Storia del Croce Calcio
- Il campo - Gigi Buriol e il primo tentativo... - Il T.i.t - Nascita del G.S.Croce (1972) - Giovanin Rizzetto - Il CroceMille - Fabio Cancellier stampa la prima squadra - Arrivano gli assi - Renzo Pivetta e la vittoria degli Allievi - Mutato spirito - Spareggio - IIa categoria (’89-’90 e ’90-’91) - Di nuovo IIIa - La lenta agonia PREMESSA
Dove si giocava un tempoUn tempo a calcio si giocava tra la canonica e la chiesa lì dove un tempo c’era il “brollo-giardino” del parroco, poi degenerato in “ortazza” e negli anni Cinquanta del secolo scorso ripulito per volere di Don Ferruccio, ancora vivo Don Natale. Sul quel campo (o campazzo) i più abili cominciarono a mettere in mostra i loro colpi migliori.Il campo di calcioPer avere un campo da calcio vero, grande, da sostituire al cortile della scuola o all’aia di casa dell’amico o del cugino i bambini e i ragazzetti di Croce dovettero aspettare il 1967 quando il barone Giacomo Manfredi donò alla parrocchia uno spazio dietro la chiesa sufficiente per le attività calcistiche, sportive e ricreative dei ragazzi. Colui che tanto aveva insistito col barone perché si risolvesse all’atto magnifico fu Gigi Buriol, al secolo Luigi Quintavalle, un appassionato di calcio che andò più volte col parroco di allora don Ferruccio (e col padre dell'Autore) a trovare il ricco possidente fino a convincerlo.Gigi Buriol e il primo tentativo di far nascere una squadra a CroceIl primato di aver organizzato la prima squadra di calcio giovanile va sicuramente a Gigi Buriol, il quale, quasi da solo, ebbe il merito o l’ostentazione di tentare quell’impresa destinata, purtroppo di lì a breve, a fallire. La causa di quel fallimento, probabilmente, fu l’indifferenza che il paese gli riservò, a torto o a ragione, per quel suo atteggiarsi a padre-padrone dell’iniziativa che, in altre realtà paesane, forse avrebbe trovato maggior riscontro. Gigi era uno di quelli che pagavano di tasca sua, un organizzatore nato. Accadde che si presentò per essere eletto nel Consiglio di amministrazione della parrocchia e, dopo aver fatto tanto per il paese, ricevette zero (tsero, alla Mourinho) voti. Offeso e piccato, “piccò“ a sua volta le scarpette di organizzatore-calcio al chiodo e considerò il suo legame con Croce reciso per sempre.Il T.i.T. all’origine di tuttoIl paese viveva a modo suo, eppur non diversamente da quanto accadeva ovunque, il “Sessantotto” e a Croce uno straordinario gruppo di giovani denominato “gruppo T.I.T.” (Tutti in Tutto, e lo erano veramente) dedicava quasi tutto il tempo libero ad animare e rinnovare un paese che pativa l’arretratezza culturale tipica dei paesini di campagna (ma teniamo conto che un po’ l’Italia tutta s’assomigliava).Coll’andar del tempo le attività del gruppo si differenziarono: una parte dei SessanT.i.T.ini di dedicò alle questioni più teorico-sociali e strettamente culturali, un’altra vide nel calcio un’ottima opportunità per creare per i più giovani un tessuto sociale positivo, che si nutrisse dei valori che lo sport mette (metteva!) in primo piano: competizione leale, spirito di sacrificio e di squadra... Dentro a quel gruppo c’era chi il calcio lo praticava o lo aveva praticato; soprattutto per loro era invitante l’idea di emulare le società calcistiche già organizzate e strutturate nei paesi vicini. Oltretutto avrebbe significato concedere ai ragazzi del paese l’opportunità di praticare il gioco del calcio in una società organizzata e quindi di crescere sportivamente. Idealisti o meravigliosi temerari che fossero, diedero inizio alla realtà del Calcio Croce soprattutto con il loro entusiasmo: l’avrebbero sostenuta con il ricavato delle attività ricreative da lori stessi organizzate: sagra, feste, raccolta cartoni e fèro vecio, ecc.), in maniera cioè del tutto diversa da quanto accadeva nei paesi vicini dove le società di calcio erano mantenute da facoltosi presidenti. Se non è entusiasmo questo!? Facevano divertire il paese con le feste e le sagre, con il “guadagno” facevano divertire i ragazzini e, tutto sommato, si divertivano anche loro. Nasce il Gruppo Sportivo Croce (1972)Decisero dunque di costituire la società di calcio, iscrivendo una squadra di bambini
ad un campionato giovanile organizzato dalla F.I.G.C.
Quei primi anni di attività, oltre ad essere contraddistinti dai modesti risultati, furono contrassegnati da nuovi inserimenti nella Società di altri giovani del paese. Giovanin RizzettoIl G.S. Croce non era più semplicemente una delle attività di animazione del gruppo T.I.T., ma era diventato una vera e propria società sportiva che stava per raccogliere i risultati migliori della sua esistenza. E grosso merito di quei risultati va, senza ombra di dubbio, attribuito a Giovanni Rizzetto, meglio conosciuto come “Giovanin”. Già con i ragazzi nati tra il 1962 ed il 1964, quelli di Loris Bertocco, di Gianluigi Dariol, di Fabio Frater, Giampietro Magagnin e di Gioni Granzotto, mise in evidenza la sua capacità pedagogica e di perfezionatore tecnico. Già, perfezionatore in quanto egli riuscì a perfezionare in quei ragazzi, già dotati di una certa tecnica, la capacità di essere un collettivo. Dietro di loro, nella categoria “Esordienti” guidati da Paolo Sgnaolin e Giorgio Rossetton, stava crescendo un promettente gruppo di ragazzini (classi ’65-’66-’67) che, giunti nella categoria “Giovanissimi”, curata da Giovanin, dettero inizio alla "epopea" di quello che Ceros ama definire “il blocco del 66”, qualcosa di equivalente al “blocco Juve” ai mondiali del ’78 e dell’82, ossia un nutrito gruppo di ragazzi che garantì i maggiori fasti della storia del Calcio Croce. Giovanin seppe dar loro una eccellente educazione calcistica ed ottenere il massimo dalle capacità naturali di cui quei ragazzi erano dotati. Risultato: bel gioco, convocazioni in rappresentative, inviti a provini con società di serie A. C’è da dire che le vere soddisfazioni di chi, per passione partecipa a queste organizzazioni, stanno tutte lì. Fu veramente un peccato che a Giovanin, per tutto il lavoro svolto, mancò il meritato successo, la vittoria di un campionato che arrivò invece con un altro allenatore. A Giovanin rimarrà la soddisfazione di vedere quei ragazzi raggiungere comunque il trionfo, anche se alla guida di altri. Sarebbe successo appena due anni dopo il suo ritiro dall’attività di allenatore.Il CroceMilleGli ultimi anni Settanta videro nascere molte società calcistiche nel basso Piave. Una di queste fu il Millepertiche il quale, utilizzando in prestito il nostro campo, disputò un campionato “Allievi” (14-16 anni). Il Croce, nello stessa stagione, gestiva le categorie esordienti (8-10 anni) e giovanissimi (11-l3 anni). Risultò logico ad entrambe le società unire gli sforzi. Ciò consentì di organizzare l’intero settore giovanile sotto una unica società: l’Unione Sportiva CROCEMlLLE, la quale poteva contare complessivamente su ben 80 giovani. Il settore giovanile aveva prevalentemente finalità educative, che si completavano quando il giovane raggiungeva l’età di 16 anni. Giunto a quell’età, un atleta che volesse continuare la sua attività agonistica, doveva trovar spazio nella categoria “dilettanti”. Il vincolo alla società (tesseramento) nel settore giovanile ha validità annuale, mentre, per una società dilettantistica (che ha, cioè, squadre iscritte nel campionato dilettanti oltre a quello giovanile) prima della sentenza Bosman che rivoluzionò il calcio il vincolo poteva essere pluriennale, anzi “a vita” dall’età di 14 anni. Ciò significava che la società che per prima aveva avuto il merito (o la fortuna) di tesserare un giovane poteva bloccarne l’emigrazione ad altre società, quando non vi fosse un accordo (spesso di carattere economico) tra le due parti. Il CroceMille non godeva di potenzialità economiche sufficienti a sostenere anche la categoria della prima squadra e rimaneva pertanto sconfortante il fatto che, quei giovani, terminato l’apprendistato, potessero trovare sistemazione in altre società (cosa per altro non sempre facile) senza che quelle riconoscessero nulla per il lavoro svolto. E allora?Fabio Cancellier stampa la prima squadraE allora arrivò Fabio Cancellier, imprenditore grafico con un passato di calciatore e di militanza nel “gruppo T.I.T.” Dopo una brillante quanto sparuta carriera arbitrale, decise con il fratello Gabriele di dare una risposta concreta a quella necessità creando la “prima squadra”. L’ex T.I.T. comprese che dare una squadra dilettanti al paese significava dare la partita alla domenica pomeriggio sotto il campanile, motivo di chiacchiere e commenti per tutta la settimana, occasione di confronto, di vanto e di sfottò con amici e colleghi di lavoro. Nel dilettantismo si pratica l’agonismo vero, vincere il campionato significa promozione alla categoria superiore. Il settore, giovanile, in quel contesto, rappresentava un importante serbatoio per la squadra dilettanti e la disponibilità di giovani promettenti diventava moneta di scambio per acquisizione di atleti da utilizzare in prima squadra. Su quest’ultimo pensiero nacquero però dei dissensi con i componenti del CroceMille, soprattutto quelli derivati dal Mille, i quali vedevano l’entrata in Società di Fabio Cancellier come una appropriazione indebita del patrimonio comune al fine di soddisfare personali esigenze “presidenziali”. La diatriba venne ben presto assopita dalla considerazione, peraltro evidente, che a tutti quanti conveniva quella situazione, ai giovani in particolare. Per loro, infatti, la possibilità di finire in una società calcistica di categoria superiore significava l’opportunità di un maggior accrescimento tecnico che magari poteva sfociare in ulteriori salti di categoria. Fabio raccolse attorno a sé un gruppo di amici e sollecitò l’interesse di qualche cliente. Iscrisse la squadra al campionato dilettanti e badò a rinforzarla: scambiò alcuni giovani del settore giovanile con giocatori del Fossalta di provenienza crocese (Sileo Vendraminetto, Livio Zamberlan, Gigi Dariol, Renzo Barbieri) e non (Lino Ormenese alias “el Cocco”, Giampaolo Fregonese alias “el Bull”), comprò alcune vecchie glorie dalla Zensonese (Acciaio Casonato, Claudio Pivetta, Lorenzo Micheletto e Maurizio Pivetta), richiamò attorno a sé tutti coloro che avevano ancora qualcosa da dare agonisticamente e sotto l’esperta guida di Toni Fiorin cominciò l’avventura in III Categoria, il gradino più basso del calcio dilettantistico. Il calcio della domenica pomeriggio fu sicuramente un fatto travolgente ed intrigante per tutti gli appassionati. L’esordio fu positivo, con tanto pubblico che rispose alla proposta. La prima squadra seppe dimostrare che il Croce Calcio non era nato in quel momento, ma che alle spalle aveva una vera e propria cultura calcistica, una tradizione che in campo si faceva rispettare ovunque. L’unica nota dolente, ma forse inevitabile, fu il distacco del Mille dalla unione, quasi sicuramente a causa di un affievolire dell’attaccamento a una società che stava, con l’arrivo della prima squadra, assumendo connotati sempre più campanilistici. Arrivano gli assiDopo alcuni anni di gestione, Fabio, assistito sempre dal fratello e dal suo Direttore Sportivo Oliviero Cappoia, riuscì a mettere a segno il colpo dei suoi sogni: riportare a Croce il meglio che il paese era riuscito a dare al calcio, l’amico Brunetto Bernardi (ex San Donà - Eraclea - Fossalta), che divenne una pedina fondamentale della nuova squadra. A lui venne infatti assegnato il compito di guidare il gioco in campo, del “regista” si sarebbe detto qualche anno dopo. Con lui arrivarono personaggi del calibro di Gianni Zanusso (ex primavera del Genoa, ex Fossalta ed Eraclea), Roberto Soldera (bandiera del Don Bosco), Loris Bertocco e Beppino Mariuzzo. Navigati ed esperti per quella categoria così bassa ma così difficile da vincere.Furono quelle (le stagioni dal ’79 all’81) le più ricche di soddisfazioni, contrassegnate da risultati prestigiosissimi: la prima squadra sfiorò la promozione in IIa categoria mentre la squadra allievi... Renzo Pivetta e la vittoria del Campionato allieviL’educazione calcistica data da Giovanin al blocco dei ragazzi del ’66, sapientemente raccolta e portata ai massimi livelli nella categoria “allievi” dal bravissimo Renzo Pivetta - uno che era in gioventù era stato selezionato dalla Juve e e aveva buttato via l’occasione andandosi a maciullare un ginocchio in un incidente motociclistico - vinse nel 1980-’81 il Campionato allievi. A tutt’oggi a Renzo Pivetta spetta il primato di essere stato l’unico allenatore di una squadra giovanile di Croce a vincere un campionato. Le squadre giovanili raggiunsero buone affermazioni in alcuni tornei estivi.Mutato spiritoDopo i primi anni nel campionato dilettanti tutti avvertirono che lo spirito che animava tutti coloro che lavoravano per la società era in fondo mutato: si assistette all’abbandono di molti fondatori del G.S. Croce che ora si chiamava molto più commercialmente U.S. Magazzini Davanzo Croce. Ai primi anni fulgidi e sostenuti dall’entusiasmo ne seguirono alcuni interlocutori. Fabio Cancellier, afflitto da problemi di lavoro più che dai risultati che tardavano ad arrivare, abbandonò. Fu un vero peccato per lui, presidente per ben 7 stagioni, e per il fratello Gabriele che con lui condivideva l’organizzazione i abbandonare in quel momento perché stava per fare la sua apparizione in prima squadra il “blocco del ’66”. Chi rilevò la squadra? Furono gli “over”, i “veci”, che avevano smesso nel frattempo la maglia biancazzurra del Croce ed appeso le scarpe al chiodo, a rilevare il patrimonio lasciato da Fabio e Gabriele decisero di proseguire, nei limiti del possibile, cioè con un occhio al bilancio e l’altro… anche! Fu nominato Oliviero Cappoia quale presidente, la società venne rinominata Associazione Calcio Croce e fu allargata l’adesione a sostenitori e simpatizzanti. Qualcuno riuscì a convincere l’ex professionista Roberto Capiotto (ex Reggina - ex Crotone - ex San Donà) a guidare la squadra, e ripartì così un secondo ciclo.Si cercò di riorganizzare pure una squadra del settore giovanile, richiamando addirittura Giovanin. Ma la cosa non durò molto: in quel periodo il calcio risentiva fortemente di una profonda crisi dovuta soprattutto all’influsso di altri sport: era spuntato il tennis, qualcuno voleva giocare a basket e a pallavolo. I genitori credevano di trovare in questi maggiori possibilità formative per i propri figli e minori impegni per loro, a discapito di un ambiente che aveva nella “capacità aggregativi” la sua peculiarità. Oltre a questo i giovani sembravano esser calati di numero, anzi, erano calati davvero, la mancanza di sviluppo abitativo del paese non lasciavano prevedere resurrezioni demografiche… Tutto questo rese impossibile l’allestimento di una squadra giovanile: il settore era ormai scomparso, ed i pochi giovani che volevano giocare a calcio col Croce furono mandati a maturare presso altre società.
Ma rimase almeno la prima squadra. L’influsso del “blocco del '66” si fece subito sentire, anche perché grazie all'acquisto di tre giocatori dal Fossalta (Giuliano Simonetto, Paolino De Bortoli e Pippo Talon) e con il recupero di Gibo Montagner (ex giovanili San Donà) arrivarono subito i successi. Già dopo il primo anno interlocutorio, il Croce disputò nella stagione ’88-’89 il suo più prestigioso campionato dilettanti. Tutti i giocatori avevano intorno ai ventidue-ventitre anni ed erano al massimo della loro potenzialità.
Dopo un inizio un po' esitante, la squadra infilò una sequenza di vittorie che solo l’Olmi riuscì a interrompere: la squadra si piazzò seconda, a quattro punti dall’Olmi appunto. In quanto seconda si guadagnò lo spareggio con la seconda classificata di un altro girone: vincerlo voleva dire II categoria. Spareggio per andare in IIa categoriaEra un pomeriggio di maggio e circa 600 persone affollavano lo stadio di Cessalto, designato quale campo neutro per lo spareggio. Più di metà di quel pubblico veniva da Croce. “La Sagittaria” di Concordia Sagittaria, squadra seconda classificata del girone sandonatese, era l’ultimo ostacolo che divideva il Croce dalla storia… di Croce. Come accade spesso negli spareggi, non fu una bella gara. La tensione fuori e dentro il campo toglieva lucidità in fase di attacco e difesa ad entrambe le squadre. Solo un grandioso Claudio Forcolin (portiere) si distinse su tutti. Infatti seppe neutralizzare le uniche due azioni da gol veramente pericolose create dagli avversari. La partita finì 0-0 I tempi supplementari scorsero via lenti ed inesorabilmente lasciando alla lotteria dei rigori l’ultimo verdetto. Se durante la gara la tensione era stata elevatissima, provate ad immaginare quello che poteva essere l’atmosfera durante i tiri dal dischetto. Espressioni di rabbia e scoramento per i calci di rigore sbagliati dai nostri o realizzati dagli avversari si contrapponevano a euforico entusiasmo e liberazione quando accadeva il contrario. Ne furono tirati ben sette per parte, fino a quando il numero 7 de La Sagittaria calciò la sfera oltre la traversa. Fu l’apoteosi, fu gioia e furono lacrime, e come direbbe De Andre furono carezze e furono sorrisi: tutto si mescolava (con i fordalisi) in una gran festa sugli spalti e sul campo. I festeggiamenti erano cominciati e tutti in corteo, proprio come i tifosi nella domenica dello scudetto, si radunarono nel paese a celebrare con i ragazzi la storica vittoria.IIa categoria, finalmenteCominciò cosi un bel biennio in cui la squadra partecipò alla seconda categoria. Per il Croce era sempre sfide accesissime, la lotta alla salvezza dava finalmente un senso anche alle partite di chi si aggirava nei bassi fondi della classifica. Ma II categoria significava soprattutto derby con il Fossalta, la squadra rivale per eccellenza. [N.d.A. L’autore ricordo in particolare il derby con il Fossalta giocato a Croce su di un campo allagato e vinto 2-1 con gol di Pippo Mariuzzo e Paolino: sul terreno scivoloso e dove la palla schizzava incontrollabile emersero le doti di ballerino sull’acqua e di giocoliere dell’autore di questa pagina]Furono due anni di risultati modesti. Il Croce, in entrambi finì al terzultimo posto. Ma mentre nella prima stagione questo equivalse ad una salvezza dovuta ad una classifica avulsa (macchinoso sistema matematico per cui tra tante squadre a pari punti la peggiore viene designata per reti e scontri diretti) favorevole al Croce, nel secondo anno la squadra fu vittima di un vero e proprio sbandamento sul finire del campionato. Il Croce riuscì a perdere in casa con il Quarto d'Altino, ormai già retrocesso, una gara che lo avrebbe visto salvo anche solo pareggiando. Si dovette ricorrere ad un altro spareggio con la terzultima di un altro girone per designare quale dovesse retrocedere. Ironia della sorte: con uno spareggio il Croce era salito in II categoria e con un altro retrocedette. Infatti lo spareggio con il Condor Treviso, giocato nel campo neutro di Zenson, finì 3-2 per l’altra contendente, dopo che il Croce aveva condotto la gara per 2 a 0 [e dove l’autore di questa pagina giocò una partita inutilmente memorabile, ma forse lo ricorda solo lui]. Di nuovo IIIa categoriaLe due stagioni in seconda categoria avevano maturato non poco i ragazzi del croce, e non solo loro; anche la società si rese conto delle proprie potenzialità. E così, anziché assistere a uno scoraggiamento generale, la società decise di insistere e di credere in quel gruppo. L’essere appena retrocessi significava anche poter godere di una certa reverenzialità da parte degli avversari. Vi fu un avvicendamento alla presidenza: l’imprenditore di successo Sileo Vendraminetto (il Platinì di Croce, secondo Ceros) sostituì l’amico Oliviero, e il Comune concesse la possibilità di giocare nei nuovi impianti all’incrocio Salmasi. La possibilità di utilizzare il nuovo stadio comunale di Musile significò molto per i ragazzi che potevano così meglio esprimersi di quanto non potessero fare nell’ormai logoro e sfruttato campo di Croce. Infatti quei campionati videro il Croce sempre protagonista. Le sfide accese ai vertici della classifica con il Passarella (91/92), con il Pramaggiore (92/93) e con il S. Michele Tagliamento (93/94) furono la dimostrazione che Croce era sempre lì, che aveva ancora una gran voglia di vittoria, di riassaporare il gusto del trionfo, premio supremo di qualsiasi attività agonistica.Il blocco del 66 continuava a costituire l’intelaiatura esperta della squadra. Nel 1997 la società, che voleva garantirsi un nuovo campionato di vertice, reinserì tre elementi storici: oltre a Gibo Montagner e Caio Forcolin, protagonisti dell’indimenticabile stagione che sfociò con la promozione alla II categoria, si garantì un altro grande acquisto, quello di Loris Bertocco. Alla guida della squadra ritornò Roberto Capiotto, rimasto fermo per un paio di stagioni di digiuno. I risultati però non arrivarono. E non arrivarono né nuovi stimoli né nuovi investimenti. Lenta agoniaFinché i vecchietti del ’66 riuscirono a dare la loro disponibilità la squadra continuò a stare in piedi, ci fu anche qualche innesto di giovani ma ormai erano invecchiati anche Lele del Pan, Gianfranco Tuninato, Luca Danieli. I giovani non erano in numero sufficiente a garantire una continuazione concreta e durevole. Di lì a qualche anno cercare nuovi protagonisti divenne sempre più difficile e alla fine del campionato 2000-’01 si decise di smettere. Ironia della sorte: l'11 marzo 2004 fu finalmente perfezionata la cessione del terreno del campo di calcio alla parrocchia da parte di Filippo Manfredi, figlio del barone Giacomo che aveva donato il primo spazio nel 1967.
Una storia del Croce Calcio leggermente più satirica è inserita nel III volume della storia di Croce
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