di aver colto una verità inoppugnabile.
La Giuria ha particolarmente apprezzato il recupero di termini quasi scomparsi, riafferrati per un lembo prima che finiscano chissà dove come i sogni che son serviti a descrivere: questo è il merito della poesia, e della letteratura in generale, che salvando le parole restituisce vita alle cose e alle intenzioni.

2a classificata 2013

CONTRÀ

di Anna Maria Lavarini, di Verona


Le par morte, quele case co le porte sbacè,
’ndò se vede drento,
cusine ’ude, co i focolari smorsè
che i à lassà testimonianze grise sora i muri,
seciari senza calsirei
e scale carolè, co la rebalza rebaltà.

No le gh’è più le careghe for da i ussi,
né gente sentà a la fontana,
che na ’olta la butava aqua bona,
desso muta e ruinà
le conta agonie de lontananze.

’n te l’aria profumo de menta e sgolmarin
gira par le stradale orfane
de vosse e de rumori
’ndò ghe solo ’ vento che se fa sentir.

Veci scalini de piera,
consumadi da passi strachi del fadighe, 
i conta la storia de la contrà; de la so gente
e... ’na mdoneta smarìa
piturà sora ’ muro, benedisse.

Ma, da na casa dobà da un gelsomin
ven fora un vecio co ’l so musso
compagnà da un baiar imboressà.
A olte basta:
’n ono, un musso e un can 
a testimoniar che la contrà 
l’è ancora viva.

TRADUZIONE: Contrada
Sembrano morte, quelle case con le porte socchiuse,/ dove si vedono dentro / cucine nude, con i focolari spenti / che hanno lasciato testimonianze grigie sopra i muri, / acquai senza secchi / e scale tarlate, con la ribalta ribaltata.// Non ci sono più le sedie fuori degli usci, / né gente seduta alla fontana, / che una volta buttava acqua buona,/ adesso muta e rovinata / racconta agonie di lontananze.// Nell’aria profumo di menta e rosmarino / gira per le stradine orfane / di voci e di rumori / dove solo il vento si fa sentire.// Vecchi scalini di pietra, / consumati da passi stanchi di fatiche, / raccontano la storia della contrada, della sua gente / e... una madonnella sbiadita / dipinta sul muro benedice.// Ma da una casa adornata da un gelsomino / esce un vecchio col suo asino / accompagnato da un abbaiare festoso. / A volte basta: / un uomo, un asino e un cane / a testimoniare che la contrada / è ancora viva.

Motivazione del premio: Il piccolo paese (degli avi, dell’infanzia?) appare disabitato. Particolari su particolari – immagini poeticissime – aggiungono pennellate al senso di abbandono e di rovina. Il poeta indugia su cosa è rimasto, su cosa non c’è più: tra i primi i profumi, tra i secondi i suoni... Tutto racconta la storia di una vita andata, benedetta (ancora?) “da ’na madoneta smarìa / piturà sora ’muro...” Questa benedizione, pian piano ma non del tutto cancellata dal tempo, introduce il miracolo della la strofa finale: improvvisamente “da ’na casa dobà da un gelsomin / ven fora un vecio co’l so musso / compagnà da un baiar imboressà.”; è una quadro di vita vera, destinato a durare forse per pochi anni ancora, che restituisce vita a tutte le immagini raccolte prima.

3a classificata 2013

EL PÀNPANO

di Luigi Ederle, di Verona


Ne la contrà alta al solìo
da la pergola la vigna è cascà, 
l’é là ransignà davanti al vòlto
sora ’na mòta-créa destacà.

Da ani ormai l’è cossì,
’na sisora pì no’ la conosse,
gnanca ’n pal o ’na man amiga,
no’ la sènte ’n fià o ’n fil de osse

se diréa che l’è za morta
no’ la gà ne stanghe né siéra,
i so cai ’i é mane sui sassi
che i spèta ’ncora ’na primaéra.

Come se lustra ’l cel dopo ’l fredo
sbusa le telarine ’n pànpano
che va su  postà al muro restà
a dirghe al sol: "Ecome par ’n’antro ano!"

TRADUZIONE: Il virgulto
Nella contrada alta al sole / dalla pergola la vigna è caduta, / è là arruffata davanti all’arco / sopra un mucchio di intonaco staccato. // Da anni oramai è così / una forbice più non conosce, / neanche un palo o una mano amica, / non sente un fiato né un filo di voce // si direbbe che è già morta, / non ha né pali né cera, / i suoi tralci sono mani sui sassi / che aspettano ancora una primavera. // Come si lustra il cielo dopo il freddo / buca le ragnatele un virgulto / che sale su, posato al muro / a dire al sole: "Eccomi per un altro anno!"

Motivazione del premio: La vigna caduta dalla pergola che la sorreggeva, trascurata dagli uomini, sembra morta, la sua umanità appare sconfitta: No la sente ’n fià o ’n fil de oss, non sente un fiato né un filo di voce, I so cai ’i é mane sui sassi..., i suoi tralci sono mani sui sassi. Ma non appena termina la stagione fredda, la vita è pronta a rinascere: lo testimonia el pàmpano che sbusa le telarine e rivolge il proprio saluto al sole. Variamente interpretabile la chiusa finale (di ringraziamento o rivalsa?), si rileva nell’accenno di struttura metrica – quattro quartine di versi liberi, il quarto che rima col secondo, ma l’ultima è solo una rima per l’occhio – un tentativo di regolarità inteso forse a sottolineare l’ordine eterno della vita che risorge dalle rovine.

4a classificata 2013

OMO E CAN

di Giovanni Benaglio, di S. Giovanni Lupatoto (VR)


Ogni cantón l’è la so posta. E lì
i so oci de ’l lustro de le stele
i s’incrosa: "Me toca a mi o a ti?".
Ci no ghe toca el pètena ’l cel
de ’n spetar che se arfio longo:
a olte i spèta in du, sensa parlar...
’I à sbregà ’ìa ’l confìn de la rassa,
homo sapien sapiens e canis
lì ’i é pastrocio de geni in rebaltón.
E la cordela lesera e bagolona
che ghe sbrindola come a brassocól
la liga solo la paura de no catarse pì.
Ma no scaparà mai nessun de i du.
E se uno ’l garà ’n colpo de mato
chel altro ’l sarà pì mato ancora
e ’l ghe sarà de paca ai so carcagni.
Co’ la matina la mete ’l barbissól
in tera par resentarse ’l muso
o la note la spìingola ’l so tabàr
lori ’i è subito in viajo a sercar poste.
Penso che ’i piantarà par lori 
le piope pigne in Paradiso.

Traduzione delle parole più difficili

Ci = A chi
sbregà ’ìa = sbregato via, lacerato
catarse = trovarsi
de paca = immediatamente
barbissol = mento
la spìngola = fa penzolare
piope pigne = pioppi cipressini

5a classificata 2013

PIANTA DE VITA

di Mariano Fortunato Guzzonato, di Marano Vicentino (VI)


Vardàndoghe le rame al me moraro
sbatocià dal vento avanti e indrìo,
de’a nostra vita esempio, go capìo
che par qualcun ’l destin ’l é sta pì amaro.

In mèso a tanto verde un siapo bruto
che sensa colpa no xe mai sbocià
me dà l’idea de ’na vita sofegà
che, gnanca nata, xe soncà de bruto.

A vedo foie fresche andar par tera
co ’na folà de vento, gnanca forte,
e penso a que’e persone presto morte
ne’a so pì cara, dolse primavera.

Pi ’vanti, con l’istà, vien tenpo belo
e par che tute ’e foje le sie in festa,
però ghe xe burasche, co ’a tenpesta,
da bàtarne zò tante e far marèlo.

Al tenpo che’l colore buta al zalo,
confà i caviji nostri che vien bianchi,
alor poden capir tuti quanti
che de l’autuno ormai ghe sen a cavalo.

po’ vegnarà l’inverno, e tanto fredo,
alor vardando ’e rame al me moraro
mi pensarò de ’verghe vudo caro
de èssarghe nà drìo al Quel che credo.

Traduzione delle parole più difficili

siapo buto = gemma appassita
xe soncà = si è spezzata
marèlo = mucchio
nà = andato

6a classificata 2013

LA BORSETA

di Licia Mandich, di Venezia


Sconta in cale ’na botegheta
che vendeva robe usae
la mostrava inte la vetrina
una estrosa borsetina.

Stramba de forma:
ghe pendeva do fiocheti
’na cerniera cusìa storta
un boton, do manegheti.

La spetava ’na parona
che un fiantin ghe somegiasse
che la tegnisse streta al brasso
e co la man la caresasse.

Nata no la gera
par essar usada
ma vossùa
desiderada.

La me ga piasso
la go comprada
sarà parché
la me somegiava.


No ghe meto drento gnente:
solo do righe del mio ben
che me scrive:
pensime sempre!

7a classificata 2013

EA VOSE DEL MARE

di Antonio Giraldo, di Arzergrande (VI)


Quando che ’scolto
ea vose del mare
me ’asso ’ndare.
Saro i òci
e da dentro vardo fora
e el me pare
un mondo pì bèo,
senza ruìji
e senza corse
par rispetare orari.
Quando che ’scolto
ea vose del mare
me pare quasi de voeare
e tuto intorno
deventa armonia:
se desfa ’e preocupasion
e ea mente fa in modo
che ea cativeria sia finìa.

Tuto deventa fàsie
dentro un mondo difìsie.

I toséti torna a zugare
e i òmani torna a voèrse ben.

Ea sarà anca fantasia
ma me pare de vìvare
un tenpo diverso,
fòra dal sòito
che se vive a morire...

quando che ’scolto
ea vose del mare.

Traduzione delle parole più difficili

ruìji = grovigli

8a classificata 2013

EL CORE NO GA VISTO GNENTE

di Roberto Zaniolo, di Villa del Conte (PD)


Pajeta so on pajaro
ferùme in tel caro,
granèo int’ea tina,
giossa int’el mare,
vita che passa,
tempo che core,
strisso che el tempo lassa.

Come ’e onde del mare
scancèa ’e pèche int’ea sabia
cussìta se perde sogni
so rughe fonde,
so oci che varda distante
e se perde ’e robe da rente.

Contentessa e doeor se confonde.
El core bate oncora
parché nol ghe sente,
parché no’l ga visto gnente.

9a classificata 2013

SCONDICUC

di Aldo Ronchin, di Ormelle (TV)


Via!! De corsa a toccar el muro: "Tana!!! Libera tutti!!"
quante volte che ven corest a pìe descalzi
par no rovinar i sandoett.
Me par de sentirl incora i rimproveri de me mama:
"No sta correr, guai a ti se te ’i sporca o te ’i rovina".
Me pense anca dess dopo tanti ani ogni volta
che mete su un per de scarpe nove.
Ma i tosatèi picoi no ’i scolta e no ’i sente
e ’lora via descalzi, sui sass che te spuncéa
par sconderte ben, cuccià drìo a fassinera
co ’e lagrime ai occi par le ortigade su ’e gambe,
col cagnett che te coréa drìo menando ’a coda
e pì che te ’o mandéa via e pì lu el zoghéa e ’l bajéa.
: "Tana!! Te ho vist, vien fora!" e via de corsa a toccar el muro.
: " No ’l é vàido, te me ha vist parché jera el can".
Ogni scusa ’a jera bona par no star soto.
Baruffe e musi longhi che ’i duréa tant come un fuminante impinzà
e intant le istà le voéa via co’a nostra gioventù.
Adess da nono ho provà a far zogar i tosatei a scondicuc:
"Inginocchiarmi per terra? Mi fanno male le ginocchia!
E poi la mamma non vuole che mi sporchi e che sudi".
Che tristetha, pori tosatei, cussì pìcoi e zà presonieri
de ’na vita che no l’ha temp da perder
che li vol zà grandi senza darghe el temp de cresser,
che no li vedarà mai correrghe drìo e ciapar ’na raganèa,
che no li vedarà mai scoprir i vovi int’el nido del merlo sora ’e vide.
E ’lora, par ’na volta, una soea, anca se son veccio
vorìe far ’na corsa fin dal muro, tocarlo par primo
e osarghe forte a sto mondo cussì difìzie: "Tana!! Libera tutti!!"

10a classificata 2013

Łusarioła

di Gaetano Forno, di Padova


  Na łusarioła ghe gavaria piasesto
a ’l me cuore regałarte,
ł’ałegra sbrindołona de l’istà
che ła pintura i so svołi ne la calda sera
de i profumai tegiari,
ła łusarioła che ła canta a ’l mondo intiero
co łe so fałive de smeraldo
ła passion pa’ ła vita,
ł’amor 
par Chi ła ga creada.

  Gavuo più caro de łassarla  ’ndar
łìbera 
a ricamar łe siese co łe so gałe,
łibera
de cantar i so sogni
inboressai de amor ne ła serena
note de i gelsomini che inbriaga.

  Za łe se spècia ne i to oci,
  tute łe stełe più bełe de ’l Paradiso.

SEZIONE "GIOVANI" 2013:

Segnalazione per Nicolò Dedin di San Donà di Piave.

(Senza titolo)

Te compagna i do nevodi par man - 
uno da ’na parte e uno
da che’altra - sul pontil
de ’a Giudecca: te ghe spiega
come che é fate ’e barche, e ’l parché
dei pai dentro l’acqua grigia.

Varde a to majeta bianca e rossa
e cerche de imaginarme
cossa pol essar el "tòpo"
che ’l ha da vegner a cior il frigorifero.

Motivazione della segnalazione: Con pochissimi tratti l’autore dipinge un quadro ricchissimo di suggestioni, un bozzetto che coinvolge nonno, nipoti e osservatore nella scena. Informazioni posticipate aggiungono codici di interpretazione al già detto: il discorso del nonno, soddisfacendo il desiderio di conoscenza dei do nevodi alimenta quello del poeta che si chiede cosa sia el «topo» che ha da vegner cior il frigorifero, con quell’articolo in lingua italiana che denota il tentativo del vecchio – forse un gondoliere, dalla majeta bianca e rossa – di rimanere al passo coi tempi e col tempo dei bambini, mentre la necessità di ricorrere a un veicolo a motore potrebbe alludere all’amara confessione di dover lasciar spazio alla modernità.

2012

1a classificata 2012

EL UGHÉTA

di Lucia Basso, di San Donà di Piave (VE)


’E forfe no ’e taia pì... el cortel gnanca...
Dove éa ’a piera par ugar? Cossa fen adess?

Domande che se féa me nona
e anca me mama
parché no ’e savéa proprio cossa far.
Sì, co rivéa i òmeni dai campi, i podéa ugar
’e impreste co ’a piera del falzin
ma no sempre eore ’e se incontentèa.

Par fortuna che de tant in tant,
in primavera o de istà,
el rivéa lu, el Ugheta,
sora ’a so bicicreta
co tut ’l armamentario che ghe servìa par ugar
o par giustar ’e robe rote.
"El é qua, el é rivà, el Ugheta ’l é rivà!
Adess el mete tut a posto
e tute ’e robe el fa funzionar".

E da’e case ’e femene ’e rivea 
co ’e forfe, i cortèi da ugar
e co ’e onbrèe rote da giustar.
E gira ’a cadena de’a bicicreta,
gira ’a moea de sora e anca quea de soto,
tut vien fat girar in pressa dai pìe del Ugheta.
E aea fine ’a zente ’a tornéa in cusina contenta
pensando za a cossa ingrumar
par quando el Ugheta el sarìe tornà a farse sentir
zigando pa’e strade:
"El Ugheta ’l é qua! Fémene vegné fora,
el Ugheta ’l é rivà!"

Motivazione del premio: Si tratta di un bozzetto che restituisce il ricordo di un mestiere che non c’è più, il ritratto efficace e preciso di quel che rappresentava “el ugheta” – l’arrotino – quando passava per il paese o per la campagna, e offriva alle donne di casa l’opportunità di rimettere in sesto gli attrezzi slabbrati o rotti, possibilità che solo lui, “el ughéta”, con le sue capacità e i suoi attrezzi particolari sapeva garantire; i mariti non avrebbero potuto ripararli altrettanto bene (e “no sempre lore se incontentéa”).
Sono versi lunghi, quelli scelti dalla poetessa, e sembra la sua più una prosa poetica, o poesia prosastica, che un distillato di parole; ma è senza dubbio la forma più adatta a ricreare con precisione e amore il bozzetto di un evento che non accade più, poetico già per questo, perché evocativo di un mondo passato. E in questo riuscito tentativo di restituzione, “el ughéta” diventa metafora dei desideri e delle speranze delle donne di sentirsi con tutte le loro cose a posto. El ughéta rappresenta una possibilità di aggiustamento che forse non è solo meccanico, delle cose, ma anche morale, spirituale e, diremmo in termini moderni, psicologico.

2a classificata 2012

L’ONDA

di Licia Mandich, di Venezia


Nata da l’ultimo temporal
la se increspa
la sbate su barche ligae
ingabiada tra i marmi del rio
la cerca la so strada,
xe al mar che la mira
la vol navegar.
Ciapà el largo però
ghe passa el morbin
e ghe riva el tremasso:
no la sa come mai
e gnanca parcossa
ma in fondo ghe par
che ghe manca calcossa:
ghe manca i palassi
speciai sul Canal
de le gondole l’ombra
da caressar,
ghe manca el vosar
de done e puteli
do pali de bricola 
par reposar.
Giosse de pianto
se perde nel mar
e intanto la corente
la porta lontan.
Chissà, forse un giorno
che tira s-ciroco
la tornarà indrìo
par ninarse più chieta
tra i marmi de un rio.

Traduzione delle parole più difficili

el morbin = la voglia, la frenesia
speciài sul Canal = specchiati sul Canal Grande
puteli = bambini
ninarse più chieta = dondolarsi più tranquilla

Motivazione del premio: L’onda di Venezia (non è detto esplicitamente ma è chiaro che ci si riferisce a Venezia), come un bimbo costretto tra muri, vuole uscire, conoscere, viaggiare in mare aperto; ingabiada... la çerca, la mira... la vol: l’onda è personificata, porta con sé desideri, esperienze e ricordi, speranze e paure o sofferenze, e nostalgia; è un’onda umanizzata che “sente”, che pensa e ama, che vive quasi una parabola di crescita e maturazione, e forse un giorno la tornarà indrìo.
Nel leggere di questa evoluzione psicologica, diventa naturale identificarsi con l’onda, accompagnati dai suoni dolci e fluttuanti del dialetto veneziano, dalle parole scelte con estrema cura dall’autrice, che sul piano sonoro sembrano salire e scendere, ondeggiare, della stessa vita dell’onda, ricche di sibilanti che evocano lo sciabordio dell’acqua, disposte in versi brevi, quasi fratturati, a ricordare il frangere e lo scrosciare dell’acqua.

3a classificata 2012

RINO OLIVO

di Francesca Sandre, di San Donà di Piave


Come un olivo
piegà dal vento
el iera el portamento
stort, senza pì baricentro,
senza radise però,
e sempre in movimento.
Quanta strada masenada 
so sta to vita
aparentemente insensada.
pers so un to mondo fat de gnente:
’na sigareta, un bicièr de vin
e mai nessun che te caminéa vizin.
E ’vanti e indrio
pr ’e strade de San Donà.
Forse questo el iera el to modo
de star ne’a società,
anca se, incrosandote,
’a zente se scostéa
anca se par ti
chealtri no ’i esistéa.
Epur, ’a to andatura 
ciondoeante
’a iera diversa da tute quante,
e senpre, davanti aea diversità,
qualche domanda
ogni persona ’a se ’a fa!
Rino, a modo tuo
forse te ’a ’vèa indovinada...
cossa éa ’a vita 
se non ’na gran
meraviliosa caminada?

Motivazione del premio: La poesia è un omaggio affettuoso e riuscito a una persona da tutti conosciuta nel sandonatese, e verso il quale molti hanno nutrito curiosità, per quel suo camminare ciondolante, solitario ed eterno. A quanti è capitato di incontrare una, dieci, cinquanta volte Rino che camminava lungo la nostra, o la sua, strada? Noi in bici e lui a piedi, noi in automobile o in autobus, e lui a piedi. Sembra che Rino Olivo non abbia fatto che camminare tutta la vita. Per quale motivo?
La poetessa non indaga le ragioni di tale scelta di vita ma, fattasi interprete della simpatia generale, dopo la descrizione inconfondibile del personaggio – perché questo era diventato Olivo: un personaggio – ci offre un tentativo di interpretazione della cifra esistenziale della vita di Rino, solitaria e silenziosa, eppure visibile e nota a tutti. E tutto rende attraverso un linguaggio semplice o semplificato, perché una vita semplificata a tal punto non può che essere resa attraverso un linguaggio semplificato. La semplificazione di Rino possiede però qualcosa di artistico perché è consistita in fondo nel conferire vita al camminare, metafora principe della vita.

4a classificata 2012

PRESENSA D’ASSENSA

di


Seguendo la vita nel so andasso
incaminà sul viale del tramonto,
fasso gran fadiga a rèndarme conto
che dormo solo sul dopio stramasso.

Me pare senpre de ’verla in fianco,
palpo co’e man ma cato el posto vodo,
seren ghe parlo istesso e po’ godo
d’amore consacrà al bancheto bianco.

Epure ’na speransa ’ncora soda
spunta dai sorisi co ’a me vede,
colma d’afeto mai ’ndà zo de moda.

Xe la Devina Forza per chi crede:
restà mi son a spènzare sta roda
assè inradià da gran luse de ’a fede.

Traduzione delle parole più difficili

stramasso = materasso
cato = trovo
bancheto bianco (quello delle nozze in chiesa)
soda = forte
spènzare = spingere
assè = assai



5a classificata 2012

SCALE

di Lucia Beltrame Menini, di Verona


Scale in salita, scale in dissesa
scale de fero, scale che pesa
scale de marmo, scale de fiori
scale de vero, scale da siori

scale siamesi e giapponesi,
scale andaluse, scale cinesi
scale a l’inglese, ricolme de ori
trezze de verde, de busso e colori,

de vasi, terrazze, de puti e amorini
de labirinti copiè da i latini,
co sese e albareti, come serpenti
che fa paura anca i potenti.

Scale ben sconte, co’ pètali sparsi
su ogni scalin, colmo de intarsi,
scale contorte, scale a bogon
scale interote che dà emozion

scale che mena de qua e de là
e fa sognare la felicità,
scale de muro, scale de altare
’ndo’ se se ponsa on po’ par pregare...

Ma quala èla la scala che vale
che ne conduse... al porto finale,
anca se streta, anca se frusta,
quela cheinfila la Porta Giusta?

Traduzione delle parole più difficili

sese = siepi
a bogon = a chiocciola 



6a classificata 2012

SGRENSAVA I BALCUNI

di Ines Scarparolo, di Vicenza


Sgrensava i balcuni
có ’l vento fis-ciava
pa ’e sfese de i muri.

I putèi ’nfagotà
i coréa par le stanse
sbatendo i pinini giassà.

El canàe soto casa
el gaveva el colore del pionbo
e, niantri bocete
picà sù pa’ i veri
lo vardàvimo 
a oci inmagà.

Inte ’l fogolàro
da ’e bronse se alsava
s-ciantìsi de fogo
e la mónega in leto spetava...

Che caldin, là, in tre bèi strei...
Drìo na fola e na preghiera
scominsiava sbalucàrne i oci
e, pin pianèlo, el sono rivava.

Traduzione delle parole più difficili

Sgrensava i balcuni = Scricchiolavano le imposte
s-ciantisi = scintille
mónega = scaldino
sbalucàrne = ad appensantirsi



7a classificata 2012

ARIA ANTIGA

di Gaetano Forno, di Padova


  Vien co mi in spiagia, vien scoltar el mar
via da ferai da ciàcołe da rumori!
Farà ciaro ła łuna a ’l chieto ’ndar,
a ’l vèrzer ła preson de i nostri cuori.

  Ne inebriaremo de queł’aria antiga
de odor de salso e vose sconossue;
ł’onda caressarà, ténera amiga,
ła sabia łe cape łe nostre pele nue.

  Sora ł e dune deserte, el rosignol
ghe darà fià a ł a dolse so canson
che ła fiorirà in rosae da łe miłe falive

  fin che ła bruma łisiera sora łe rive
e i sogni de na tìmida ilusion
desfarà co łe so spere el primo sol.



8a classificata 2012

DE SORA A ’L SO PORTON

di... , di Pozzo Camacici (VR)


S’ingrumaa onbrie a s-ciapi sora a la tola
e ’l vecio lì a contarle a oci svèrgoli
che rebutaa in malconsi paternostri.
Su ’l caregón che se strinaa a’l camin
el fogo ’l brustolaa ’n muso de corame
petando a ’l giasso schena e dedrio.
De i fiori gnanca ’n ciao da ’n mese,
de la mojer a i pigni ’n gosso fondo.
Gnanca pì ’l prete a missionar el Cristo
co na benedissión sfrasà sora ’l meal.
Crussiaa chei de l’Assistensa invesse:
"Nono, la casa de riposo a ti te ghe vol!
Avendar ’l Moro e ’l portego e la casa
e tuto chel che resta in zonta a la pensión
te starè mejo de paca e te farè el parón!
E po’ tri pasti caldi e le infermiere zóene
e la television che ruma çento e pì canai!
La casa de riposo nono! e for da i bai!"
E iera senpre lì che de l’Assistensa...
El tasea ’l vecio, ma ’l spiaa rabioso 
el novantauno da sora a l’armarón.
L’è sta ’l dì che parea pì torbola la tera
e ’l cel ’n gran missioto butà in confusión
che co’ n mocolo in cubia a n’orassión
l’à tacà ’l Moro a ’l caro e l’è partio.
De sora a ’l so portón l’à petà scrito:
"Sarò anca vecio e sòpo, ma tiro drito!"

Traduzione: Sopra al suo portone Si raggrumavano a frotte le sue angosce lì sul tavolo / e il vecchio se ne restava a contarle con i suoi occhi mezzo malati / che lampeggiavano in acide preghiere. / Sul seggiolone bruciacchiato presso il camino / il fuoco abbrustoliva un viso ormai di cuoio / lasciando al gelo per intero tutta la schiena. / Dei figli neanche un saluto da un mese, / della moglie al cimitero un’amarezza infinita. / Nemmeno più il prete a parlargli di Cristo / con una benedizione di sfuggita sull’uscio di casa. / C’erano quelli dell’Assistenza invece sempre tra i piedi: / "Nonno, la casa di riposo fa per te! / Se vendi il Moro e il portico e la casa / e tutto quello che ti rimane in aggiunta alla pensione / staresti subito meglio e faresti finalmente vita da padrone! / E poi tre pasti caldi e infermiere giovani / e la televisione con cento e più canali. / La casa di riposo, nonno! E fuori dalle palle!" / Ed erano sempre lì quelli dell’Assistenza... / Taceva il vecchio, ma occhieggiava rabbioso / il fucile del ’91 là sull’armadio. / È stato il giorno in cui gli sembrava più torbido il vivere / e il cielo un guazzabuglio in matta confusione / che bestemmiando in coda alle preghiere / ha attacato il Moro al carro ed è partito. / Sul suo portone ha lasciato scritto: / "Sarò pure vecchio e zoppo, ma io tiro dritto!"


9a classificata 2012

ME PAPÀ CARETIER

di


Me papà caretier me contea
tuti i chiometri ch’el fea,
poche volte sul rimorchio 
e tante volte a pìe, a fianco del caval
quando ch’el tirea ’e barche da Boca Fiumera de Caorle, fin a Mota.

Me papà caretier
se alzéa de not col scuro e senza sveglia.
Par ’ndar a Oderzo a portar ’e foje de tabaco.
Me papà jera strac, el ciapea el sono,
ma el caval, da tanto inteigente ch’el jera,
el savea ’a strada del giorno prima e lo portea a casa.

Mepapà caretier
Avea fat tante strade e incontrà tanta zent
E quando ch’el rivea int’ee fameje de campagna i ghe domandea:
"Jijo, Jijo, che novità éo in piaza?"
Parchè no jera radio né television e lu fea da gazetin.

Me papà caretier vea lavorà in bonifica,
par magnar el se portea ’na tecia de carne in salsa,
ma i fioi dei mezadri lo vardea co do grandi oci
e i batea i denti daea maearia!

Me papà caretier da tanti ani no ’l è pì,
i chiometri no’i se fa pì col caval, caret e barca,
la bonifica la é finida,
e i fioi no ’i à pì ’a maearia,
ma el ricordo de me papà el restarà sempre in mi.



10a classificata 2012

EL CAFÈ DE ’A MATINA

di


El profumo el me ciama
el me careza pian pian
el me sfiora el pigiama
mi coea cicara in man...

Lo sente int’el naso
el me sveia el zervel
na matina a caso
col tempo za bel...

El nasse col sol
in fondo aea cusina
el me tira pal col 
co grazia soprafina...

I oci insonai
el scuminzia a brontoear:
sveieve indormenzai
che son pronto a cantar!

No è roba pì bea
dai ani che fu
scoltar ’a musica
del cafè che vien su...

2011

1a classificata 2011

TERA MIA

di Antonietta Pulzatto Bagolin, di Oderzo (TV)


"Tera, Tera Promessa!" Un dì, al vecio Abramo,
el Signor ghe diséa: - Va’, proprio là,
dove late e miel scorer te vedarà. - 
In serca de ’sta tera, in tanti, in tanti i à caminà
e generassion e generassion l’è passà.

- Tera! Tera! - 
sighéa sinque secoei fa Coeombo,
pensando de aver fat el giro del mondo;
sensa saverlo, la ’Merica el trovea
e sior gnanca lù no el se fea.

Tera avara del paeù, tera pustoca,
tera robada ae canèe, ai cassadori,
ae anerete; tera vangada coi sudori!

Tera s-gionfa de sangue inosente 
dove, go guere inutii, se copea tanta zente,
par ’sta tera a rabia no l’è mai finia
e, aea fin, nessun se a porta via.

Tera straniera, che tanti migranti
i à trovà amara e parvin avara de santi;
par un toc de pan, alsando i oci al ciel,
quanti no i à rimpiant el so paesel?

Tera del repetin, soto e onge te ghe si restada
fin al dì dea so ultima paeada!
Qualchedun, ingordo, tanta tera ’l ha vossù
e infin de do metri par otanta contentarse ’l à dovù.

Tera mia, dove i me veci i à caminà,
dove i vaeori dea vita i me hà insegnà,
te si dentro de mi, te si le radise mie,
te si l’aria che respire, te si el cuor che bate...
... te si come ’na mare che ai so fioi se à donà, 
e te domanda sol pase, rispeto e umanità!!


2a classificata 2011

I OCI DEI PUTEI

di Raffaella Smaniotto, di San Donà di Piave (VE)


Avéo mai vardà co on fià de attenzion
i oci dei putei? Che bei!
I par sporchi o piturai co i penarei!

I pol essa de qualsiasi coeor,
ma cussì trasparenti
da lezerghe in fondo al cuor.
In te chi sguardi neti
se pol speciarse i nostri difeti.
’i é cussì splendenti
da far desmentegar tuti i bruti momenti,
e in do e do quatro
farne tornar soridenti.

I oci dei grandi ’i à un veo de tristeza, on fià de usura,
ma quei dei putei soeo un veo de paura
par quel che no ’i conosse,
ma, se rassicurai, dopo do secondi
come gnente fosse
i ritorna profondi, meravijai, multicoeori
e mi me spece dentro de eori.

Come possi’i quei oci inocenti
ispirar zerti bruti sentimenti
tropo bruture, de chi tropi deinquenti?
Pronti a stuar chea brianteza, chea pureza
a distruza chea inocenza
e in te chi oci no te vedi pì trasparenza!

Se no te riesse
a vardar in te i oci de on puteo
pénsaghe sora...
Forse ghe vol on aiuto
a ti... o a éo!!!


3a classificata 2011

VENDÉMA

di Alessandro Zucchetta, di San Donà di Piave (VE)


Squasi tute zae ’e foje par tera.
Zae come ’e bae dei ovi, i oci e ’a pèe de Maritan.
I dotori ’i ha dit che ’l é ciavà, e che no’l vedarà Nadal...
El sol straco de otobre el scalda anca i so brazi,
come quei de chi che é drìo trar l’ua rabosa.
Na sposa sgravà do mesi indrio, coe tete sgionfe, canta.
Moreto conta bae, come senpre, e chealtri ride.
Ste tere le ha vist vide sì, vide no: a seconda dei contributi.
Ma a tera ’a é quea de tuti, cavin a confin, ma de tuti.
Tuti quei che beve e magna i so prodoti,
quei che imbriaghi spaca piati e goti,
quei che a sera ’i se sgnaca arente aea tiivision,
quei che devoti dise un’orazion,
quei che pensa che jera mejo prima,
quei che sogna che sarà mejo dopo.
E intant, poc par volta, se sconde drio l’arzene el sol.
I moscati fa batalia par ciuciarte el sangue.
El putel inte’a cuna pianze, ché’l vol el late deso mare
co le tete sgionfe...
Passa el ponte el caro co’ l’ua vendemià.
Sùea voltada Toni che’l guida el trator
saeùda Ciano sentà fora de l’osteria
che ghe domanda: "Fàea grado sto ano?"


4a classificata 2011

ME MORE EL CORE

di Mariano Fortunato Guzzonato, di Marano Vicentino (VI)


Sa penso a quanti che xe morti in guera,
queli che luri mai garìa vossuda,
opure quei che xe finii in galera
de un’inocensa mai riconossuda,
me more el core.

Sa penso ai fiui mancà sora sta tera
par vissi sensa amor, né pietà nuda,
a quei de fede, o saldi a ’na bandiera
tradii nel modo che ga fati Giuda
me more el core.

A quei che pensa solo a far cariera
pestando i altri, aa verità taxuda,
chi nel lavoro sepolìi in miniera
pal tochetel de pan, che lì i se suda,
me more’l core ancora.

Chi ne’a so vita xe ’nte na bufera,
e ’na fortuna mai no la ga vuda, 
ai zóvane che in pressa se fa sera,
lassando in strada quel’età, vissuda,
ancor me more ’l core.


5a classificata 2011

TEMPI DE DESSO

di Claudia Pillon, di Mestre (VE)


Me cronpo ’na traversa
come gavéa me nona.
Doparo ’e man par tajar, par cùsar,
par impastar e caressar me fie.
Taco sui muri vece foto de fameja
par capir a chi che somejo.
Posìbie, me domando, a quarant’ani
catarse cussì tanto impreparai
a un mondo fato de trabìcoi strani
che te fa parlar col mondo intiero
sensa farte capir che xe importante
parlar de pì co chi te sta darente?
Un mondo pien de tràpoe che te mostra
cossa che fa la znte che conta
mentre che ti, pora crista,
in te ’sta vita de strangolon,
no te si gnanca pì bona
de vardar co oci spalancai
doove fa aqua ’l to cuor.
Tanto, te disi,da semplice baùca,
son capitada ne l’epoca sbagliada.


6a classificata

LUBENICA

di Guido Leonelli, di Calceranica al Lago (TN)


Pòrteghi antichi de nobiltà
e clèro, ’ntà veci muri a séch
de case che le se tègn en pè
ente’n rebaltón che’l par studià.
Mèrli e tóri sgranzolade,
fazòi tant che coriàndoi
de tère magre refade ai cròzzi
bòne denò per salvia e rosmarìn
per na vanézza de patate
e pèrgole ciabùsche de Malvasìa.
Va ’ntór per vìcoi che i sa de fantasìa
e salesadi érti da róve ’ncornisadi
figure de témpi che i è passadi
che i s’à portadi via zóveni e matelàm.

			Ma no l’è fam.

L’è contentarse del quél pòch che ancór se gà
zercando òci amìzi ’ntrà i forèsti
per dirghe ’ntél dialèt, quél de sti ani
en pòch desmentegà,
la vòia che ancór se gà de tribolar
col còr ligà a gróste selvàdeghe
su mari a spindolón
che za massa volte le à cambià parón.

Traduzione: Portici antichi di nobiltà / e clero, fra vecchi muri a secco / di case che si tengono in piedi / in un disordine che pare studiato. / Merli e torri sgretolate, / fazzoletti come coriandoli / di terre magre portate via dalle rocce / buone soltanto per salvia e rosmarino / per un’aiola di patate / o pergole stentine di Malvasia. / Vanno intorno per vicoli che sanno di fantasia / e selciati ripidi da rovi incorniciati / figure di tempi che sono passati / che si sono portati via giovani e ragazzini. // Ma non è fame. // È accontentarsi di quel poco che ancora si ha / cercando occhi amici fra i forestieri / per dir loro nel dialetto, quello degli anni passati / un poco dimenticato, / la voglia che ancora si ha di tribolare / col cuore legato a croste selvatiche / su muri apenzoloni / che già troppe volte hanno cambiato padrone.


7a classificata 2011

DARCAO LA LÈNDANA

di Vittorio Ingegneri, di Noventa Padovana (PD)


Da quando i fioi s’à maridà,
butà a bàtar fiaca sul canapè,
in do mandrughi semo restà
a paìre na sbefiera realtà
d’un càncaro malan, che fa tre.

Ghe xe ’ndà in aqua la melona,
la vorìa mètar su la cafetiera
ma porassa no la xe pì bona
e fra i me brassi la se despera.

Cossì fin che al fogolaro pena
le bronze sofegà soto ’l sendron
del fasso d’ani insieme bruscolà,
birbe olve s-ciara na slòfia lena
t’un cressir de lune stralunà,
de svanpàe de ricordi al specio
d’un dolze amor mai vegnù vecio.

Intanto de la vita marubio canto,
sbrega i soracao de futuro busaron
tra pitochi muri deventà jejosi
pa’e batùe d’un relojo pengolon,
lanbicàe assé co gèrimo morosi.

L’ànema descartossa la so gnoca
de sta magagna cossì pesoca
ma no mùa le me scareze de pecà,
darcao la lèndana segnà tel viso
de scondon el me core trogna za
al bado d’aver perso el so soriso.

Traduzione: Malgrado l’affanno Da quando i figli si sono sposati / sdraiati a poltrire sul sofà, / in due taciturni siamo rimasti / a patire una beffarda realtà / d’un male incurabile, che fa tre. // Le si è annacquato il cervello, / vorrebbe metter su la caffettiera / ma poveraccia non è più capace / e fra le mie braccia si dispera. // Così, intanto che al focolare langue, / le braci soffocate sotto la cenere / del fastello d’anni insieme adunato, / scaltre faville rischiarano una fiacca lena / in un crescendo di lune stralunate, / da vampate di ricordi allo specchio / d’un soave amor mai diventato vecchio. // Intanto della vita austero canto / straccia i rompicapo di futuro buggerone, / tra misere mura diventate noiose / per le battute d’un orologio a pendolo, / assai bramate quando eravamo fidanzati. // L’animo scopre la sua amarezza / di questo malanno così meschino / ma non mutano i miei brividi di pietà, / malgrado l’affanno scolpito in viso / di nascosto il mio cuore soffre già / al pensiero d’aver perduto il suo sorriso.


8a classificata 2011

L’ALBA

di Ilario Dittadi, di Campalto (VE)


Un bago’ar de osei
fa demoniesso.
Perline de aguàsso
su fiori ancora serài
riflete slusori.

Un quadro de fiaba 
de stee che smarisse,
che cambia de siera.
Momenti inmagài
del primo s-ciarir,
che inòca, che strussia.

Ombre, co’ori
de ogni sorte
e odori de fresco
ghe fa da soàsa
a ’na pico’a spiera de sol
che rasserena l’anema

...eco... xe l’alba.

Traduzione: Un rincorrersi di uccelli / fa pandemonio. / Perline di rugiada / su fiori ancora racchiusi / riflettono luccichìi. // Un quadro da fiaba / di stelle che sbiadiscono, / che cambiano cera. / Momenti magici / del primo schiarire, / che incanta, che strugge. // Ombre, colori / di ogni sorta / e profumi di fresco / fan da cornice / a un piccolo raggio di sole / che rasserenea l’anima // ...ecco... è l’alba.


9a classificata 2011

I tuoi diciassette anni


(Poesia in lingua italiana, inviata erroneamente al Comitato)


10a classificata 2011

CO DIO VORÀ

di Ines Scarparolo, di Vicenza


- Popà, cóntame de quando
te sì ’ndà via, distante...
- Xe stà dopo la guera.
Vedéo me fiòli piànzar par la fame
e laóro no ghin jera:
go fato la valìsa
e son partìo emigrante.
A go lassà l’Italia
co ’l pianto rento ’l core,
la bela tera ca son nato,
indove go catà el me primo amore...
Lo seto coante volte, là in miniera
mi me la son sognà?
A go sognà de ciacolare
’tel me bel dialeto,
de trar la cana ’tel canàe
soto casa mia...
Ogni note, solo ’tel me leto
a gavarìa vossudo
lassar pèrdar tuto, vegner via!
Guai se in tera foresta
no gavesse chi me ga jutà
apressando el laóro ca fasevo,
tratàndome co rispeto e dignità...
I xe stà ani de boconi amari
ma rente ’a me faméja, coà in Italia
par deventare vecio son tornà e...
có Dio vorà, anca i me ossi 
tera da far bocài deventarà.

	13 giugno 2011

2010

1a classificata 2010

EL LIBRO DE LA VITA

di Nadia Zanini, di Bovolone (VI)


L’è ancora là
nel castel rosa de le fole
... la me maestra:
col camisoto nero,
’na treza de cavei grisi
ciapà ’nde un cucugnel,
la boca che trategnea
a stento el so soriso
ma che spejava sempre
un cor de mama nel so viso.

La ne fasea vèrzar
l’astucio de la memoria,
e pociar el penìn
ne l’inchiostro de la storia,
la ne fasea scrivar
parole profumè di dignità,
sora le righe, nel quaderno dei valori:
l’amor de patria, l’onestà, la libertà
ma... se lezèa, nei oci seri, 
la paura de tempeste
che podesse scancelar ’sti tesori.

A olte la me parea ’na fata
davanti a la lavagna del cel
imbombegà de stele,
la so bacheta magica la segnava
comete de nùmari e parole,
la missiava gozze de luna
nel paròl de la fantasia
par s-ciarar le pagine del libro
ancora garbo de la vita.

Traduzione della parole più difficili

fole = favole
ciapà ’nde un cucugnel = raccolta a chignon
spejava = rispecchiava
pociar = intingere
imbombegà = inzuppato
gozze = gocce
paròl = paiolo
s-ciarar = illuminare
garbo = acerbo 

2a classificata 2010

NEVEGADA IN ALTA MONTAGNA

di Diego Fantin, di Thiene (VI)


Fiochi come moneda
come musina dela tera.
Risparmi de aqua neta
sparagnà par l’istà
co’ i giorni ze suti.
Fioca, sui monti alti,
paveje bianche ’fa gigli
e pian pianin le s’inpaca
e le fà ’na coverta.
Tae, intorno, el silensio.
El scolta anca lu
spavejare la neve
co’ ali de ricami.
E i àlbari se incucia
e i se mete merleti
par robare al sole
s-ciari de arcobaleni.

3a classificata 2010

GARBINÀDA

di Ilario Dittadi, di Campalto (VE)


... Ma no ti gavarà
el me corpo...
Sbati pur le fiancàe
de ’sta careta gaegiante.
Sbùrtia, spènsia,
sbatocia
come stròpo’o de suro.
Frùstia, 
s-ciafìsia da pope,
soleva e fòndighe zo
la prova.
No ti ’o gavarà istesso
el me corpo...

Restarà pur
un toco de travo,
’na to’a sbregada
de sto antico fassàme.
E su quea
me tacarò co’ le onge,
ghe ingroparò intorno
i brassi strachi,
e co’  ’a forza
de ’a disperassion
strassinarò ’sti quatro ossi
su ’a spiagia
che me ga visto nàsser. 

Traduzione della parole più difficili

Garbinàda = libecciata
Sbùrtia, spènsia = spostala, spingila
stròpo’o de suro = tappo di sughero
to’a = tavola
ghe ingroparò = vi annoderò

SEZIONE RAGAZZI 2010

Segnalata

El vento

di Lisa Avesani, anni 10, di Verona


Ancó el vento no’l se arende:
le primule del me balcon
l’é violentemente
s-ciafesade da le
folade rabiose,
e l’Adese inbriago el torna a la fonte.

Le rame dei pigni maritimi le fa festa,
e i useleti
che prima vedea volar ’nte l’aria
adesso ’i é al riparo nei so niai.

Le ànare desso no le se core più adrìo,
le sarà migrè in qualche paese piassè caldo.

Tutto l’è intabarà
nel fredo ponsente de l’inverno...

Intanto mi sto qua al caldin
soto le coèrte.

2009

1a classificata 2009

’A canson del Vajont

di Francesco Morando, di Salzano (VE)

			"Barbaramente e vilmente trucidati
			Per leggerezza e cupidigia umana
			Attendono invano giustizia
			Per l’infame colpa"

			(scritta apposta su una lapide nel cimitero di Fortogna)

Adesso fa parlar i morti, no i to ascolti
co registri diversi, tanto xe vodi i spalti
Xe tempi che Cortina fa el botto
e piena de Suv xe l’Alemagna
na volta jera sto monte Patocco
e ’e domìe crosi del cimitero de Fortogna.
Te serco tute ’e noti da sta casa
sento ’e to ongie sua tera che scava
e penso che ’a to anima me scolta
e penso a mi che no go ’a forsa
e penso che no ti esisti più
e mi no son più queo de ’na volta.
Me sento ancora più soeo anca se tuti ghe ne parla
’i vol portarne casa el sol ma xe un sol che no scalda
No go paura dei sogni, de’e vosi, de’e sere
perché tornerà ’a pase travestia da neve
a imbiancar el campanie de’a pieve.
Xe da alòra che no vardo più in alto
Scùsime se te bestemo Signor ma no go più altro
perché xe ancora su sta tera a me putina
come ’a mafia che la ga copada, sul stesso punto dove che ’a jera prima
E no me ne frega de’e paròe o de sta casa che spussa de calsina
no voevo che succedesse, come ’a signora Merlin Costantina
passarà l’ultimo che pianxe ma no passarà sta diga
Parché l’ultimo che pianxe no xe qua xe soto eà che siga
parché su un paese dove niente se move anca na diga sta al so posto
e no se move el prete che continua a lustrar el Cristo
e no se move gnanca chi che xe nel giusto
e no se move ’a diga del Vajont
parché la tien su el disgusto.


2a classificata 2009

El ridéa

di Antonietta Pulzatto Bagolin, di Oderzo (TV)


El "ridea" el Nini...
Scampà da ’na guera
che no el voea,
strassinà via dai so campi,
da’e so bestie e daea mama,
par combatar un "nemigo"
che no el ’vea, lù, "bocia del ’99"
sul piave propio ’i lo ciamea.

Soto ’e bombe de ’sta guera
che no el sentia...
’a ment, presto, la gh’é partia!
Col caval del comandante
da’e rive del Piave
aea so casa el tornea.

Al cambiar del temp
a platani e a moreri,
come a soldai "in riga"
de guera el ghe parlea.
Co gran pena i so dì ’l à continuà:
eroe no ’l é deventà
e’l à vissuo a metà.

Ancora, da guere inutii
tanti zoveni "ridendo"
’ é tornadi o i tornarà:
altri Piave o Don, altri Vietnam o Afganistan,
la pase daea ment via ’i se portarà,
se i Grandi a governar coea testa
e anca col cuor no li imparerà!

El ridea el Nini...
el ridea... e basta!

3a classificata 2009

Sbiansi fureghini

di Ines Scarparolo, di Vicenza


Vien zo la sera e l’aria
xe inprofumà de fiori.
Me cato a far filò
co l’aqua del canàe.
A ghe s-ciantìsa sora
sbiansi fureghini,
che inpissa dei ciareti
che slùsega de arzento.
So i àrzeni, in boresso
le erbe mate ’e bala
descantando sogni
dal me core inamorà.
Te vien inamente, vecio?
A bastava el to soriso
i me làvari sbacià
quasi a spetare
che rivasse on baso
le nostre man che
pramose ’e se çercava
la to caressa tènara e lesièra
so ’e me massèle sfogonà.
Ogni sbianso de arzento
so l’aqua cantarina
pol èssare on pugneto
de i sogni de alora...
Se ’o rancurémo ben,
ancora el farà ciaro.

		22 giugno 2009

Traduzione delle parole più difficili

Sbiansi = spruzzi
fureghini = (intraduc.) incontrollati, improvvisi
ciareti = lumini
slùsega = brillano
in boresso = euforiche (?)
massèle sfogonà = guance accaldate
pugneto = manciata
se ’o rancurémo ben = se lo custodiamo con cura

4a classificata 2009

Sul caregón del Pèlmo

di Emilio Gallina, di Treviso

    (ricordando ’na amiga poetessa)

Te penso tante volte
amiga de giorni e de versi,
là sul Caregón del Pèlmo
sentàda ai piè de Dio
co’ to fìa vissìn
intente a vardàr
el maghesso de çime
che torno torno vièn su ’fa altari
dal verde dei pini, dei làresi
dei mughi
tra incendo de nùvoe
e tovaje de giaroni.

Ti e éa,
finalmente insieme,
stréte stréte sensa parlàr,
man int’ea man,
inbarlumìe de fissità,
spetàr chi a piàn sta montando
sempre co’ pi’ fadiga,
l’èrta
fin dove che ’a se confonde
co’ ’a vostra.

E sarà festa.

5a classificata 2009

El dialèto

di Diana Maimeri Lugo, di Isola della Scala (VR)


I dise, e mi credo che sia vera:
"Se un popolo 
el perde el so discorar
el perde la storia intiera!"

Ghe va remengo
fole, arte, tradission,
se perde via nel tempo 
tuto sto  bel mondo drento al minestron
che l’è diventà el ciacolar
che ne gira atorno.

Vien çerti magoni quando se sente la gente
che vol "straussar" talian
par no essar decadente!

Ma me consola un fato
restà ne la memoria,
de quela vecetina
catada a l’ospedal,
e de quela suora tanto carina
che g’à domandà
con far discreto:
"Le porto una mela al forno?"
La timida noneta
che l’era del disdoto
e la conossea solo el dialetto,
la g’à risposto umile: "Grassie!
Ma invesse de chela roba lì
podaressela portarme
un pomo coto?!"

6a classificata 2009

’A mongolfiera

di Speranza Visentin, di Mestre (VE)


Fasso ’ndar su ’na vampada de aria calda
che me strassina in vo’o
so’ confusa, s-giansi de un ricordo me sofega,
in cieo dove che no ghe xe confusion
gavarò risposta!

Al de ’à del bacan de tuti i giorni
posso vèrxer ’a me ànema.
Che ciacco’on el siénsio!
’à dove che no ghe xe confini
çerco de capir el me vivar.

Intorno a’a me ombra da ’a’sù
tra ’na spiera e ’st’altra  intravedo
albàri in fior, amissi che me sa’uda
desméntego par un fià el scuro drento de mi,
xe un piasser vo’ar, l’aria me pìssega el viso
’a stimo’a ’a mente che vada senpre più su,
e me godo un canto de ’ibertà!

Traduzione delle parole più difficili

s-giansi = gocce
spiera = bagliore di luce

7a classificata 2009

Tra le to piume de scienza e sorrisi

di Marta Vaccari, di S. Giovanni Lupatoto (VR)


(alla mia maestra di I elementare)

Pulzini pena saltè fora dal sgusso
érene noantri...
co la càpola de i coléti
piassè granda dei nostri museti
a tremar insieme al sangiuto.

ma ti te ne cocola’i
te ne struca’i
tra le to piume de sciensa e sorisi

e che timido chel segno leséro
del to pastèl rosso
a giudicar
el nostro scrivar inocente,
ma grando el to cor nel difissile
el sera’a el nostro bàtar picenin.

Maestra
el to ricordo no l’é mai stà
in de na soàsa a sponsar...


Traduzione delle parole più difficili

càpola = fiocco
piassè = più
sangiuto = singhiozzo
in de na soàsa a sponsar = in una cornice a riposare 

2008

1a classificata 2008

Par no infiapir

di Berta Mazzi Robbi, di Casteldazzano (VR)


Te sé bela
ne l’abito nóo
’pena sfodrà.
A nugole persegari rosa
se destende sora el prà
incipriando de primavera l’aria.

Un bòcolo te pari
drio sbociar:
atorno tuto lesèr
neto come on póeo.
De fora posto
gnanca i pensieri.

A olte
se àldega ’na nugola,
ma l’è lontan...
Prima che sbroca el temporal
ghi è tuto el tempo par rìdar
par zugar,
de far sogni longhi e bei
balando spensierà la to canson.

Le nugole se àldega sempre piassè...

Mola el fil pianin pianin
sensa contar i giorni
che sbrissia ’ìa de man,
parché no l’infiapissa la to canson
ma resta sempre viva sconta in fondo al cor

Traduzione delle parole più difficili

sfodrà = sfoggiato
A nugole persegari rosa = a nuvole i peschi rosa 
póeo = farfalla
se àldega = ci prova
sbroca =scoppi
Le nugole se àldega sempre piassè = Le nuvole tentano sempre di più


2a classificata 2008

El zogo de le parti

di Clara Rossetti, di Chirignago (VE)


Ti sta là, sola, e ti ’spèti
ransignada nei abiti opachi
la to’ fronte no xe pì distesa
xe a l’erta solo i to oci.

Mi son el filo che liga la to’ vita
ne la trama del longo so andar
che a volte girando s’intriga
e ti no ti la pol destrigar.

Mi devento pagiassa per ti
cussì rido, fasso finta de gnente
ma, le lagrime scondo parché 
el to soriso devènta cosciente.

’Desso, son mi la mama che ti ’spèti
quela che te consolo e te ingana
i çent’ani xe squasi passài
mi lenisso i to’ crussi e i to’ afani.

Ti, ti fa spazio dentro al to cuor
e ti ’spèti che l’universo se tuffa
nel to fràzile trasparente bicèr
sbalotà come ’na nave sui flutti.
ransignada = rimpicciolita
s’intriga = rimane impigliato
devènta = diventi

3a classificata 2008

Supìava libaro el vento

di Luciano Bonvento, di Buso (Ro)


Jèra cofà nàssare ogni matina
co ’na speranza nòva tel cuore
chel nostro ’ndare tel sole,
spanto drìo el stradón del credo
fin dove rivava l’òcio del vardare.
Supìava libaro el vento
sui brazzi vèrti di balcóni,
sui gerani rossi chi colorava
profìi de case basse e screpolà.

Inutie çercare el tenpo di rinpianti
su ’e piere de on vècio muro,
che no’l ga memoria de’e primavere,
strucà drénto man putèe
o de che crèdare a l’amore
co ’e ale grande di sogni.
La xè scapà sguélta
la pureza del córare descalzi
drìo i sentieri del’infanzia
e chel zogarse i giorni de l’inocenza,
inmagà da la nenia de na’ conta,
inventando mondi da vìvare
co l’anima a sbingolón drènto ’na fòla.
’I s’à fermà i passi verdi
di nostri ani più bèi, ’i s’à fermà là
dove la riva de la sera
la sbara l’onda de la vita
e drènto ’e man, i pensieri
’i se fa scodéa d’arsura
pa’ rancurare n’antra góza de tenpo.

4a classificata 2008

Ondéze le luzariole

di Maurizio Boscolo Meneguolo, di Sottomarina (VE)


Su strigao del canto
del mare, aria, sole, salso,
a mi me zoge el cuore.
Le caresse del vento
me fa catarigole
su la mia pelle ràpia.
Onbre strigàe a cavalo
de le onde cofà vanpiri
nel scuro de la note.
’Na siarpa de vento
vegnùo dal mare
se intòrzole al colo.
El mare zé infuogao a arde
co’ sielo spessiao.
El sole se destùe va 
sul fundi de la note.
L’onda se fa ’a cuna
scassegà dai supioni
del vento.
Lezieri i mii pensieri
galeze su le onde del vento.
La musica de le onde
zé sonà dai violini del vento
ondeze le luzariole.

Traduzione delle parole più difficili:

su strigao = sono ammaliato
zoge = gioie
ràpia = rugosa
a = e
sielo spessiao = cielo specchiato
se destùe = si spegne
ondeze = ondeggiano 
luzariole = lucciole

5a classificata 2008

La voçe de Carlo Goldoni

di Gianna Tenuta Pilon, di Treviso


’Scolta, ’scolta Venessia,
’scolta la s-ciafa de l’onda
che te ròsega ’e caìce,
el sangiuto de’a zente
che trema al pensier de pèrdarte...
No’ sta negarte, Venessia,
ne’a lagrema sconfinada
che te fa sofrir ma slusi,
slusi in ogni stajon,
slusi co l’aqua te leca i zenòci
e sapi alsar ’a testa
in tuto ’l to splendor!

’Scolta, ’scolta Venessia,
’Scolta ’na voçe che vien da lontan:
’a xe pianto e ’nborésso
che ti vol parlar
donando ’a freschéssa
del to bel dia’èto co farse
che no’ pol ’ndar zo de moda...

’Scolta, ’scolta Venessia,
’Scolta ’l gran Carlo
che vol farte ridar:
Lu, patindo, gavéa capìo
che ’a vita xe anca ’na comèdia
e, in barba a tute ’e pego’e de’a tera,
dopo ogni ’nverno...
vien senpre ’a primavera!

6a classificata 2008

Brusamarso

di Mariano Guzzonato, di Marano Vicentino (VI)


Quando l’inverno el sta par finire
e le giornate se slonda d’un fià,
se move ’rento ’na voja de fare,
che tanto fredo gave’a ’ndormensà.

Penso al tenpo, de tanti ani fà,
a fine febraro, se ben ricordo,
la gente de alora de le contrà,
intorno al fogo, tuti d’acordo,
fase’a "brusamarso" i ghe diseva,
pal bon inissio de’a nova stajon;
brusar el fredo che ’ncora restava
con tanto de legna messa in mucion.

Ma pì de tuto i faseva filò,
coi veci a contar del tenpo passà
de schersi e storiele, a capelò,
cia co’e falive de tante fiamà.

Bei, da ’na parte, tuti i toseti
scoltare i noni, coi oci sbarà;
dopo, da l’altra, i primi amoreti
con tusi e tose, a darse le ocià.

Pì tardi, forte partéa l’alegria,
s-ciochi al carburo, ma setu che bote;
dei altri falò a far compagnia,
ciamarse a voçe in meso a le note.

La primavera staséa per rivare
drento ’te ’l core de tuta la gente,
e ’na be’a roba  i saveva insegnare
sentirse fradei, que’o gera inportante.

7a classificata 2008

’A lissia

di Antonietta Pulzatto Bagolin, di Oderzo (TV)

	
	"Se vae soto e onge...
	a qualche stajon torne,
	ma se vae ’nte ’a lissivia
	par mi la é finìa!"

Cussì el pulzo el dizea
e pàea so vita el tremea:
jera proprio la lissivia
che pulzi e rufa la se portea via!

- Inpinsa el fogo de’a caliera:
l’acqua l’à da bojer par sera!
Sora el buso sul fondo del mastel
meti a gramoea del porsel.
Destira ben le intimèe coi nissioi
e po le camise, ’e tovaje coi tovajoi.
Par sora, el téo de canevo l’é da sistemar
parché la çenare no l’à da passar!
Col botoeo stropa el buso la soto
se acqua de bojo te buta de boto.
Svoda pur tuta ’a caliera
e assa a mojo ’na not intiera.
Doman, co ’l gal cantarà,
el lissivaz da soto te cavarà; 
co quel, ben te lavarìa
braghe, sgalseroti e... compagnia.

Apena che se alsa el sol
va le fémene coi çesti sul bigol:
dentro, i nissioi le à sistemà
e int’el canal i li resentarà.

Come in preghiera, in zenocio sul lavador,
le sbate, le strìcoea nissioi e coeador;
coi çesti le va sul prà
e presto sul fero tut l’é destirà.

Bianca come un dent de can
’a biancheria ’a profuma da lontan.
Suta, par sera, la sarà
e piegada in tel casson se ’a metarà.

Nel baul dei ricordi ’e fadighe se conservarà,
ma el senso del dover, l’amor paea fameja 
el gusto del bel e del net come ’na volta
sempre mostrar se dovarà!!

8a classificata 2008

’A misura

di Guido Leonelli, di Calceranica al Lago (TN)

...
...

SEZIONE RAGAZZI 2008

1a classificata 2008: Aurora Vanin con

Cavàeo a dondoeo
...

2a classificata 2008: Valentina Marcon con

Vecio
...

3a classificata 2008: Barbara Alberton con

Me nono me conta
...

4a classificata 2008: Jessica Vecchiato con

’A jornada del contadin
...

5° classificato 2008: Luca Visentin con

I ricordi
...

6a classificata 2008: Alessandra Beraldo con

El diaèto
...

2007

1a classificata 2007

"So"

di Clara Rossetti, di Chirignago (VE)


So de ’na putèla co’ le man pusàe
su la so’ barchèta de carta per farla
navegar su l’aqua pociàda dal temporàl.

So de un çielo che s-ciòpa
fazèndo ziràr venti contrari
sòra aque infuriàe de marea
che come ’na musica rimbombante
fa sbatter el sùgaro sui scogli
sensa mandarlo a fundi.

So de ’na spièra de sol
strià de grumi sanguigni che
pian pian çèrca frescùra in mar
e de ’na luna come latte, che òcia
l’avissinarse curva de la sera
fata de sughi de cocài che svòla.

So de ’na note color cobalto
che covèrze col so’ mantèlo
i ultimi sbampolìi a cavàlo sul mar
e del vento che s’incastra su golfi bruni
a çercàr conchiglie de madreperla
che come corni antichi sòna:

la vègia e el sono del zorno.

Traduzione delle parole più difficili

nìole = nuvole
spièra de sol = tenue raggio di sole
cocài = gabbiani
sbampolìi = bagliori 


2a classificata 2007

Ceséta

di Marta Vaccari, di S. Giovanni Lupatoto (VR)


Ceséta bandonà
lì, ne la spianà de campi
in do’ se fa vedar ancora
na stradeta de giarin.

Sensa pietà el tempo
che à smorsà el to baticor.

Sensa religion el campanar
che à fato muto el campanil
ligando le corde de le campane.

Anca el cotarol ’l à umilià l’altar
no’ servendo pì ne le messe
dal donar de i Vangeli 
e de le Comunione.

Desso no gh’è pì l’onor santo.
No’l gh’è pì!
L’è suta anca la pidéla.
E nel cortil 
s’à storto la rosara.

Ceséta
te basa la porta la solitudine
deventà to mama
e calche s-ciantiso de pensier
de un cel derubà da i arcobaleni.

Traduzione delle parole difficili

cotarol = chierichetto
pidéla = acquasantiera
rosara = roseto
s-ciantiso = sprazzo

3a classificata 2007

’A carèga

di Stefania Basso, di San Donà di Piave (VE)


Sot el pòrtego, picada a un ciodo,
jera ’a carèga che se sentéa me nono.

Piena de polvare e de ragnatèe,
quanti ani che no ’a vedée!

In ment me à tornà
par quant tenpo che ò strassinà
cuéa carèga par farlo sentar.

Se éa ’a podesse parlar ’a diràe:
quante storie da’l nono contàe!

Lu el me diséa:
banbìn, sui zenoci, viènte sentàr
che sta carèga, tuti do ’a pòl portar.

In cusina, inte’l ort, inte’l cortìo,
senpre se se ’a portéa drìo.

E cofà tante nostre robe bèe,
se no altzée ’a testa no vedée

che, picada a un ciodo ’a jera finìa.
Mort el nono, no ’a é pì servìa.

4a classificata 2007

Te ne manchi, Nico

di Emilio Gallina di Treviso con

	(a Nico Della Coletta poeta)

Ancói, el pòles rudén e sberlà
de l’ultimo cancèl
che ronpe mur bianchi
e sèra làpidi e cross,
pendùo a piàn dal guardiàn
déle sperànzhe stuàde,
’l à mandà alto el so zhigo
che à sbregà l’ànema ai amìghi
e ai tòi, desfài dal dolor.

E ti, apass de zhìngher
lidièr cofà ’na fòla vècia
te si ’ndat via squasi descondón
e te ne à lassà zhenoción,
i òci bianàdi, pèrsi int’el gnént,
tant pi’ soli e poregràmi
a buligàr ricordi de ti, de noi...

Te ne à lassà in silénzhio,
come che te èri uso far, 
par ’ndàr drìo tròi de luss
oltra i crèp déle to montagne
su su ’nte la vèrta granda del çiél
in mèdo a néole bianche
’ndove no’ ghe n’è pi’ pensièr,
né cruzhi, né làgreme,
a incontrar chi tant te manchéa.

A noi che restón,
che se domandón se l’è véra,
te ne manchi, Nico, te ne manchi.

Traduzione delle parole più difficili

pòles rudén = perno ruggine 
bianàdi = ?
buligar = ?
néole = nuvole

5a classificato 2007

Lanpese la lanterna

di Maurizio Boscolo Meneguolo, di Sottomarina (VE)


Sole, onde, aria, mare,
co’ s-cianti fati de sale
co’ canti de pescaòri
e un vento de sirocale.
Me vogio fundare de
zogia de la mia fantazia.
Me vogio caregare de sogni 
e zolare co’ ale de corcàle.
Lezièri galeze i mii pensieri
su la cuna de le onde.
Me vogio gnegare
de sole, aria, e scogere.
Su singanao a vardare i pescaregi co’ le lanpare.
Sento la sinfonia del vento
cofà ’na musica lezièra.
Sta note la luna zè ciàra
se nàveghe tranquili
co’ la luna marinara.
Sole, onde, aria, mare,
co’ onde fate de sale
co’ canti de pescaòri
e un vento de sirocale.

Traduzione delle parole più difficili:

lampese =  lampeggia
fundare de zogia = naufragare di gioia
caregare = caricare
corcàle = gabbiani
galéze = galleggiano
cuna = culla 
gnegare = annegare
Su singanao = sono ammaliato 

SEZIONE RAGAZZI 2007

Segnalato: Leonardo Piovesan di anni 12, di Calvecchia di San Donà (VE), con

’A piova

Ti piova che te vien zo
come ’e me àgreme de doeór,
forti e batenti come el me cuor.
Come ti da’l ciel cascando te piove
fracàndoe fòra da i me oci ’e córe.
Come mi, ti t’à pers el to amor,
des son qua che scolte el to doeór.
Co’l me cuor che sta sofrendo
insieme vardén ’a nòt pianzendo.

2006

2005

SEZIONE LINGUA ITALIANA

1a classificata: Cassandra Venturini di Lendinara (RO), cui va il premio di 500 Euro, con “Il quinto elemento”.
Motivazione: La Giuria ha ritenuto di assegnare il 1° premio alla poesia per l’originalità delle immagini e la potenza descrittiva che pervade tutta la lirica. Nel testo vengono anche evocati la nascita e lo sviluppo che determinano il susseguirsi della vita, dove gli elementi naturali come l’acqua, il fuoco, la terra e l’aria marcano il processo creativo di ogni esistenza e d’ogni forma vitale. Tutti gli elementi sono poi ricondotti in sinergia verso l’elemento vitale che sublima all’eterno: l’anima.

Il quinto elemento

Con mani sporche d’argilla,
mia madre, si ritrovò me fra le braccia.
Come un Dio mi plasmò, 
e sua fu l’immagine e somiglianza.
Nel buio dell’universo, 
lampi di stelle afferrati a fatica, 
per tessere una ragnatela di luce,
il primo tracciato della mia vita.
Elementi, l’esistenza è l’insieme 
dei cinque primari elementi.
Fuoco, rosso ardente come il sangue, 
scorre e pulsa frenetico, veloce, caldo.
Acqua, liquido amniotico, vita, 
sprazzi di stelle scendono amari dagli occhi,
luce acquatica si insinua antica nella memoria.
Terra, corpo e creta, cenere alla cenere,
polvere, come tanti puntini  dispersi nel tempo,
nelle epoche remote, 
uomini e donne con storie di creta.
Aria è respiro vitale, ossigeno del mondo,
profumo silente, sogno eterico disperso nel cielo,
negli spazi sconfinati, 
fino a sfiorare il quinto elemento.
Rosso fuoco, acqua limpida, terra nera, aria azzurra,
i quattro primordi connessi tra loro da un solo,
sinergico elemento, misterioso e forte,
il più vitale ed umano di tutti,
eppure,  così infinitamente divino e sublime,
da congiungersi all’eterno:
l’anima.

2° classificato: Luciano Bonvento di Buso (RO), cui va il premio di 300 Euro, con “L’ultima favola”.
Motivazione: Il secondo premio viene assegnato alla poesia “L’ultima favola” dai cui versi emerge il desiderio e il bisogno di evadere da questa realtà per ricercare o sognare un mondo infinito.
C’è nella poesia un equilibrio personale di riflessioni che il poeta rimuove con particolare nostalgia.

L’ultima favola

Quando l’alba si appresta a divenire giorno
e il vento accarezza le braccia rosa dell’aurora,
vorrei tuffarmi nello sguardo dell’infinito
per scoprire dove il sogno s’incontra con il destino.

Apro il mio pensiero a ventaglio sull’orizzonte
per colmare la mia fantasia, bevo gocce di luce
dal calice delle favole più belle, soprattutto l’ultima,
quella che mi racconta il mondo senza guerre.

Non ci sarebbe nulla da spiegare, se non fosse
per il vizio di parlare, senza guardare chi ci ascolta,
mentre la sera accoglie il vento tra i capelli
e i desideri incominciano a cambiare i colori.

Sono troppi i silenzi che si fermano tra i sospiri
Per giocare a nascondino con la verità.

Finiti gli anni dell’infanzia,
cercammo la magia nelle parole lasciate nelle promesse,
ma la fretta e l’indifferenza calpestarono il sorriso
e il tempo si fece roccia, sole inginocchiato
sull’asfalto d’un cammino d’arsura.

Ora, pellegrini nei giorni delle preghiere,
vendemmiamo con gli occhi dell’anima
i sassi disseminati lungo i sentieri del cuore,
perché il credo ancora non tace alle lusinghe.

Nello specchio che guarda al riflesso del nuovo
è illusione l’immagine dell’io che vince.

La felicità è sempre più pulviscolo invisibile.

3a classificata: Monica Schiaffini di Sestri Levante (GE), cui va il premio di 100 Euro, con “Barbagli”.
Motivazione: La poesia è caratterizzata da una personale riflessione che porta a ripercorrere momenti vissuti in un tempo lontano. Una velata malinconia traspare nell’animo del poeta come “l’alba che s’offusca di rimpianto rivelando mesta le ombre della sera”.

Barbagli

Inatteso ritrovarti
dietro soffice organza
di memorie e mattini,
risvegli intrisi di rugiada
sul candore di strade
innevate dagli anni.

Germogli di ritorni
perforano la coltre del silenzio
e lenti si dischiudono
a dipanare
dai grovigli del cuore
eco remota di parole lontane.

Orme di passi mi portano a te,
sulla panchina dei ritorni,
ai margini del tempo.

Sbiadite essenze si diffondono
al noto veleggiare dei pensieri,
per riaccendere sguardi confusi
ad orizzonti di sale,
tra moti d’onde increspate
e sfumati contorni di presente.

Nel volo lieve di un gabbiano
pezzi sgualciti di sorde emozioni,
e l’alba già s’offusca di rimpianto
rivelando mesta le ombre della sera.

Livida è la pelle del buio,
ora che tracce d’antiche ferite
diramano l’indelebile
in argentei barbagli
di un amaro sorriso.

3a classificata ex-aequo: Gloria Venturini di Lendinara (RO), cui va il premio di 100 Euro, con “Sotto il cielo dell’Iraq”
Motivazione: La poesia considera le drammatiche vicende della guerra in Iraq con una particolare riflessione per le sofferenze che lacerano il cuore delle persone vittime della violenza. Dolorosamente amare le riflessioni del poeta ma un filo di speranza riesce ancora a fremere nei cuori.

Sotto il cielo dell’Iraq

Pupille sbarrate... (i tuoi occhi) 
screpolano chimere dietro un vetro 
tappezzato da riflessi di luce,
stroncano fumi evanescenti
di una notte lontana,
diversa da quelle che s’incontrano
sotto gli edifici calcinosi di Bagdad.
Arrendevoli spettri
si aggrappano colmi di spavento,
ad anime d’uomo,
per risalire verso le arcate del cielo,
e nel bagliore delle stelle
sentire l’eco della Voce Universale.
L’Iraq ha strappato
l’ultima speranza dal cuore,
la terra grida alto il sangue versato,
il nome dei volti perduti.
Miserie d’argilla ai piedi dei monti,
fango e famelica cancrena
spezzano silenzi di anime pellegrine.
Il respiro è mozzato,
da uno sforzo di pensieri,
sfociano parole che cercano amore.
E tu, vagabondo,
straniero nella tua stessa terra,
scandisci ricordi di pace lontana…
accarezzato dal vento,
che si solleva in questa oscura notte,
fra le rovine di Bagdad.

PREMIO ORIGINALITÀ ED INNOVAZIONE

A Giulia Tura di Castelfranco Veneto (TV), cui va la Targa offerta dalla Regione Veneto, per “J’Ador Dior”.
Motivazione: La poesia rivela una sottile ironia espressa in una forma intelligente e personale con riferimento alla società dei consumi. A momenti ironicamente garbato, altre volte velatamente dissacrante, il poeta riesce comunque a restare piacevolmente satirico.

J’Ador Dior

Sogni alcolici d’attici privati
Supertecnolussostar
Di te.
Mia cagnetta da competizione
travolta e stravolta dal fumo aspirato,
inconsciamente p******a alla ribalta
in escandescenze moinali represse
da atipici diavoli quotidiani parenti.
Con te.
Che amo più della notte infinita
caduca di stelle firmate Gucci
e stivaletti in pelle nera.
Offenditi se vuoi del mio savoir faire maleducato
Imparato a memoria su libri ingialliti,
offenditi se vuoi perché apro gambe Golden Lady depilate
derubate di malumori-umori adolescenziali.
Bella fata che incanta più del serpente
concupisci con me un bimbo impossibile,
e adorami.
Come la Porche Carrera parcheggiata in garage.
Adorami.

SEZIONE DIALETTO VENETO

1a classificata: Diana Maimeri Lugo di Isola della Scala (VR), cui va il premio di 300 Euro, con “S-ciantisi de morte”.
Motivazione: La poesia esprime con un’immagine particolare la figura di un vecchio beduino che non ha più lacrime da versare per il figlio morto vicino al lago Giordano. La descrizione della morte e della sofferenza culmina nella sottile amarezza di un sepolcro che forse mai sarà aperto. Se qualcuno potesse stringere le mani del vecchio, quel calore sprigionato non gli farebbe più sentire il freddo della sorte impietosa.

S-ciantisi de morte

Sòra l’àrzaro
un vècio biduìn el spèta,
no ‘l g’à più lagreme,
no ‘l g’à più còr,
solo paura
par un fiòl che no’ torna.

Sbrìssia via
lòngo la sera
l’acqua del Giordano
travasàndo  la so speranza.

No’ l’è sta el deserto
che l’à rubà ‘na vita,
no’ l’è sta la sàbia
a stofegàr la primavera!

Tra pòco,
s-ciantisi de morte
s-ciararà la nòte!

Ci verzarà el sepolcro?
Ci catarà su le fàsse?

Se calchedùn
ghe struccasse le man
nol sentarìa più
el fredo de la “sorte”!

Traduzione: SCINTILLE DI MORTE
Sopra l’argine/ un vecchio beduino aspetta,/ non ha più lacrime,/ non ha più cuore,/ solo paura/ per un figlio che non torna.// Scivola via/ lungo la sera/ l’acqua del Giordano/ travasando la sua speranza.// Non è stato il deserto/ che ha rubato una vita,/ non è stata la sabbia/ a soffocare la primavera!// Tra poco,/ scintille di morte/ rischiareranno la notte!// Chi aprirà il sepolcro?/ Chi raccoglierà le fasce?// Se qualcuno/ gli stringesse le mani/ non sentirebbe più/ il freddo della sorte!//

2a classificata: Maria Clara Maschietto di San Donà di Piave (VE), cui va la Targa offerta dalla Regione Veneto, per “E man dei putei”.
Motivazione: Dalla poesia traspare un invito a osservare le mani dei bambini e a riflettere di conseguenza. Le sensazioni che ne derivano rievocano la dolcezza e la tenerezza del mondo innocente dell’infanzia. Questo ristora e intenerisce il cuore del poeta.

E man dei putei

Atu mai vardà
e man dei putei?
Co quei déi competi     
e grasotei,
i buseti par de sora
e le ungete che vien fora
come da un bocoet de rosa.

Atu mai sentì
e man dei putei?
Co quea pèe veudina,
morbide fa a puina
e squasi del stesso odor,
parchè noe sa da suor,
ma de butirro e late.

Atu mai basà
e man dei putei?
Tenere, caldete,
sempre un fià umidete,
fine come e vioete
in mezo al prà.

Atu mai sentì
intorno al col
e man dei putei?
La è na emozion,
una de quèe sodisfazion
che te reoéna l’anema,
e tuti i pensieri
t’à zà desmentegà.
L’è un gusto
da andar via col fià!

Traduzione: LE MANI DEI BAMBINI
Hai mai guardato/ le mani dei bambini?/ Con quelle dita rotondette/ e grassottelle,/ con i buchetti sopra/ e le unghiette che escono/ come da un bocciolo di rosa?// Hai mai sentito/ le mani dei bambini?/ Con quella pelle vellutata,/ morbide come la ricotta/ e quasi dello stesso odore,/ perché non sanno da sudore,/ ma di burro e latte.// Hai mai baciato/ le mani dei bambini?/ Tenere, caldette,/ sempre un po’ umidette,/ delicate come le violette/ in mezzo al prato.// Hai mai sentito/ intorno al collo/ le mani dei bambini?/ E’ una emozione,/ una di quelle soddisfazioni/ che ti rivoltano l’anima,/ e tutti i pensieri/ hai già dimenticato./ E’ un piacere/ da restar senza fiato.//

3a classificata: Nadia Zanini di Bovolone (VR), cui va la Targa offerta dalla Regione Veneto, per “Al telar de la vita”.
Motivazione: Il poeta ricorda, attraverso i suoi “gustosi versi” di vita quotidiana, la madre intenta a svolgere le faccende domestiche. Ricorda il profilo e la chioma dei neri capelli, insieme al dolore mascherato dentro “collane di perle infilate di lacrime”. Per Lei, il poeta, attraverso il filo luminoso di un verso, potrà ricamare i ricordi al grande telaio della vita.

Al telar de la vita

(a mia madre)


Te fasèi a gara col sol,
de matina bonora,
indafarà
fra ombriè de minestri
e toàie maciè 
de cafelate e sorisi;

Profumàa de lissia
el to vestito e
te parèi  ‘na macia de sol
fra nizoi sgionfi de vento
destesi 
al filo zòeno dei sogni;

Se scondèa el to profilo
 soto ‘na corona 
de cavèi neri e
te savèi mascaràr
 anca el dolor
drento colane de perle
 infilè de lagrime sconte;

 Adesso... te speti...
par lezarme ancora 
nei oci,
par strucarme
fra i brazi del cor
e mi gavarò sempre
in scassèla, par ti,
el fil ciaro de un verso
e ricamarò
fiori de ricordi
al telàr de la vita

Traduzione: AL TELAIO DELLA VITA
Facevi a gara con il sole/ di buon mattino/ indaffarata/ tra ombre di mestoli/ e tovaglie macchaite/ di caffellatte e sorrisi // Profumava di bucato/ il tuo vestito/ e sembravi una macchia di sole/ tra lenzuola gonfie di vento/ stese / al filo giovane dei sogni// Si nascondeva il tuo profilo/ sotto una corona/ di capelli neri e/ sapevi mascherare/ anche il dolore/ dentro collane di perle/ infilate di lacrime nascoste,// Adesso.... aspetti..../ per leggermi ancora/ negli occhi/ per stringermi/ tra le braccia del cuore/ ed io avrò sempre / in tasca, per te/ il filo luminoso di un verso/ e ricamerò,/ fiori di ricordi/ al telaio della vita.

SEZIONE RAGAZZI

“Ritenendo inopportuno stabilire una graduatoria di merito” fra i ragazzi, in quanto “delle loro opere deve essere colta la freschezza e la genuinità senza stabilire una gerarchia di valori”, una menzione andò a ogni scuola che avesse partecipato; “si ritiene comunque di evidenziare l’originalità della presentazione della poesia L’albero agreste di Elena Degan di Eraclea (VE) in cui la giovane autrice ha affiancato ai versi la simpatica realizzazione di un’albero in miniatura da lei stessa realizzato.”
A loro sono state consegnate otto targhe gentilmente offerte dal Professore Claudio Caldo da sempre vicino alla Maestra e Poetessa Lisa Davanzo.
Queste le scuole premiate: “E. Toti” di Musile di Piave classe 3 A-B Insegnante Bertilla Bortolon, “S. D’Acquisto” di Fossalta di Piave classe 5 B Insegnante Adriana Davanzo, “Campostrini” di Verona classe 3 Insegnante Elisabetta Baschirotto – classe 4 Insegnante Graziella Conati, “Nereo Merighi” di Novaglie (VR) classe 3 Insegnante Maria Luisa Malagoli, “Fogazzaro” di Follina (TV) classe 1 A Insegnante Maria Migliore, “Stornarella” di Foggia classe 4 C Insegnante Ripalta Guerrieri e la biblioteca “Karl Marx” di Sesto San Giovanni (MI) Assistente Franco Di Nunzio, Animatrice Giovanna Gelmi che rappresentavano le scuole del luogo “Calamandrei” classe 1 A-C, ”Pascoli” classe 4 A-B-C e “Marzabotto” classe 2 A-B-C.

2004

I premio sezione A
Ricercare il senso profondo
dove anche la luce fugge,
dove rimane la sola speranza
ad accompagnarci verso il domani.
Anche il tempo barcolla,
come noi, ubriaco di nostalgia
vagando in un giardino di rose appassite.
Risate interrotte da pianti discreti,
mescolando il presente a gloriose memorie.
Elmi argentati
sul capo di guerrieri ormai stanchi,
vinti dall’incessante procedere del giorno.
L’estate è alle spalle, con i profumi e i colori;
ora solo la carezza di una mano pietosa
sa riscaldare l’anima
in un gelido crepuscolo d’inverno.




Storia del premio

Ideato nel 2004 da Ermes “Meme” Girotto, ex allievo di Lisa Davanzo e fondatore del Comitato VIVERE BENE nel Veneto Orientale (qualcosa a metà tra un movimento civile e un partito politico), il premio “Lisa Davanzo” prevedeva inizialmente anche una sezione principale in Lingua Italiana.

In virtù del fatto che non vi era alcuna quota di iscrizione a fronte di ricchi premi, i concorrenti il primo anno furono numerosi, “oltre le più rosee aspettative”, ben 116, “seppure l’iniziativa avesse carattere locale”.
La imprevista visibilità offerta dal premio al Comitato di Girotto indusse la Giunta Menazza di Musile a negare ogni spazio per la premiazione; in seguito anche la Giunta Zaccariotto di San Donà fece lo stesso; la premiazione si tenne dunque a Eraclea, “dove si [registrò] la presenza di 130/140 persone ”.


Qualcosa cambiò l’anno successivoquando la premiazione della IIa edizione si tenne invece a San Donà (sabato 24 settembre 2005) presso il centro culturale “Da Vinci”, alla presenza di circa 250 persone.
850 erano le opere arrivate al comitato organizzatore: 570 per la Sezione Italiana, 70 per quella Dialettale Veneta e 210 della Sezione Speciale Ragazzi fino a 14 anni, aiutati dai loro insegnanti.

A Meme Girotto, in difficoltà con l’organizzazione del premio, si affiancò l’anno successivo il Comitato “Raixe Venete” nella persona del suo presidente Claudio Caldo, che da anni sosteneva il Premio di poesia dialettale di Chiesanuova. Il professor Caldo, da sempre amico di Lisa Davanzo e sensibile a tutte le iniziative culturali locali che valorizzino la lingua del dialetto, fu ben felice di impegnarsi in prima persona.

Venuto meno il sostegno di Ermes Girotto, il Premio fu tenuto in piedi dal prof. Claudio Caldo e si concentrò sulla sezione dialettale divenendo Premio di Poesia in Lingua Veneta.
Fino al 2010 le cerimonie di premiazione si tennero al Centro Da Vinci di San Donà.

Dal 2011 la cerimonia di premiazione è stata definitivamente trasferita a Croce, paese della maestra.

La cerimonia si tiene (tempo permettendo) sul piazzale “Tito Acerbo”, davanti alla scuola elementare che vide Lisa protagonista.


Premiazione 2011: col microfono in mano don Primo Zanatta, parroco di Croce;
ultimo a destra il prof. Claudio Caldo.

Stanco dopo tanti anni di lavoro, il professor Claudio Caldo passò la mano nel 2015, anno in cui, pur continuando a sostenerne le spese del Premio, ne affidò l’organizzazione al gruppo di volontari “Crocevia”. Il Premio proseguì con le medesime modalità.

Nel 2017, causa maltempo, per via della notevole affluenza di pubblico la premiazione della XIV edizione (del Centenario) si è tenuta nel salone dell'Oratorio. Curioso quello che è accaduto: CAMUS & GARCÌA MARQUEZ si sono piazzati QUARTI AL PREMIO “LISA DAVANZO”. Attenzione: non a pari merito, ma “insieme” in quanto coautori del medesimo pezzo. O meglio, questo è quello che ha scoperto una lettrice attenta, Maria Teresa Zorz, che ha fatto notare all’Organizzazione del Premio che la poesia giunta quarta risultava la giustapposizione e traduzione in un dialetto veneto di due scritti di due autori (ben) più famosi. La poesia incriminata suonava così:

SE UN GIORNO...

Nò caminarme davanti, amigo,
podarìa no èssare bon
de tegnére el to passo;
nò caminarme dedrìo, amigo, 
podarìa no savere dove te porto;
caminemo fianco a fianco,
staremo senpre insieme.

Se on giorno, amigo, 
te vegnesse voja de piànzare,
ciàmame:
no te prometo de farte rìdare,
ma podarìa piànzare co ti.
Se on giorno, amigo,
te vegnesse voja de scanpare,
ciàmame:
no te prometo de fermarte,
ma podarìa scanpare co ti.
Se on giorno, amigo, 
te vegnesse voja de no parlare più,
ciàmame:
no te prometo che starò bon,
che no te farò domande...
Ma...
se on giorno... amigo mio,
ti te me ciami e mi no te rispondo,
sércame de corsa:
forse "mi" go bisogno de ti.

A quanto risulta dai verbali del Premio, la poesia, che pure ai giurati era parzialmente piaciuta, non presentava piena coerenza stilistica tra prima e seconda parte, cosa che aveva trattenuto la giuria medesima dall’assegnarle un posto sul podio. E a distanza di qualche giorno il trapianto ibrido è stato smascherato. La frase di Camus che sembra aver ispirato la prima strofa è la seguente:

“Non camminare davanti a me, potrei non seguirti. / Non camminare dietro di me, non saprei dove condurti. / Cammina al mio fianco e saremo sempre amici.”

E questa è la poesia di Garcia Marquez che pare aver ispirato la seconda strofa:

“Se un giorno avrai voglia di piangere /chiamami: / non prometto di farti ridere, / ma potrò piangere con te. / Se un giorno riuscirai a fuggire / non esitare a chiamarmi: / non prometto di chiederti di rimanere, / ma potrò fuggire con te… / Se un giorno non avrai voglia di parlare con nessuno, / chiamami: / staremo in silenzio… / Ma se un giorno mi chiamerai e non risponderò, / vieni correndo da me: / perché di certo avrò bisogno di te!”

Nell’uno e nell’altro caso – al di là delle piccole differenze dovute alla traduzione da una lingua all’altra... e alla presenza ossessiva dell’amigo – la somiglianza è davvero impressionante. Di fronte all’evidenza, l’Organizzazione si è risolta a squalificare il concorrente, retrocedendolo all’ultimo posto. E così i due fuoriclasse Camus e Garcia Marquez, dopo essersi ostacolati a vicenda per salire sul podio, grazie allo sleale concorrente si sono anche eliminati a vicenda (come Vettel e Raikkonen a Singapore), trovandosi a fine gara relegati all’ultimo posto.
Croce, 19 settembre 2017

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