PIAZZE E STRADE
Croce divenne frazione di Musile nel 1815, in seguito al Congresso di Vienna.
Era attraversata dall’argine della Fossetta che proseguiva fino all’Argine San
Marco a Fossalta ma che aveva in direzione San Donà la sua variante più breve per la strada matta
e per il centro di Croce, innestandosi di nuovo sull’Argine San Marco.
Le piazze
Piazza Tito Acerbo è la piazza antistante il vecchio fabbricato delle
scuole elementari, anch’esse intitolate a Tito Acerbo, ora divenute
Centro delle associazioni Lisa Davanzo.
Un tempo costituiva l’unica piazza del paese, con il monumento ai caduti nel centro e
il cippo a Tito Acerbo nella sua estremità occidentale, al confine con la via del Bosco.
In seguito alla costruzione delle case operaie nel 1951 la piazza risultò divisa in due,
e lo spiazzo verso la chiesa fu successivamente occupato dal forno dei Longato (1955)
e dalla bottega di Ferruccio Peruch (1963).
Per lungo tempo ciò che era rimasto della grande piazza
fu solo il piazzale delle scuole, separato dalla strada da una fila di pini.
Poiché il monumento dei caduti era venuto a trovarsi in posizione defilata, a ridosso delle case operaie,
(e per cinquant’anni lì rimase) in occasione dei lavori di pavimentazione della piazza nel 2001
il monumento fu spostato in posizione centrale.
Il piazzale della Chiesa un tempo era separato
dalla strada da un muretto, in quanto il sagrato della chiesa
era anche cimitero.
Costruito il cimitero attuale negli anni Sessanta dell’Ottocento, le lapidi del cimitero un po’
alla volta sparitono; ne rimasero alcune addossate
alla chiesa fino al tempo dell’alluvione (1966).
Il muretto andò distrutto con la I Guerra Mondiale.
Piazzale Don Ferruccio Dussin è la parte del piazzale della chiesa antistante
l’Oratorio (un tempo Centro sociale, risalente al 1960). Fu dedicato a don Ferruccio che ebbe il merito
di ottenere la costruzione del Centro sociale - destinato in origine a tutte le parrocchie della destra
Basso Piave -
proprio di fianco alla chiesa di Croce (finendo così per diventare struttura
della parrocchia), e di aver avviato la costruzione della nuova canonica di Croce:
il piazzale è delimitato dalle facciate dei due edifici suddetti.
Le strade
La strada principale del paese, la via Croce era un tempo uno stradone di campo tra terreni di proprietari diversi.
A est si innestava sull’Argine di San Marco, a ovest si perdeva nei terreni di non si sa chi,
diventando in seguito la strada della casera
L’attuale via Croce ominciò ad acquisire una piccola importanza
quando fu costruita la nuova chiesa negli anni 1726-1726.
Altre strade dell’epoca erano l’attuale via del Bosco che verso sud si biforcava da un lato proseguendo dritta lungo la strada morosina
(che fa pensare che i proprietari dei terreni di quella zona dovevano essere i Morosini),
dall’altra deviando verso le Bellesine.
Via Bellesine, che conduce a Millepertiche, deve il suo nome al fatto che
agli inizi del XX secolo lungo vi abitava la famiglia Zin,
conosciuta nei dintorni per avere solo figlie femmine, chiamate
per l’appunto le Belle Zin, e la strada divenne ’a via dee bèe Zine.
All’altezza del Ponte del Bosco una diramazione verso nord della strada del bosco
oltrepassava il Gorgazzo e e si addentrava per qualche centinaio di metri nelle proprietà
dei Foscari poi passate ai Gradenigo.
La strada che correva sull’argine della Fossetta, all’altezza di Ca(p)o d’Arzere fu collegata
con via Croce e il tratto di strada che le collegava, perpendicolare ad entrembe, prese il nome di strada matta
(perché moriva sull’asse via Croce-via Casera).
Con l’andar del tempo per chi giungeva da Venezia ed era diretto a San Donà era più comodo svoltare per la strada matta, quindi proseguire per il
centro del paese e proseguire sull’Argine di San Marco.
Tale strada divenne pertanto una della due varianti
della provinciale che collegava Venezia a San Donà, delle due quella che consentiva di
di evitare di allungare fino a Fossalta.
La Triestina fu costruita nel 1924 per congiungere
Venezia alla neo “redenta” Trieste.
In territorio di Croce la “Triestina” ricalcò l’argine della Fossetta fin
quasi a Capo d’Argine: poco prima di Villa Prina (dov’era l’oratorio “delli barcaroli”),
con un curvone fu raccordata alla
strada matta.
Oltre la strada matta, la Triestina fu tracciata sulla carta con il righello
fino all’argine San Marco - là dove questo si diramava verso Musile -
utilizzando e incorporonado un tratto di strada già esistente, quello che
dal ponte del bosco menava alla località Viscardi.
Essendo la nuova sede stradale più alta della precedente la località fu raccoradata alla strada
mediante “Tre scalini” che finirono per dare il nome alla zona quando i Viscardi cedettero
la loro rivendita.
La Treviso Mare nel tratto a nord della Triestina fu completata negli anni Ottanta;
il tratto a sud (quello che interessa il territorio di Croce) fu completato nei primi anni del
2000. Una grande rotonda raccordò la strada con la Triestina
Le strade comunali principali
Via Croce: è la strada principale del paese, quella che attraversa il centro.
Congiunge l’Argine San Marco con la Triestina.
Costituì la strada provinciale fino al 1924, quando, essendo stata costruita la Triestina,
fu declassata a strada comunale.
Via Bosco: perpendicolare a via Croce, ha inizio dal piazzale della chiesa
e curva dopo 500 metri in direzione sud-ovest, verso il ponte del bosco. Si
tratta di strada assai antica. Oltre
il ponte del Bosco essa prende il nome di via Cascinelle, strada che un tempo era
solo di servizio per le proprietà terriere di quelle parti e divenne
strada comunale negli anni ’40 del XX secolo.
Via Croce, Via del Bosco e l’Argine di San Marco furono tagliate dalla
linea ferroviaria nel 1884.
Se sulla strada del Bosco, invece di seguire la curva, si prosegue dritti
allora si imbocca
via Morosina, che a sua volta prosegue rettilinea fino alla strada identificata con la
romana via Emilia. Anch’essa è strada antica e prende il nome dalla proprietà dei Morosini che possedevano dei territori
lungo di essa. Via Morosina finì per essere tagliata dalla Triestina nel 1924.
Via Emilia è la strada che ricalca l’antica via Annia, la strada romana che attraversava Croce
nella zona sud. Fu chiamata via Emilia, come altre strade in comuni vicini per un errore
degli storici che
negli anni Trenta identificarono i resti della strada romana con quelli di una presunta Emilia-Altinate mai
esistita.
Solo da qualche decennio si è scoperto che tale strada era la via Annia, ma ormai le strade
di vari comuni avevano già preso il nome di tante “vie Emilie”.
La via Emilia costeggiava la zona delle bonifiche e finì per
segnare il confine tra Croce e Millepertiche quando quest’ultima fu eretta a parrocchia nel 1940.
Via Casera: era il naturale proseguimento di via Croce verso Ca’ Malipiero e ne fu divisa
con la costruzione della Triestina che prolungò la strada matta.
Via Argine San Marco: costruito dai veneziani nel 1540 a protezione del territorio, nonostante i ripetuti divieti di percorrerlo
con carri e cavalli che ne compromettevano l’efficenza, costituì da sempre via di comunicazione
privilegiata per le comunicazioni con Musile e San Donà.
Le comunicazioni con Fossalta erano invece garantite dalla strada delle Contee
che s’innestava su via Croce cento metri a ovest della chiesa.
All’angolo tra via Croce e la strada delle contee fu costruita la canonica
nel 1860. Di là della strada era l’antica Ca’ Lezze, che a sua volta era stata canonica almeno dal 1792
fino al momento in cui gli eredi di Casa Da Lezze non vollero più affittare due stanze uso canonica al parroco di Croce.
Fino alla fine della I guerra mondiale nessuna costruzione
(e quindi nessuna strada segnavano i territori sul lato sud di via Croce.
Sul lato nord, invece, le strade campestri ortogonali a via Croce
che delimitavano le varie proprietà negli anni Cinquanta del XX secolo acquisirono la fisionomia di strade e
furono dedicate a eroi del Risogimento (via Giuseppe Mazzini, la più vicina alla chiesa)
o a eroi della I guerra mondiale (via Nazario Sauro e via Cesare Battisti)
Le vie della nuova urbanizzazione al Bosco
Via don Natale Simionato è l’asse principale della nuova urbanizzazione
tra via Croce e la ferrovia, a est della via del Bosco; partendo da
quest’ultima, corre parallela a via Croce, fin quasi sotto l’argine al quale è
collegata da un percorso pedonale;
su via don Natale si innestano verso sud via Sacerdoti e via Caminer.
Via Rachele Sacerdoti: “benefattrice”, dice la targa. In
effetti Rachele Sacerdoti donò al parroco don Ferruccio i soldi per l’ampliamento
dell’asilo. Ma qualche anno prima s’era strenuamente opposta alla cessione della striscia
di terreno
(che dovette essere espropriata) sulla quale fu poi costruita la schiera di
casette operaie
che danno le spalle alle case del Prà delle oche (piazza Tito Acerbo).
A parziale risarcimento (o per ironia della sorte) per imboccare via Sacerdoti bisogna
passare (per via don Natale) proprio davanti a quelle case.
Via Domenico Caminer, scrittore e giornalista italiano (n. 1721 – m. 4 novembre 1795)
Sposò Anna Maldini. Fu padre di Elisabetta Caminer e di Antonio Caminer, entrambi giornalisti.
Fondò “L’Europa Letteraria” e assieme alla figlia “Il Giornale
Enciclopedico”,
uno dei principali periodici illuministi italiani. Fu autore anche di diversi libri su temi
di attualità politica.
Domenico Caminer, uno dei due grandi ma un po’
misconosciuti inventori del giornalismo
veneziano - l’altro era stato tra fine ‘600 e inizi ‘700 Girolamo Albrizzi -
nel suo lavoro di compilatore (terzo, dopo Gozzi e Chiari) de La Gazzetta
veneta, affrontò con maggiore
consapevolezza dei due predecessori affrontò il problema di servire, o meglio, di
organizzare un nuovo pubblico al quale molto limitatamente importavano i racconti letterari
del Chiari. Presentandosi ai lettori ripropose, anche se non con la grazia e l’eleganza di Gozzi, l’offerta di collaborazione
a chiunque avesse “avvisi da inserire” e ribadì di voler limitarsi a trattare: “tutto ciò che
riguarda il commercio”, “manifatture” e “invenzioni”, scoperte scientifiche, libri, “quadri
vecchi o nuovi”, “poesie e composizioni di ogni genere”, medicina, “funzioni sacre”, feste,
teatri, fiere, affittasi e vendesi, “cose perdute e ritrovate”, “istorielle”. In particolare il
gazzettiere dichiarava di rivolgersi a quelli che egli chiamava “artefici”, a coloro cioè che
avessero manifatture o nuove “invenzioni” da promuovere, nella speranza che la gazzetta,
“spargendo la notizia dentro e fuori delle città di quanto in essa si fabrica”, potesse “facilitare
lo spacio delle merci e delle manifatture”. La stessa utilità poteva avere per coloro che
esercitavano le professioni liberali (speziali, medici, poeti e pittori) “contro i ciarlatani che
infestano le piazze”.
Tale propensione verso un pubblico di artefici e di non professionisti della lettura è
esplicitato più avanti, in una lettera al gazzettiere - non importa se vera o falsa - in cui un
artigiano, scrivendo in veneziano, e confessando la propria difficoltà nello scrivere “in
toscan”, affermava di trovare maggior divertimento nei giorni festivi nella lettura di qualche
libro, che nell’“andar all’osteria a far bàcara”. L’idea della gazzetta gli pareva dunque buona e
concludeva: “Voleu che ve digha? L’idea me piaze, e voggio eccitar i pari mii a darve materia
da avanzarla. Se la sarà istruttiva la farò lezer anca ai mi fioi”.
A rinforzare l’idea del lettore era anche la risposta del Caminer, che replicava di non aver
problemi di lingua, ribadendo che lo scopo del periodico era quello di vendere “farina e non
crusca”. Lodando quindi “la professione artigiana, concludeva: “questo è il più bello mestiere
del mondo; certamente se il mio non fosse quello del scrivere vorrei fare quello del
torniare”.
La parallela a via don Natale che costituisce l’asse della
nuova urbanizzazione pia sud, sotto la ferrovia, è via Giorgio Rorato,
medico condotto del paese (vedi la pagina dedicata ai medici) dal 1954 al 1993,
anno della sua morte. Pare che tale
intitolazione (come quella alla Sacerdoti) sia stata suggerita agli
amministratori a corto di idee dal parroco attuale don Primo Zanatta, che
evidentemente considerava il medico un personaggio degno di encomio. Certamente don Primo
aveva un debito di riconoscenza nei confronti del medico condotto in quanto gli abbonò il debito di un milione di lire
che la parrocchia aveva contratto con lui in occasione della costruzione della canonica nuova.